La proposta di un "Codice di condotta" dei Senatori (2/2015)

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Le proposte di modifica ai regolamenti delle Camere più recentemente presentate sono volte a dare seguito alle modifiche già intervenute per via legislativa e regolamentare (queste ultime nella passata legislatura, su cui si veda il saggio di F. Biondi, Disciplina dei gruppi parlamentari e controlli sui bilanci: osservazioni alle recenti modifiche ai regolamenti di Camera e Senato, in questa Rivista, n. 3/2012) sulla trasparenza delle spese elettorali dei parlamentari, sul sistema di rendicontazione delle spese dei gruppi, sui bilanci dei partiti, nonché in tema di ineleggibilità e incandidabilità.

Così, da un lato, il 10 giugno 2015, al Senato è stata presentata una nuova proposta di modifica del regolamento sull’Introduzione dell’articolo 1-bis e modifica all’articolo 12 del Regolamento, in materia di trasparenza nell’esercizio della funzione di Senatore e per l’adozione del Codice di condotta dei Senatori (Doc. II, n. 29), a prima firma dei senatori Orellana e Gambaro. Nell’altro ramo del Parlamento, invece, nella seduta della Giunta del Regolamento della Camera dei deputati del 7 luglio 2015, si è avviato l’esame di due proposte di modifica del regolamento presentate all’inizio della XVII legislatura e di cui già si era dato brevemente conto nella Rubrica nel 2013: Doc. II, n. 2, Articolo 12: previsione del Codice etico della Camera dei deputati, e Doc. II, n. 11, Articoli 1-bis e 12, comma 2-bis: nuove norme in materia di trasparenza e introduzione del Codice di condotta dei deputati. Su questi recenti sviluppi si rinvia alla nota redatta da Piero Gambale, Le proposte di modifica dei regolamentari di Camera e Senato: verso l’adozione di un "codice etico" per i parlamentari?, pubblicata in questo numero della Rivista.

 

Più specificamente, invece, sulle fonti di diritto parlamentare e la limitazione dei costi della politica in rapporto alle previsioni della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del d.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235, nelle due Camere si è dibattuto sulla fonte più idonea a regolare la possibilità di sospendere i vitalizi dei parlamentari qualora siano stati condannati in via definitiva per taluni reati per i quali si prevede l’incandidabilità (art. 1, comma 64, lett. a e b, legge n. 190 del 2012 e art. 1, comma 1, d.lgs. 235/2012).

Il 7 maggio 2015 l’Ufficio di Presidenza della Camera e il Consiglio di Presidenza del Senato hanno deliberato, su proposta dei Presidenti dei due rami del Parlamento, la cessazione dell’erogazione di vitalizi, rispettivamente, ai deputati e ai senatori, che abbiano ricevuto condanne definitive con pene superiori a due anni di reclusione per reati gravi, ai sensi della suddetta normativa, vale a dire per mafia e terrorismo e per la gran parte dei reati contro la pubblica amministrazione. La medesima sanzione vale comunque anche per i parlamentari che abbiano ricevuto condanne in via definitiva a pene detentive superiori ai due anni per delitti non colposi, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a sei anni. In caso di riabilitazione del parlamentare, dalla data in cui questa decorre, riprende ad essere erogato il vitalizio. Le delibere, che non hanno comunque ricevuto il supporto unanime dei componenti dell’Ufficio e del Consiglio di Presidenza, hanno incontrato l’opposizione non solo di chi (M5S) riteneva le misure troppo blande, ma anche di chi (Forza Italia) avrebbe preferito che la questione fosse regolata con legge anziché con la delibera dei due organi parlamentari. Con successive delibere, rispettivamente dell’8 e del 9 luglio, l’Ufficio di Presidenza della Camera e il Consiglio di Presidenza del Senato hanno applicato quanto precedentemente stabilito nel mese di maggio 2015, revocando il vitalizio a dieci ex deputati e ad otto ex senatori e – come reso noto sul sito internet del Senato medesimo – “fermi restando ulteriori accertamenti nei confronti degli ex senatori ultraottantenni per i quali non sono disponibili i dati del Casellario giudiziario. Dunque, contrariamente alla posizione in dissenso di alcuni gruppi (Forza Italia e NCD), la materia rimane regolata da delibere dei due organi camerali.

Infine, in tema di trasparenza e maggior chiarezza quanto allo svolgimento dei lavori parlamentari, al Senato è stata presentata il 30 marzo 2015 una proposta di modifica del regolamento d’iniziativa del senatore Turano, Modifica degli articoli 29 e 53 in materia di armonizzazione dei lavori dell’Assemblea e delle Commissioni e di rapporto con l’elettorato (Doc. II, n. 28), che, come riporta la relazione illustrativa del proponente, ha proprio l’obiettivo di “armonizzare i lavori delle Commissioni e dell’Assemblea del Senato e incentivare un maggiore e costante rapporto tra il parlamentare e il territorio in cui è stato eletto”. La proposta di modifica in questione tenta di razionalizzare e definire in maniera puntuale la tempistica dei lavori tra le Commissioni e l’Assemblea, in modo da evitare, per quanto possibile, sovrapposizioni. Le prime, secondo il nuovo art. 53 r.S., dovrebbero riunirsi normalmente il martedì, sia in seduta antimeridiana che pomeridiana, e il mercoledì in seduta antimeridiana (comma 1-bis). Di conseguenza l’Assemblea dovrebbe essere convocata il mercoledì, in seduta pomeridiana, mentre il giovedì in doppia seduta, antimeridiana e pomeridiana (comma 2-bis). Inoltre, riformando l’attuale comma 2 dell’art. 53 r. S., la proposta intende rivedere la ripartirne dei tempi nell’ambito della programmazione dei lavori. Così, qualora la modifica fosse approvata, nell’ambito di un sessione bimestrale il tempo a disposizione delle Commissioni si ridurrebbe tra quattro a tre settimane, alle attività in Assemblea, come è anche oggi, si dedicherebbero tre settimane, mentre si assegnerebbe una settimana aggiuntiva alle attività dei gruppi e dei singoli senatori, affinché questi possano rinsaldare le relazioni col territorio.