A differenza degli ultimi numeri della Rivista che nella sezione saggi hanno ospitato gli atti di alcuni Convegni promossi dall'Osservatorio in collaborazione con il Dipartimento di Scienze giuridiche fiorentino (nn. 1/2018, 2/2018), questo numero, ultimo del 2018, torna a proporre una serie di contributi diversi per argomento e taglio; una diversità che non consente di ricomprenderli in un discorso generale "a tema". ln queste poche righe introduttive, mi limiterò dunque ad una sintetica presentazione del loro contenuto, accompagnata da qualche breve considerazione.
La sezione si apre con uno scritto di Giuseppe Ugo Rescigno sul concetto di Costituzione e sulla funzione che essa è chiamata a svolgere in un contesto così mutato rispetto a quello nel quale è nata. ln esso si sente ancora l'onda lunga dell'aspro dibattito accesosi su un'ipotesi di riforma che ha profondamente diviso non solo la società, ma anche i costituzionalisti, e che conosce oggi un momento di pausa dopo l'esito referendario del 4 dicembre 2016. Come si ricorderà, tale dibattito è parso, almeno in certe occasioni, rimettere in discussione alcuni concetti e principi che eravamo abituati a considerare ormai acquisiti, almeno tra gli "addetti ai lavori", a partire da quello dell'unitarietà della Carta costruita attorno ad un nucleo valoriale inscindibilmente legato all'articolazione della organizzazione istituzionale del nuovo Stato che con essa nasceva.
Proprio su questo aspetto Rescigno richiama la nostra attenzione per ribadire come la funzione che dà un senso (non solo giuridico) alla nostra (ma si potrebbe dire ad ogni) Costituzione è quella di garantire l'inveramento di quel nucleo valoriale; una funzione, appunto, che nel dibattito che ho richiamato è sembrata spesso svalutata in favore di una concezione più orientata a valorizzarne una funzione procedurale, di supporto ai meccanismi decisionali che guidano il nostro sistema istituzionale. Ma si tratta di una garanzia che in tanto potrà continuare ad essere svolta in quanto riesca a sciogliere i nodi difficili e a ricomporre le nuove contraddizioni che il mondo contemporaneo ci presenta.
Seguono due saggi, rispettivamente di Marco Ruotolo e Valeria Marcenò che, prendendo anche spunto dal recente "decreto sicurezza" (d.l. n.113/2018, convertito in l. n.132/2018) riportano la nostra attenzione sugli sviluppi, soprattutto giurisprudenziali, in tema di vizi formali (e sostanziali) del decreto-legge e della relativa legge di conversione. Si tratta di sviluppi, come è noto, assai più significativi di quelli che ha avuto la giurisprudenza costituzionale in materia di delegazione legislativa e che hanno contribuito quanto meno ad arginare le modalità più discutibili di ricorso a questa fonte, spingendo oggi il controllo alla stessa sussistenza del requisito della straordinarietà della necessità e urgenza a provvedere; su un crinale, dunque, sul quale la distinzione tra vizi formali e vizi sostanziali tende a sfumare. È proprio alla luce di questi sviluppi che, a parere dei due Autori, alcune disposizioni del decreto richiamato presentano più di un serio dubbio di illegittimità costituzionale.
Ad un tema che può ormai contare anche in ltalia su una nutritissima letteratura, quello della c.d. tutela multilivello dei diritti, sono dedicati invece gli scritti di Antonio Ruggeri e Daniele Trabucco. Nell'intreccio non privo di risvolti problematici tra Carte dei diritti e Corti dei diritti, entrambi gli Autori segnalano l'emergere di una linea di tendenza (nuova rispetto al passato) della nostra Corte a recuperare un ruolo decisivo nel sistema ormai stabilmente policentrico di tutela: a recuperare ruolo rispetto alle due Corti europee, ma anche nei confronti dei giudici comuni nazionali. Le più recenti pronunce a questo riguardo (da quelle seguite alle due sentenze "gemelle" del 2007 sul versante CEDU e quelle che hanno accompagnato le varie fasi della vicenda "Taricco", sul versante UE) ne sono testimonianza. Si tratta di una tendenza salutata con favore da chi, negli anni che abbiamo alle spalle, ha lamentato un atteggiamento di autoemarginazione della nostra Corte di fronte al processo di progressiva sempre più stretta integrazione tra Corti europee e giudici nazionali, ma che presenta anche aspetti problematici di cui i due Autori danno giustamente conto.
Su tutt'altro terreno si muove il saggio di Anna Alberti che ci offre l'occasione per riflettere sul rapporto tra leggi di revisione costituzionale ex art. 138 e altre leggi costituzionali, con particolare riferimento a quelle di approvazione degli statuti delle Regioni ad autonomia differenziata. Una riflessione che l'Autrice conduce sulla scorta di un'inedita ricostruzione del rapporto tra il regime "speciale" definito dagli statuti e quello "ordinario" stabilito dal Titolo V della seconda parte della Costituzione.
La sezione si chiude con quattro contributi di taglio comparatistico che presentano un quadro aggiornato dei principali profili problematici che gli sviluppi del sistema delle fonti presenta in quattro Paesi: il Regno Unito (Andrea Marchetti), l'lrlanda (Delia Ferri), la Germania (Rolando Tarchi, Andrea Gatti) e la Russia (Rolando Tarchi). Contributi il cui interesse risiede soprattutto nell'attenzione prestata alla prassi più che non solo ai dati istituzionali a conferma dell'impossibilità di cogliere il senso di tali sviluppi senza saper cogliere quello che potremmo chiamare il sistema delle fonti "vivente".