Brevi note sulla regolamentazione regionale di orari, turni e ferie nel servizio farmaceutico (1/2016)

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Elenco delle leggi regionali che disciplinano il servizio farmaceutico:

 - Legge regionale della Campania, 1 febbraio 1980, n. 7, reperibile su http://www.ordinefarmacistinapoli.it/;

 - Legge regionale della Valle d'Aosta, 6 novembre 2006, n. 23, reperibile su http://www.regione.vda.it/;

 - Legge regionale della Liguria, 6 novembre 2012, n. 35, reperibile su http://www.quotidianosanita.it/.

 - Legge regionale della Lombardia, 3 aprile 2000, n. 21, reperibile su http://www.prassicoop.it/.

 - Legge regionale del Piemonte, 14 maggio 1991, n. 21, reperibile su http://www.consiglioregionale.piemonte.it/.

 - Legge provinciale di Trento, 29 agosto 1983, n. 29, reperibile su http://www.consiglio.provincia.tn.it/.

 - Legge provinciale di Bolzano, 11 ottobre 2012, n. 16, reperibile su http://www.regione.tta.it/.

 - Legge regionale dell'Emilia Romagna, 4 maggio 1982, n. 19, reperibile su http://www.comune.parma.it/.

 - Legge regionale del Lazio, 30 luglio 2002, n.26, reperibile su http://www.prassicoop.it/.

 - Legge regionale della Puglia, 18 febbraio 2014, n. 5, reperibile su http://www.regione.puglia.it/.

 - Legge regionale del Friuli - Venezia Giulia, 2 settembre 1981, n. 59, reperibile su http://lexview-int.regione.fvg.it/.

 - Legge regionale dell'Umbria, 30 agosto 1982, n. 46, reperibile su http://www.crumbria.it/.

 - Legge regionale della Basilicata, 5 aprile 2000, n. 29, reperibile su http://www.old.consiglio.basilicata.it/.

Le brevi righe che seguono mirano a fornire una ricognizione sintetica delle direttrici normative regionali in materia di regolamentazione del servizio farmaceutico. Si fa riferimento, come punto di partenza, soltanto ad alcune Regioni, precisando che la normativa vigente nelle altre sarà oggetto di un futuro approfondimento.

1. La regolamentazione statale del servizio farmaceutico

L'attività di distribuzione dei farmaci sul territorio nazionale è regolata a livello centrale da due leggi.

La legge n. 475/1968, dedicata al tema della collocazione geografica delle farmacie sul territorio nazionale, detta regole specifiche per l'individuazione delle sedi farmaceutiche mediante lo strumento della pianta organica[1].

Legge n. 833/1978, pur successiva, enuncia dei principi generali in materia di assistenza farmaceutica, concentrati negli articoli 28 e 29.

La collocazione di detti principi generali nella legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, quest'ultima espressamente (art. 1) volta all'attuazione del diritto costituzionale alla salute, evidenzia la strumentalità della disciplina pubblicistica del servizio farmaceutico rispetto a tale obiettivo, confermata a più riprese dalla Corte costituzionale (da ultimo, Corte cost. n. 216/2014)[2].

Secondo il disegno normativo (art. 28), il sistema farmaceutico italiano corre, per così dire, su due differenti binari, pur caratterizzati da un elemento comune. Il compito di erogazione delle specialità farmaceutiche, infatti, è affidato dalla legge sempre all'unità sanitaria locale, la quale, però, può avvalersi, per la concreta fornitura dei prodotti, di farmacie, alternativamente, a titolarità pubblica o a titolarità privata, convenzionate secondo le regole dettate dalla medesima legge.

Quanto alla vera e propria regolamentazione del servizio, la legge (art. 29) si limita ad enunciare gli obiettivi della disciplina della distribuzione dei medicinali, individuati, a testimonianza della natura commerciale ma anche sociale del bene-farmaco, negli obiettivi comuni al SSN e nella funzione, appunto, sociale del farmaco.

La legislazione regionale detta una regolamentazione estremamente dettagliata e analitica in relazione a turni, orari e ferie degli esercizi farmaceutici, muovendosi, su questo tema, in una cornice normativa statale dai caratteri molto generali.

Nelle righe che seguono ci si soffermerà sulle più significative previsioni in materia, evidenziando, soprattutto, le differenti tecniche normative impiegate dalle diverse regioni nonché le differenti procedure di adozione degli atti di programmazione delineate dai legislatori regionali.

 

2. La regolamentazione regionale del servizio farmaceutico: brevi notazioni in tema di tecnica legislativa

Le discipline adottate dai legislatori regionali vengono in evidenza per aver dettato una regolamentazione del regime degli esercizi farmaceutici dai contenuti molto analitici, ispirata a criteri di contingentamento degli orari, dei turni di apertura nonché dei periodi di ferie; ciò con l'obiettivo di garantire la continuità e l'accessibilità dell'assistenza farmaceutica su tutto il territorio nazionale. Detta regolamentazione ha conosciuto una recente tendenza alla liberalizzazione (in questi termini si sono mossi il legislatore pugliese nel 2014 e quello di Bolzano nel 2012). Questa circostanza non è casuale ma trova ragione nella previsione di cui all'art. 11 del recente d.l. n. 1/2012 il quale ha sancito una sorta di deregulation dei turni e degli orari delle farmacie, anche sulla scorta delle sollecitazioni provenienti, ormai da molto tempo, dall'AGCM[3]. Essa ha previsto che “I turni e gli orari di farmacia stabiliti dalle autorità competenti in base alla vigente normativa non impediscono l'apertura della farmacia in orari diversi da quelli obbligatori”. Nonostante la novella abbia incontrato il favore delle supreme magistrature amministrativa (CdS, ord., sez. III, 1 settembre 2012, n. 3555) e ordinaria (Cass., sez. III, 8 febbraio 2013, 3080), sono stati sollevati dubbi di compatibilità con il riparto di competenze tra Stato e Regioni[4]; ed inoltre, pur sussistendo un'esplicita affermazione del Consiglio di Stato nel senso della diretta applicabilità della previsione, contenuta nella pronunzia richiamata, molte leggi regionali non sono ancora state adeguate.

L'autorità Antitrust ha poi espresso critiche ancor più aspre, rispetto a quelle rivolte alla disciplina degli orari di apertura, nei confronti della regolamentazione dei periodi minimi di ferie imposti ex lege .

Se, infatti, il numero minimo di ore di apertura dell'esercizio commerciale così come la previsione di aperture notturne obbligatorie mira indubbiamente a realizzare quella finalità di accessibilità ai medicinali enunciata dal legislatore statale, altre previsioni, quali quelle relative al periodo minimo di sospensione feriale, non hanno alcuna rilevanza ai fini del raggiungimento dello scopo enunciato.

Occorre rimarcare che una articolata e puntuale regolamentazione del servizio farmaceutico, che è  un'attività commerciale, pur in un settore peculiare, costituisce una limitazione alla piena attuazione dei principi antitrust può trovare giustificazione nei limiti in cui sia funzionale alla realizzazione di un interesse pubblico; nel caso specifico, di un interesse costituzionalmente protetto. Ove, invece, si traduca in un ostacolo ad una gestione concorrenziale dell'esercizio commerciale, senza che sia dato scorgere un interesse contrapposto meritevole di tutela, non può ritenersi in alcun modo giustificata.

Poste queste premesse, è possibile svolgere qualche considerazione sulle diverse modalità di regolazione utilizzate dai legislatori regionali.

La disciplina degli orari di apertura delle farmacie costituisce il fulcro di ciascun corpus normativo regionale in materia di servizio farmaceutico. In linea generale, il criterio adottato dai legislatori regionali è costituito dalla fissazione del numero settimanale minimo di ore di apertura, che si attesta, nella maggior parte delle leggi, sulle 40 ore riferite ai soli giorni feriali. Alcune leggi fissano un numero minimo di ore più basso, pari, per esempio, a 36 ore (legge provinciale di Trento), così come ve ne sono altre che ammettono un monte ore maggiore (in Campania, per esempio, è possibile arrivare fino a 60). Sotto il profilo della tecnica legislativa, occorre evidenziare come a leggi che individuano il numero di ore minimo settimanale, quali quelle già richiamate, si contrappongono leggi che individuano il numero giornaliero di ore (per esempio, legge del Piemonte); in alcuni casi, poi, è la legge stessa a prevedere gli intervalli orari giornalieri di apertura (si pensi alla legge della Liguria, che impone il servizio ordinario a battenti aperti in orari compresi tra le ore 8.00 e le 21.00 e, obbligatoriamente, dalle ore 9.00 alle ore 12.00 e dalle ore 16.00 alle ore 19.00). Inoltre, accanto a leggi che indicano un numero preciso di ore di apertura al pubblico, sia esso individuato con riferimento alla settimana o alla giornata (per esempio, in Friuli – Venezia Giulia), vi sono leggi che individuano un intervallo nell'ambito del quale è possibile spaziare (come nella già menzionata legge della Campania).

La maggioranza dei legislatori ha poi introdotto elementi di flessibilità, che consentono alle farmacie di osservare turni di apertura più lunghi o aperture straordinarie, differenziandosi, però, in relazione alle motivazioni che possono giustificare tale flessibilità: ciò può avvenire o per esigenze normativamente previste (come nel caso dell'Emilia Romagna, ove nei Comuni di elevato afflusso turistico i Sindaci, sentiti i competenti servizi dell'unità sanitaria locale, gli ordini professionali e le organizzazioni di categoria, possono stabilire orari di apertura in deroga rispetto alle regole ordinarie), o per esigenze, pur non tipizzate, comunque documentate (come accade in Campania, ove, sulla base di esigenze pubbliche motivate, possono essere autorizzate dal consiglio dell'ordine dei farmacisti competente per territorio aperture domenicali straordinarie) oppure senza alcuna particolare ragione (come avviene nella legge della Puglia e nella legge provinciale di Bolzano).

Anche con riferimento al periodo di sospensione feriale la legislazione regionale interviene a fissare limiti minimi, prescrivendo, attraverso l'individuazione di un intervallo, il numero minimo e il numero massimo di giorni annuali di chiusura.

Queste previsioni sono addirittura accompagnate dalla imposizione, in quasi tutte le Regioni,  di un numero minimo di giorni di chiusura consecutivi (per esempio, 7 giorni per la Regione Emilia Romagna, 15 giorni per la Regione Campania).

In alcuni casi, la legge distingue tra le farmacie collocate nei capoluoghi di Provincia e quelle situate in altre città, consentendo a queste ultime una maggiore possibilità di frazionamento del periodo minimo. E' questo il caso del legge del Lazio, che impone alle prime 20 giorni consecutivi mentre concede alle seconde la possibilità di maggiore frazionamento.

Viceversa, in alcuni casi la discrezionalità nella gestione dell'esercizio farmaceutico è completamente azzerata: in Basilicata, ad esempio, il legislatore ha imposto che le farmacie collocate nei capoluoghi di Provincia restino chiuse per un periodo di 30 giorni. In questo caso specifico, non è stato lasciato alcun intervallo temporale nell'ambito del quale decidere discrezionalmente.

 

3. Le procedure di adozione dei piani annuali di orari, turni e ferie del servizio farmaceutico

Dalla lettura delle fonti normative regionali, emerge anche, quale elemento comune ad esse, la previsione del coinvolgimento di soggetti tecnici nelle procedure amministrative di adozione degli atti di programmazione relativi alla gestione dei esercizi farmaceutici.

Anche in riferimento a questo tema, le previsioni normative vengono in evidenza per un differente riparto delle competenze programmatorie, ciascuna con un maggiore o minore coinvolgimento dei soggetti tecnici (a titolo esemplificativo, singole farmacie, Ordini provinciali dei farmacisti, ASL).

Nella legge regionale della Lombardia, ad esempio, l'adozione del calendario annuale è riservata al Direttore Generale di ciascuna ASL all'esito di un procedimento articolato, che muove dalla proposta dell'Associazione provinciale dei titolari delle farmacie aderenti a Federfarma, previo parere dell'Ordine provinciale dei farmacisti e, ove esistano farmacie comunali, della Confservizi Lombardia, nonché del Comune ove ha sede la farmacia e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori più rappresentative a livello regionale. E' disciplinato, in questo caso specifico, un meccanismo di silenzio-devolutivo nel caso in cui i pareri non pervengano entro trenta giorni dalla richiesta.

Un procedimento maggiormente semplificato (proposta dell'Ordine dei farmacisti della Valle d'Aosta di concerto con i direttori dei distretti socio-sanitari e i presidenti delle Comunità montane), ma che vede comunque l'attribuzione del potere di adozione del calendario al Direttore Generale dell'ASL, è quello disciplinato dalla Regione Valle d'Aosta, la quale indica già nella legge, a differenza che in altre Regioni, i criteri che devono essere perseguiti mediante la programmazione, individuandoli nella diversificazione degli orari in ciascun distretto socio-sanitario, nell'individuazione di fasce orarie minime di apertura giornaliera e nella definizione dei turni di guardia attraverso il criterio di rotazione tra le farmacie. Al medesimo Direttore Generale è assegnato il potere di apportarvi delle modifiche ma la legge non chiarisce se sia necessario, come per l'adozione del programma, che la proposta venga elaborata dall'Ordine dei Farmacisti di concerto con i direttori dei distretti socio-sanitari e i presidenti della Comunità montane, oppure se egli possa operare in modo del tutto autonomo.

In Liguria, invece, il compito di adottare il piano annuale è riservato all'ente locale, in particolare al Comune. La ASL locale, acquisito il parere dell'Ordine provinciale dei farmacisti, elabora, per ogni Comune, il calendario annuale di orari, turni e ferie sulla base delle comunicazioni ricevute da ciascuna farmacia mentre il vero e proprio atto di adozione del Piano spetta ai Comuni. Il potere di introdurre eventuali deroghe ad esso, derivanti dalla necessità di far fronte ad emergenze, festività o peculiari situazioni, è direttamente attribuito al Sindaco, il quale esercita tale funzione dopo aver sentito la ASL e l'Ordine provinciale dei farmacisti territorialmente competente.

Nella legge regionale Umbria, da ultimo, il compito di adozione del provvedimento di disciplina di orari, turni e ferie è riservato alla Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente per materia; il provvedimento è elaborato sulla base di quanto stabilito dalle Unità locali per i servizi sanitari e socio-assistenziali, che sottopongono alla Giunta un piano di aperture, chiusure e ferie degli esercizi collocati sul proprio territorio di competenza. In questo specifico caso, a differenza della richiamata normativa ligure, la legge individua non solo l'ente locale competente ma, all'interno dello stesso, l'organo designato per l'esercizio delle funzioni di programmazione farmaceutica.

Emerge, dunque, una notevole eterogeneità nella disciplina delle procedure di adozione degli atti di programmazione dell'erogazione del servizio farmaceutico. Pare però che un elemento comune possa comunque essere ravvisato. Nelle forme più diverse, quali la proposta, il parere, il concerto, in tutte le leggi regionali è previsto il coinvolgimento delle singole farmacie e degli Ordini dei farmacisti nonché delle ASL, queste ultime in funzione di soggetti deputati all'adozione del piano o a diverso titolo coinvolti nella procedura.

 


[1]Sulla pianta organica, ex multis, CAMPAGNA M., Il servizio di distribuzione farmaceutica tra obblighi di servizio pubblico e libertà di concorrenza. Prime note, in BUZZACCHI C. (a cura di), Il mercato dei servizi in Europa. Tra misure pro-competitive e vincoli interni, Milano, pp. 45 e ss..

[2]Sulla posizione della Corte costituzionale e della Corte di Giustizia in merito al contingentamento del servizio farmaceutico, LUCIANI M., Il ruolo della farmacia. Giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue e della Corte Costituzionale italiana, in www.federfarma.it.

[3]Si veda, ad esempio, AGCM, Regolamentazione orari e turni delle farmacie, AS194.

[4]DELSIGNORE M., La proclamata liberalizzazione e le nuove questioni in tema di farmacie, in Dir. econ., 2012, pp. 316-317.