Il referendum consultivo sull’indipendenza del Veneto dinanzi alla Corte costituzionale (3/2015)

Stampa

Sentenza n. 118/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 25/06/2015 – Pubblicazione in G. U. 01/07/2015 n. 26

Motivo della segnalazione

La sentenza in oggetto presenta profili di particolare interesse in relazione ai limiti dei referendum consultivi regionali, con alcune precisazioni sull'istituto referendario.

In particolare, il giudizio di legittimità costituzionale promosso in via principale ha avuto ad oggetto due leggi della Regione Veneto in tema di referendum consultivo: la legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 15 (Referendum consultivo sull'autonomia del Veneto), in riferimento agli artt. 3, 5, 116, 117, 119 e 138 della Costituzione, nonché agli artt. 26 e 27 dello Statuto del Veneto, approvato con legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n. 1 e la legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 16 (Indizione del referendum consultivo sull'indipendenza del Veneto), in riferimento agli artt. 5, 114, 138 e 139 Cost., nonché, con riguardo all'art. 4 della legge stessa, in riferimento all'art. 81 Cost.

La decisone offre alla Corte l'opportunità per precisare che le questioni di interesse della comunità regionale, su cui la Regione può attivare la partecipazione delle popolazioni del proprio territorio tramite referendum consultivo, "possono riguardare anche ambiti che superano i confini delle materie e del territorio regionale, fino a intrecciarsi con la dimensione nazionale (sentenze n. 496 del 2000, n. 470 del 1992, n. 256 del 1989). Tuttavia, l'esistenza di un tale interesse qualificato non abilita la Regione ad assumere iniziative – anche di consultazione popolare – libere nella forma o eccedenti i limiti stabiliti in virtù di previsioni costituzionali". La Corte chiarisce altresì che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione resistente, "è giuridicamente erroneo equiparare il referendum consultivo a un qualsiasi spontaneo esercizio della libertà di manifestazione del pensiero da parte di più cittadini, coordinati tra loro. Il referendum è uno strumento di raccordo tra il popolo e le istituzioni rappresentative, tanto che si rivolge sempre all'intero corpo elettorale (o alla relativa frazione di esso, nel caso di referendum regionali), il quale è chiamato ad esprimersi su un quesito predeterminato. Inoltre, anche quando non produce effetti giuridici immediati sulle fonti del diritto, il referendum assolve alla funzione di avviare, influenzare o contrastare processi decisionali pubblici, per lo più di carattere normativo. Per questo, i referendum popolari, nazionali o regionali, anche quando di natura consultiva, sono istituti tipizzati e debbono svolgersi nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione o stabiliti sulla base di essa".

Come noto, la disciplina dei referendum regionali ha la propria sede nello statuto regionale, secondo quanto previsto dall'art. 123 Cost. Ciascuna Regione può stabilire forme, modi e criteri della partecipazione popolare ai processi di controllo democratico sui propri atti. Come è stato già precisato dalla Corte, la Regione può introdurre tipologie di referendum anche nuove rispetto a quelle previste nella Costituzione (sentenza n. 372 del 2004), e può pure coinvolgere in tali consultazioni anche coloro che non sono titolari del diritto di voto e della cittadinanza italiana (sentenza n. 379 del 2004).

Entrando nel merito del giudizio sulla legge della Regione Veneto 19 giugno 2014, n. 16, essa prevede l'indizione, da parte del Presidente della Giunta regionale, di «un referendum consultivo per conoscere la volontà degli elettori del Veneto sul seguente quesito: "Vuoi che il Veneto diventi una Repubblica indipendente e sovrana? Sì o No?"». A tal proposito la Corte ritiene che tale oggetto non solo riguardi scelte fondamentali di livello costituzionale, come tali precluse ai referendum regionali, ma suggerisca anche "sovvertimenti istituzionali radicalmente incompatibili con i fondamentali principi di unità e indivisibilità della Repubblica, di cui all'art. 5 Cost.". Peraltro, l'unità della Repubblica può configurarsi come uno degli elementi essenziali dell'ordinamento costituzionale da essere sottratti persino al potere di revisione costituzionale (sentenza n. 1146 del 1988).

Infatti, pluralismo e autonomia regionale non possono essere estremizzati fino alla frammentazione dell'ordinamento e non possono – a parere della Corte – "essere invocati a giustificazione di iniziative volte a interpellare gli elettori, sia pure a scopo meramente consultivo, su prospettive di secessione in vista della istituzione di un nuovo soggetto sovrano". Per tali ragioni, la Corte conclude dunque per l'illegittimità delle legge regionale 19 giugno 2014, n. 16, per violazione dell'art. 5 Cost., restando assorbiti gli altri profili.

Con riferimento alla seconda legge impugnata, legge regionale 19 giugno 2014, n. 15, la Corte procede ad alcune differenziazioni. Tale legge prevede lo svolgimento di un «negoziato» tra il Presidente della Giunta regionale e il Governo, allo scopo di «definire il contenuto di un referendum consultivo finalizzato a conoscere la volontà degli elettori del Veneto circa il conseguimento di ulteriori forme di autonomia della Regione del Veneto». Qualora tale negoziato «non giunga a buon fine» si prevede che il Presidente della Giunta sia autorizzato ad indire un referendum consultivo per conoscere la volontà degli elettori del Veneto, in merito a cinque quesiti: «1) "Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?"; 2) "Vuoi che una percentuale non inferiore all'ottanta per cento dei tributi pagati annualmente dai cittadini veneti all'amministrazione centrale venga utilizzata nel territorio regionale in termini di beni e servizi?"; 3) "Vuoi che la Regione mantenga almeno l'ottanta per cento dei tributi riscossi nel territorio regionale?"; 4) "Vuoi che il gettito derivante dalle fonti di finanziamento della Regione non sia soggetto a vincoli di destinazione?"; 5) "Vuoi che la Regione del Veneto diventi una regione a statuto speciale?"».

In relazione a tali quesiti la Corte giunge a conclusioni differenti.

Infatti con riferimento al quesito n. 1, la Corte ritiene che esso sia coerente con le previsioni già contenute nell'art. 116, terzo comma, Cost., collocandosi dunque nel quadro della differenziazione delle autonomie regionali prevista da tale disposizione costituzionale.

La previsione legislazione viene invece dichiarata non conforme a Costituzione con riferimento agli altri quesiti.

I quesiti di cui ai numeri 3) e 2), riguardano la materia tributaria e perciò contrastano con gli artt. 26, comma 4, lettera a), e 27, comma 3, dello statuto, i quali non ammettono referendum consultivi che attengano a leggi tributarie e violano i principi costituzionali in tema di coordinamento della finanza pubblica, nonché del limite delle leggi di bilancio di cui all'art. 75 Cost. (ex plurimis, sentenze n. 6 del 2015, n. 12 del 2014, n. 12 del 1995 e n. 2 del 1994).

Il quesito di cui all'art. 2, comma 1, numero 4), investe il tema dei vincoli di destinazione di cui all'art. 119, quinto comma, Cost., ed incide su obblighi costituzionali, che non possono formare oggetto di referendum regionali. Esso viola anche lo statuto regionale, i cui artt. 26, comma 4, lettera b), e 27, comma 3, dispongono che i referendum regionali siano di tenore tale da rispettare gli «obblighi costituzionali».

Infine, anche il quesito di cui al numero 5), concernente l'inclusione del Veneto tra le Regioni a statuto speciale, incide su scelte fondamentali di livello costituzionale che non possono formare oggetto di referendum regionali, e si pone in irrimediabile in contrasto con i già citati artt. 26, comma 4, lettera b), e 27, comma 3 dello statuto.

Le residue disposizioni della legge regionale 19 giugno 2014, n. 15 – in quanto strumentali alla attuazione del referendum di cui al quesito n. 1 – potranno dunque trovare applicazione solo con riguardo all'unico quesito, del quale non è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale.