Brevi appunti sulla revisione delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale: arriva il processo costituzionale telematico (3/2021)

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Il 3 novembre 2021 sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale[1] le nuove modifiche delle norme integrative relative al processo costituzionale. Questa revisione porta a compimento la più importante e sostanziale riforma realizzata dalla Corte costituzionale nel 2020. Con la deliberazione dell’8 gennaio 2020[2] sono stati regolati, in particolare, gli interventi di terzi (mediante la revisione dell’art. 4 e l’introduzione del 4-bis), l’ammissibilità degli amici curiae (art. 4-ter) e degli esperti interpellabili dalla Corte (art. 14-bis)[3]. La novella recentemente pubblicata segna «un passaggio storico: con le nuove Norme, infatti, il giudizio costituzionale abbandona il vecchio “modello cartaceo” e passa alla totale digitalizzazione degli atti processuali»[4].

 

La revisione introdotta con la delibera del 22 luglio 2021 verte sostanzialmente sull’introduzione del processo costituzionale telematico, le cui regole tecniche di funzionamento sono poi state specificate nel decreto del Presidente della Corte costituzionale datato 28 ottobre 2021, come previsto dall’art. 39 della delibera. La modalità telematica coinvolgerà, a partire dal 3 dicembre, sia i giudizi di costituzionalità incidentali (art. 1), sia quelli in via principale (art. 22), nonché i conflitti di attribuzione (art. 26) e i giudizi di ammissibilità delle richieste di referendum (art. 30). Oltre a ciò vengono introdotte alcune specificazioni circa la natura perentoria dei termini per la costituzione in giudizio delle parti e per il deposito degli atti processuali. Infine, i giudici della Consulta approfittano della revisione per strutturare in modo più organico le novità previste dalla riforma dell’anno scorso, modificando la sistemazione, numerazione e la rubricazione degli articoli. 

Per quanto riguarda l’introduzione delle modalità telematiche all’interno del processo costituzionale, è importante ricordare come la Consulta iniziò a lavorare sul tema già durante la presidenza Lattanzi, il quale istituì un gruppo di lavoro interno al personale della Corte volto a predisporre le basi per l’introduzione dello stesso. Tale processo, che oggi assume effettiva concretezza, rappresenta un passaggio importante, considerando l’orientamento assunto dalla Consulta sul tema. In particolare la Corte si è pronunciata circa la validità della notifica via PEC di un atto del processo costituzionale con la sentenza n. 200 del 2019, a firma dal giudice Morelli. Il giudizio pendente davanti al Palazzo della Consulta concerneva un giudizio di attribuzione avanzato dalla Regione Calabria nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri. In tale tipologia di giudizio le parti, ai sensi del vecchio art. 25, ora art. 27, si devono costituire entro venti giorni dal termine per il deposito del ricorso notificato, deposito che a sua volta deve avvenire entro venti giorni dall’ultima notificazione. La Corte in merito ha evidenziato come, «attesa la specialità dei giudizi innanzi a questa Corte, la modalità della notifica mediante PEC non può, allo stato, ritenersi compatibile – né è stata sin qui mai utilizzata – per la notifica dei ricorsi in via principale o per conflitto di attribuzione. Ragion per cui non opera, a tal fine, il rinvio dinamico disposto dall’art. 22, primo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) alle “norme del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale” − e ora a quelle del codice del processo amministrativo, approvato dall’art. 1 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo) − nel contesto delle quali la notifica a mezzo PEC è consentita».

La Corte si è dunque recentemente espressa contro l’applicabilità della notificazione a mezzo PEC, pur prevista dal Codice del processo amministrativo al quale rinvia l’art. 22 della legge n. 87/1953, all’interno di un processo costituzionale. La decisione, ricostruiva correttamente la dottrina[5], «sembra esigere dunque che debba essere previamente introdotto il c.d. processo costituzionale telematico al fine di ritenere applicabile nel giudizio costituzionale la notificazione a mezzo PEC», cosa effettivamente avvenuta con la delibera del 22 luglio e il conseguente decreto del Presidente di questo ottobre. La piattaforma e-Cost, raggiungibile a partire dal 3 dicembre all'indirizzo https://ecost.cortecostituzionale.it, segnerà la nascita effettiva del processo costituzionale telematico. Quest’ultima revisione delle norme integrative permette al processo costituzionale di allinearsi, almeno nelle modalità tecniche, alle altre tipologie di giurisdizione, aggiungendo un ulteriore importante tassello all’ampia sfida del processo telematico.

Il secondo elemento degno di nota, oltre alla mera riformulazione di alcuni articoli e alla sistematizzazione della numerazione e rubricazione, riguarda infine la specificazione della natura perentoria dei termini processuali indicati all’artt. 3 (costituzione delle parti), 4 (intervento in giudizio), 6 (intervento amici curiae), 26 (ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato), 27 (ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri fra Stato e Regioni). Questa modifica non costituisce una novità: la Corte si è limitata a saldare nel diritto positivo un consolidato orientamento giurisprudenziale, ribadito anche recentemente in riferimento ai diversi tipi di giudizio[6].

Le altre modifiche apportate al testo delle Norme integrative riguardano, infine, l’eliminazione della figura del giudice per l’istruzione, che nella nuova formulazione è ricondotto al giudice relatore[7]. Infine, all’art. 34 viene poi prevista la futura emanazione di un decreto del Presidente della Corte volto a stabilire i criteri e le modalità di pubblicazione e diffusione degli atti di promovimento e delle decisioni della Consulta al fine di garantire il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali. 

[1] Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 262 del 03 novembre 2021.

[2] Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, Serie Generale, n. 17 del 22 gennaio 2020.

[3] Si veda in particolare G.L. Conti, La Corte costituzionale si apre (non solo) alla società civile. Appunti sulle modifiche apportate dalla Corte costituzionale alle norme integrative, 8 gennaio 2020, in Osservatorio sulle fonti, n. 1/2020 e C. Masciotta, Note a margine delle nuove norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, in Osservatorio sulle fonti, n. 1/2020. Si veda inoltre A. Pugiotto, Le nuove norme integrative della Corte costituzionale allo stato nascente, in Rivista Aic, n. 2/2020 e M. Lucian, L’incognita delle nuove norme integrative, in Rivista Aic, n. 2/2020. Sull’attuazione un anno dopo si vede invece A. Amato, Amici … a metà. Primo bilancio dell’“ingresso” degli Amici curiae nel giudizio di costituzionalità, in Consultaonline, 18 ottobre 2021. 

[4] Così il comunicato stampa della Corte costituzionale del 3 novembre. 

[5] R. Gargiulo, Il processo costituzionale telematico: prospettive, in Consultaonline, 06 maggio 2020

[6] Per quanto riguarda il giudizio di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, si veda in particolare l’ordinanza n. 40/2021, secondo la quale il termine di deposito degli atti « al pari di quello per la notificazione del ricorso e della relativa ordinanza di ammissibilità - ha carattere perentorio e deve essere osservato a pena di decadenza, perché da esso decorre l'intera catena degli ulteriori termini stabiliti per la prosecuzione del giudizio, con la fase procedurale destinata a concludersi con la decisione definitiva sul merito (ex plurimis, sentenze n. 88 del 2005 e n. 172 del 2002 ed ordinanze n. 27 del 2021, n. 57 del 2017, n. 211 e n. 168 del 2015, n. 185 del 2014, n. 23 del 2012, n. 317 del 2011, n. 41 del 2010, n. 188 del 2009, n. 430 del 2008, n. 253 del 2007 e n. 304 del 2006)». Con riferimento al ricorso incidentale si veda, ex multis, la pronuncia n. 135/2020, che, richiamando le sentenze n. 6 del 2018, n. 102 del 2016, n. 220 del 2014, n. 128 del 2014; ordinanza allegata alla sentenza n. 173 del 2016, qualifica come perentori i termini ex art. 3 delle Norme integrative. In riferimento al giudizio costituzionale in via incidentale si veda l’ordinanza n. 40/2020, che qualifica come perentorio sia il termine per la costituzione delle parti (ex plurimis, sentenze n. 132 e n. 126 del 2018), sia per il deposito degli atti (ex plurimis, sentenze n. 254, n. 239 e n. 106 del 2019).

[7] La figura del giudice per l’istruzione, pur rimanendo presente all’interno della rubrica dell’art. 9, non compare nel testo delle Norme integrative così come modificate. Si veda in particolare l’art. 11 (Convocazione della Corte in camera di consiglio) e l’art. 15 (Assunzione dei mezzi di prova).