Quale destino per le sanzioni amministrative applicate con sentenza irrevocabile sulla base di disposizioni poi dichiarate incostituzionali? (2/2021)

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Sentenza n. 68/2021 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 16/04/2021 – Pubblicazione in G.U. 21/04/2021 n. 16

Motivo della segnalazione
Con la sentenza n. 68/2021 la Corte costituzionale ha accolto una questione di legittimità costituzionale dell’art. 30, quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, se interpretato nel senso che la disposizione non si applica alla sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida disposta con sentenza irrevocabile.

Ad avviso del giudice rimettente, la disposizione contestata violerebbe l’art. 136 Cost., poiché il principio secondo cui la norma dichiarata incostituzionale cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione imporrebbe di rimuovere tutti i perduranti effetti pregiudizievoli della sanzione amministrativa applicata sulla base di una norma incostituzionale: il rapporto sottostante, infatti, non potrebbe essere considerato esaurito fin tanto che la sanzione sia in corso di esecuzione. Risulterebbe violato anche l’art. 3 Cost., poiché l’art. 30, quarto comma, della l. n. 87/1953 stabilisce un trattamento diverso per le sanzioni penali, da un lato, e per le sanzioni amministrative, dall’altro lato. Questa disparità di trattamento è irragionevole, poiché anche le sanzioni amministrative possono comprimere diritti di rango costituzionale. Gli altri parametri invocati sono gli artt. 25, secondo comma, 35 e 41 Cost. e, soprattutto, l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 e 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo: secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, infatti, le sanzioni amministrative che abbiano natura penale sono soggette al principio di legalità penale.
La Corte costituzionale ricorda che l’art. 30 della l. n. 87/1953 pone una regola speciale – e che vale per la sola materia penale – rispetto ai principi posti dall’art. 136, primo comma, Cost. e dall’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 in tema di effetti temporali delle pronunce di accoglimento. L’introduzione di questa regola è stata “suggerita dalle peculiarità della materia considerata e dalla gravità con cui le sanzioni penali incidono sulla libertà personale o su altri interessi fondamentali dell’individuo”. La Corte ricorda peraltro che nella giurisprudenza di legittimità si è consolidata un’interpretazione ampia della disposizione impugnata, quanto al tipo di declaratoria di incostituzionalità che infrange il giudicato penale. In tali casi il rapporto giuridico non può considerarsi esaurito finché sia in atto l’esecuzione della pena.
Ci si deve però interrogare se questa regola debba valere anche per la sanzione amministrativa qualificabile come penale ai sensi della CEDU. Nella sentenza n. 43/2017, d’altra parte, il giudice delle leggi ha osservato che l’attrazione di una sanzione amministrativa nella materia penale trascina con sé tutte e sole le garanzie previste dalla CEDU, come elaborate dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo: “giurisprudenza nella quale non si rinviene l’affermazione di un principio analogo a quello affermato dalla norma censurata”.
Nel caso di specie, la Corte torna a occuparsi del problema delle sanzioni amministrative applicate con sentenza irrevocabile basata su disposizioni dichiarate incostituzionali. Con la sentenza n. 88/2019, infatti è stato dichiarato incostituzionale il meccanismo di applicazione automatica della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida in caso di condanna o di patteggiamento della pena per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime (art. 222, comma 2, quarto periodo, del nuovo codice della strada). La Corte ha ritenuto che tale automatismo sanzionatorio violasse i principi di eguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità. Alla sentenza n. 88/2019 hanno fatto seguito numerose richieste, rivolte al giudice dell’esecuzione, di rimodulazione della sanzione. Tali istanze, tuttavia, non hanno potuto essere accolte, dal momento che l’art. 30, quarto comma, della l. n. 87/1953 si applica alle sole sanzioni penali.
Ad avviso della Corte, la revoca della patente disposta dal giudice penale in caso di condanna o di patteggiamento della pena per i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali gravi o gravissime ha connotazioni sostanzialmente punitive. Questo indirizzo interpretativo appare confortato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (ad es. la sentenza Nilsson c. Svezia).
In quest’ottica l’art. 30, quarto comma, della legge n. 87/1953 – se interpretato in linea con una consolidata giurisprudenza di legittimità – si pone in contrasto con l’art. 3 Cost. Rispetto a quanto la Corte ha affermato nella sentenza n. 43/2017, infatti, il processo di assimilazione delle sanzioni amministrative punitive alle sanzioni penali ha conosciuto nuovi importanti sviluppi, “tali da rendere non più attuali le affermazioni contenute in tale pronuncia”. La Corte ha esteso alle sanzioni amministrative punitive buona parte dello statuto costituzionale delle sanzioni penali, dall’irretroattività della norma sfavorevole alla determinazione dell’illecito e delle sanzioni, fino alla retroattività della lex mitior e alla proporzionalità della sanzione alla gravità del fatto. Decisive sono le affermazioni in tema di retroattività della lex mitior contenute nella sentenza n. 63/2019, che portano la Corte a escludere che si possa continuare a scontare una sanzione amministrativa punitiva inflitta in base a una norma dichiarata incostituzionale. Tutto ciò porta il giudice delle leggi a concludere nel senso dell’accoglimento della questione di costituzionalità prospettatagli.