Le leggi regionali di contabilità dopo la legge costituzionale n. 1/2012 (3/2016)

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Sentenza n. 184/2016 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 20/07/2016 – Pubblicazione in G.U. 27/07/2016 n. 30

Motivo della segnalazione
Con la sentenza n. 184/2016 la Corte costituzionale ha parzialmente accolto il ricorso con cui il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato gli artt. 13, 15, comma 3, 18, commi 1 e 6, 19, 23 e 31, comma 1, lettera g), della legge regionale toscana 7 gennaio 2015, n. 1, recante Disposizioni in materia di programmazione economica e finanziaria regionale e relative procedure contabili e modifiche alla L.R. n. 20/2008. Nel suo ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta la violazione degli artt. 81, 97 e 117, secondo comma lettera e), cost., in relazione al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 e alla legge 24 dicembre 2012, n. 243.
Le censure della difesa erariale, che muovono principalmente dalla constatazione di una lesione della competenza esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, fanno più propriamente riferimento a un intreccio di competenze trasversali, concorrenti e residuali, che la Corte definisce come la “sequenza dinamica e mutevole che caratterizza la legislazione afferente alla tutela degli interessi finanziari”. Parallelamente, a fronte di alcune affermazioni della parte ricorrente, secondo cui il nuovo art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. avrebbe ormai sottratto la materia contabile alla disponibilità dei legislatori regionali, la Corte, che muove invece dagli artt. 117, terzo comma, e 119, riconosce in capo alla Regione la potestà di esprimere nella contabilità regionale, nel rispetto dei vincoli statali, le peculiarità connesse alla sua autonomia costituzionalmente garantita. L’azione di standardizzazione in cui si concreta l’armonizzazione dei bilanci pubblici non sarebbe perciò idonea a “coprire” tutti i contenuti di quel “bene pubblico” che è il bilancio.

La Corte costituzionale ha rigettato le questioni relative agli artt. 13 e 19 della legge della Regione Toscana n. 1/2015, che non risultano incoerenti rispetto agli artt. 38 e 39 del d.lgs. n. 118/2011, invocato dal ricorrente come parametro interposto. Del pari infondate sono le censure concernenti l’art. 15, comma 3, proposte in relazione all’art. 49, comma 2, del d.lgs. n. 118/2011; in questo caso, infatti, la difesa erariale ha fondato le sue argomentazioni su un’interpretazione non corretta della disposizione impugnata, che prevede che le disponibilità dei fondi speciali possano essere utilizzate in corso di esercizio per fornire copertura a provvedimenti legislativi non compresi nell’elenco allegato alla legge di bilancio, purché tali provvedimenti indichino gli interventi – inseriti invece nell’elenco – a cui è sottratta la copertura.
La Corte accoglie invece la questione relativa all’art. 18, comma 1, della legge regionale in questione. Nella parte in cui non prevede che la Giunta regionale presenti in ogni caso la proposta di legge di bilancio non oltre trenta giorni dalla presentazione del disegno di bilancio dello Stato, esso si pone in contrasto con l’all. 4/1, par. 9.2, del d.lgs. n. 118/2011. Vanificando la sincronia delle procedure di bilancio, questa disposizione arreca pregiudizio al coordinamento della finanza pubblica, sub specie della programmazione finanziaria statale e della predisposizione della manovra di stabilità.
Per quanto riguarda l’art. 23, mentre l’all. 4/2, par. 9.2, del d.lgs. n. 118/2011 ribadisce l’assoluto vincolo di destinazione dei fondi europei e del cofinanziamento nazionale, questa disposizione legislativa regionale attribuisce alla Regione la facoltà di stanziare somme eccedenti quelle assegnate, dando luogo, in ultima analisi, a un’elusione del vincolo posto dal legislatore statale e a una violazione del principio della copertura finanziaria di cui all’art. 81, terzo comma, Cost.
Risultano infondate, infine, le censure relative all’art. 18, comma 6 e all’art. 31, comma 1. Il primo stabilisce che l’esercizio provvisorio può essere autorizzato per un periodo non superiore a quello stabilito dallo statuto regionale – e cioè per non più di tre mesi – mentre la norma interposta dell’art. 43, comma 2, del d.lgs. n.118/2011 fa riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi. Il maggior rigore delle prescrizioni dello statuto regionale assicurano perciò la conformità della disposizione impugnata al canone costituzionale. Il secondo, invece, rinvia a un regolamento attuativo la disciplina delle modalità di gestione delle aperture di credito, in ciò ricalcando lo schema dell’art. 9 del d.P.R. n. 367/1994.