Il divieto di un terzo mandato consecutivo per i membri dei consigli circondariali forensi: un caso di retroattività? (3/2019)

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Sentenza n. 173/2019 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 10/7/2019 – Pubblicazione in G.U. 17/7/2019 n. 29

Motivo della segnalazione

Con la sentenza n. 173/2019 la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, secondo periodo, della legge 12 luglio 2017, n. 113 (Disposizioni sulla elezione dei componenti dei consigli degli ordini circondariali forensi) e dell’art. 11-quinquies del d.l. 14 dicembre 2018, n. 135, inserito in sede di conversione dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12. Le questioni erano state sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 48, 51 e 118 Cost. In estrema sintesi, le disposizioni impugnate prevedono che i consiglieri dei consigli circondariali forensi non possono essere eletti per più di due mandati consecutivi e che tale divieto operi anche per i mandati iniziati anteriormente all’entrata in vigore della n. 113/2017.

In questa sede non interessa tanto ripercorrere le censure relative alla previsione legislativa di un limite ai mandati che possono essere svolti consecutivamente, quanto la norma d’interpretazione autentica introdotta dall’art. 11-quinquies del d.l. 135/2018. Il contenuto di questa norma coincide con le conclusioni cui già erano giunte le Sezioni unite della Corte di cassazione, che avevano escluso che la riferibilità del divieto di una terza candidatura consecutiva ai mandati pregressi ne implicasse un’interpretazione retroattiva (sentenza 19 dicembre 2018, n. 32781). In quella pronuncia, d’altra parte, aveva ritenuto non corretta l’interpretazione accolta dal Consiglio nazionale forense in sede giudiziaria.
La finalità interpretativa della disposizione impugnata risponde all’intenzione del legislatore di eliminare, nell’imminenza del rinnovo degli ordini circondariali forensi, ogni residua incertezza applicativa relativa all’art. 3, comma 3, secondo periodo, della legge n. 113/2017. La disposizione impugnata detta una disciplina conforme alla lettura proposta dalle Sezioni unite della Corte di cassazione – in una data anteriore a quella per la formalizzazione delle candidature – e rispecchia perciò il diritto vivente.
D’altra parte, la disposizione così interpretata non deve neppure essere giustificata sul piano della retroattività, poiché non le può essere attribuita portata retroattiva in senso proprio. Essa, infatti, non regola in modo nuovo fatti del passato – attribuendo ai mandati precedenti conseguenze giuridiche diverse da quelle loro proprie nel quadro temporale di riferimento – ma dispone per il futuro: solo in questa prospettiva acquisiscono rilevanza, in quanto requisito negativo, i due mandati consecutivi già espletati.
S i è perciò di fronte, come ha ritenuto la stessa Corte di cassazione, a un caso di operatività immediata della disposizione contestata, e non di retroattività in senso tecnico, con effetti ex tunc. Queste conclusioni, del resto, sono coerenti con un orientamento giurisprudenziale del giudice delle leggi, per cui l’attribuzione di rilievo immediato a fatti anche precedenti, quali requisiti negativi o condizioni ostative, non attiene al piano diacronico della retroattività degli effetti, ma a quello fisiologico dell’applicazione ratione temporis di disposizioni legislative.