UE - Direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI (

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La direttiva 2011/36/UE (in G.U.U.E. L 101 del 15/04/2011, p. 1-11) enuncia norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di tratta di esseri umani, nonché disposizioni volte a rafforzare la prevenzione di tale reato e la protezione delle vittime (art. 1).

Gli Stati membri devono adottare le misure necessarie affinché siano punibili, in presenza di dolo, il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’alloggio o l’accoglienza di persone, compreso il passaggio o il trasferimento dell’autorità su queste persone, con la minaccia dell’uso o con l’uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, la frode, l’inganno, l’abuso di potere o della posizione di vulnerabilità o con l’offerta o l’accettazione di somme di denaro o di vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra, a fini di sfruttamento (art. 2, par. 1). In presenza di tali mezzi di coercizione, il consenso della vittima è irrilevante (art. 2, par. 4). Tuttavia, se le condotte di cui sopra coinvolgono dei minori (da leggersi come le persone minori di anni 18, cfr. art. 2, par. 6), le stesse condotte devono essere punite come reato di tratta di esseri umani pur in assenza dei mezzi di coercizione elencati (art. 2, par. 5). Ai sensi della direttiva, per «posizione di vulnerabilità» si intende la situazione in cui la persona non ha altra scelta effettiva ed accettabile se non cedere all’abuso di cui è vittima (art. 2, par. 2), mentre lo «sfruttamento» è da intendersi comprensivo, come minimo,  dello sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, compreso l’accattonaggio, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù, lo sfruttamento di attività illecite o il prelievo di organi (art. 2, par. 3). In particolare, gli Stati membri devono prevedere, per i reati di cui all'articolo 2, una pena massima consistente nella reclusione per un periodo non inferiore a cinque anni (art. 4, par. 1), ovvero non inferiore a dieci anni in presenza delle circostanze di cui all'art. 4, par. 2 (ossia, il fatto che il reato sia stato nei confronti di una vittima particolarmente vulnerabile, ovvero nel contesto di un’organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro 2008/841/GAI relativa alla lotta contro la criminalità organizzata, ovvero se il reato ha messo in pericolo la vita della vittima intenzionalmente o per colpa grave oppure è stato commesso ricorrendo a violenze gravi o ha causato alla vittima un pregiudizio particolarmente grave). Inoltre, gli Stati membri devono adottare le misure necessarie affinché siano puniti con pene effettive, proporzionate e dissuasive, che possono dar luogo a consegna, l’istigazione, il favoreggiamento e il concorso o il tentativo nella commissione dei reati di cui sopra (cfr. artt. 3 e 4, par. 4). Alcune disposizioni specifiche riguardano la responsabilità delle persone giuridiche per i reati di tratta di esseri umani e le pene ad esse applicabili (v. artt. 5 e 6).
 

Sotto il profilo procedurale, la direttiva esige che gli Stati membri adottino le misure necessarie, conformemente ai principi fondamentali dei loro ordinamenti giuridici, per conferire alle autorità nazionali competenti il potere di non perseguire né imporre sanzioni penali alle vittime della tratta di esseri umani coinvolte in attività criminali che sono state costrette a compiere come conseguenza diretta di uno degli atti di cui all’articolo 2 (art. 8). Parimenti, devono essere adottate, a livello nazionale, le misure necessarie affinché le indagini o l’azione penale relative ai reati di cui agli articoli 2 e 3 non siano subordinate alla querela, alla denuncia o all’accusa formulate da una vittima e il procedimento penale possa continuare anche se la vittima ritratta una propria dichiarazione (art. 9). Per quanto riguarda la giurisdizione sui reati di tratta, l'art. 10 prevede che gli Stati membri devono adottare le misure necessarie a stabilire la propria giurisdizione per i reati di cui agli articoli 2 e 3 quando il reato è stato commesso interamente o parzialmente sul suo territorio oppure l’autore del reato è un cittadino dello Stato in questione. E' fatta salva la possibilità di stabilire la giurisdizione in casi ulteriori, ma di tale estensione deve essere informata la Commissione. Infine, sono previste alcune disposizioni in materia di assistenza e sostegno alle vittime di reati di tratta di esseri umani (art. 11), nonché di tutela delle stesse nelle indagini e nei procedimenti penali (art. 12). Queste ultime si aggiungono alle garanzie previste in favore delle vittime vulnerabili all'interno dei procedimenti penali dalla decisione quadro 2001/220/CE. Disposizioni specifiche riguardano l'assistenza, il sostegno e la tutela dei minori (v. artt. 13-16).

Il termine entro il quale gli Stati membri devono conformarsi alla direttiva è il 6 aprile 2013.