Corte di giustizia (Sezione plenaria), parere 2/13, Adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea sui diritti umani, 18 dicembre 2014 [1] - (1/2015)

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L’accordo sull’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali non è compatibile con l’articolo 6, paragrafo 2, TUE, né con il Protocollo (n. 8) relativo all’articolo 6, paragrafo 2, del Trattato sull’Unione europea sull’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. L’Unione europea non può pertanto aderire alla Convenzione sulla base di questo accordo.

Facendo seguito alla domanda proposta dalla Commissione europea ex art. 218(11) TFUE, il 18 dicembre 2014 la Corte di giustizia ha reso un parere negativo circa la compatibilità con il diritto UE del Progetto di accordo di adesione dell’Unione alla CEDU.

 

La Corte ha individuato sette principali profili di incompatibilità del Progetto di accordo con le caratteristiche specifiche e l’autonomia del diritto dell’Unione, di cui è di seguito offerta una breve sintesi. Per un’analisi del parere e alcune riflessioni sullo stesso, sia permesso rimandare, in questo Osservatorio.

In primo luogo,[1] esso non esclude la possibilità che gli Stati membri, avvalendosi della previsione di cui all’art. 53 CEDU secondo cui lo standard della Convenzione costituisce sempre e soltanto un minimum floor, facciano prevalere il proprio livello di tutela su quello della Carta, così aggirando l’art. 53 della stessa, come interpretato dalla Corte nella sentenza Melloni.[2]

In secondo luogo,[3] il Progetto non salvaguarda adeguatamente il principio della fiducia reciproca tra gli Stati membri, in particolare nello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Così come strutturato dalla Corte, tale principio si basa sulla presunzione (quasi assoluta) che il livello di protezione dei diritti fondamentali all’interno dell’Unione soddisfa lo standard della Carta. Pertanto, ciascuno Stato membro non può esigere che un altro Stato membro garantisca uno standard più elevato di quest’ultimo, né può verificare il rispetto da parte di quello Stato dello standard UE in un caso concreto, “salvo casi eccezionali”.

In terzo luogo, [4] il Progetto di accordo potrebbe pregiudicare l’autonomia ed efficacia della procedura di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, poiché non si occupa del coordinamento tra quest’ultima e il meccanismo, istituito dal Protocollo (n. 16) alla CEDU, che consente alle “alte giurisdizioni” degli Stati parte di chiedere un parere non vincolante alla Corte EDU sulla interpretazione della Convenzione.

In quarto luogo,[5] il Progetto non assicura il rispetto dell’art. 344 TFUE, in quanto non esclude la possibilità che gli Stati membri sottopongano alla Corte EDU, ai sensi dell’art. 33 CEDU, una controversia relativa alla violazione della Convenzione da parte di un altro Stato membro o dell’Unione stessa, in un caso che si colloca entro l’ambito di applicazione della Carta.

In quinto luogo,[6] ad avviso della Corte la disciplina del meccanismo del convenuto aggiunto è suscettibile di interferire con la ripartizione delle competenze prevista dai Trattati, nella misura in cui, qualora l’Unione o gli Stati membri chiedano di intervenire, l’attivazione del meccanismo è subordinata ad una valutazione da parte della Corte EDU, e poiché consente a quest’ultima, in via di eccezione, di dichiarare responsabile solo il convenuto o il convenuto aggiunto. Inoltre, la disciplina del convenuto aggiunto non garantisce che l’adesione lasci inalterata la situazione particolare degli Stati membri nei confronti della CEDU, poiché uno Stato membro potrebbe essere dichiarato responsabile in solido con l’Unione per la violazione di una norma della Convenzione rispetto alla quale il primo ha formulato una riserva ai sensi dell’art. 57 CEDU.

In sesto luogo,[7] la procedura del previo coinvolgimento della Corte di giustizia non assicura che la decisione sulla necessità dell’attivazione della stessa sia presa dalla competente istituzione dell’Unione e sia vincolante per la Corte EDU. Inoltre, l’attivazione è consentita quando è necessaria una pronuncia sulla interpretazione del diritto primario UE o sulla validità del diritto secondario dell’Unione, ma non anche sulla interpretazione di quest’ultimo.

Da ultimo,[8] l’adesione nei termini contemplati dal Progetto consentirebbe alla Corte EDU di controllare il rispetto della CEDU da parte di atti, azioni od omissioni posti in essere nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune dell’Unione (PESC), anche al di fuori dei limitati casi in cui la Corte è competente a sindacarne la compatibilità con il diritto UE di rango primario e interposto. Ciò è in contrasto con la giurisprudenza della Corte secondo cui “la competenza ad effettuare un controllo giurisdizionale su atti, azioni o omissioni dell’Unione, anche in rapporto ai diritti fondamentali, non può essere attribuita in via esclusiva ad un organo giurisdizionale internazionale che si collochi al di fuori del quadro istituzionale e giurisdizionale dell’Unione”.[9]

N.L.



[1] Parere, paragrafi 187-189.

[2] Melloni (causa C-399/11), sent. 26 febbraio 2013, non ancora pubblicata in Raccolta.

[3] Parere, paragrafi 190-195.

[4] Ibidem, paragrafi 196-199

[5] Ibidem, paragrafi 201-214.

[6] Ibidem, paragrafi 215-235.

[7] Ibidem, paragrafi 236-248.

[8] Ibidem, paragrafi 249-257.

[9] Ibidem, par. 256.