Il decreto legislativo “salva-leggi” del 2009: nato per “graziare” singole disposizioni dalla “ghigliottina” abrogativa… giammai per “resuscitarle” (3/2018)

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Sentenza n. 182/2018– giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 4 ottobre 2018 – Pubblicazione in G.U. del 10/10/2018

Motivo della segnalazione

La pronuncia attiene all’attuazione della c.d. delega taglia-leggi: già per ciò solo astrattamente di interesse, risulta rilevante in tema di fonti perché colpisce con lo stigma dell’illegittimità costituzionale una disposizione del decreto legislativo n. 179/2009, c.d. salva-leggi, nella parte in cui esclude dall’abrogazione una disposizione del 1952 già implicitamente abrogata da anni (rectius: tacitamente abrogata nel 1958, dichiarata parzialmente incostituzionale ne. 1985 e implicitamente sostituita nei contenuti nel 1988).

 

La Corte, attivata in via incidentale, premessi i consolidati metodi di identificazione del contenuto della delega, da conformare a criteri interpretativi anche sistematici e teleologici, propone una sintetica ricostruzione del complesso meccanismo delineato dall’articolo 14 della legge di delegazione n. 246/2005, come sostituito dalla legge n. 69/2009, e dunque dello “spazio”, oggettuale e funzionale, in prospettiva di semplificazione normativa, che il legislatore delegante aveva preparato per il citato decreto legislativo del 2009. Si tratta del compito di enucleare, traendole dal notevole insieme degli atti legislativi altrimenti destinati all’abrogazione secondo il meccanismo della c.d. ghigliottina, le disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970 di cui il Governo ritenesse indispensabile la permanenza in vigore. Tra i principi e criteri direttivi previsti dal legislatore delegante si stagliava l’esclusione dall’effetto “salvifico” riconnesso all’inclusione nell’elencazione in seno al citato decreto del 2009 «delle disposizioni oggetto di abrogazione tacita o implicita» e «delle disposizioni che abbiano esaurito la loro funzione o siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete»: se afferente a tali categorie, dunque, qualsiasi disposizione sarebbe dovuta essere irrimediabilmente ritenuta “condannata” ad essere (o rimanere) abrogata.

In tale prospettiva risulta agevole, per la Corte, sancire l’illegittimità dell’inserimento nel decreto delegato, tra quelle sottratte all’abrogazione generalizzata, di una specifica disposizione (attributiva di un’esenzione contributiva in favore di una delle parti in causa nel giudizio a quo) grazie al riscontro, a suo carico, della già maturata abrogazione implicita, già affermata da recente e condivisa giurisprudenza di legittimità.