Raccordi parlamentari Italia-UE nei procedimenti normativi (3/2011)

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Introduzione

1. La nuova rubrica che si inaugura in questo numero dell’Osservatorio sulle fonti si propone di segnalare periodicamente i più rilevanti atti di raccordo tra l’Italia e l’Unione europea resi dalla Camera dei deputati e dal Senato della Repubblica nell’ambito di procedimenti volti all’adozione di atti normativi dell’Unione europea, dando anche conto del “seguito” di tali atti in sede di Unione europea. La rubrica si propone altresì di esaminare gli atti parlamentari e le novità normative che venissero eventualmente adottate in sede interna o di Unione europea aventi ad oggetto la disciplina procedimentale di siffatti strumenti di raccordo.

 

L’art. 12 del Trattato sull’Unione europea, così come modificato dal Trattato di Lisbona, riconosce oggi in capo ai Parlamenti nazionali una serie di prerogative di natura collaborativa tali da rendere questi ultimi protagonisti a pieno titolo dei procedimenti normativi dell’Unione europea. In particolare, assumono rilievo gli obblighi in capo agli organi dell’Unione di informazione nei confronti dei Parlamenti nazionali e la possibilità di questi ultimi di esercitare un controllo sulla conformità dei progetti di atti legislativi in relazione al principio di sussidiarietà, secondo le discipline rispettivamente contenute nel Protocollo n. 1 e nel Protocollo n. 2 annessi al Trattato di Lisbona. Accanto alle procedure attraverso le quali i Parlamenti nazionali esercitano tali prerogative, assume poi oggi un ruolo centrale (anche dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, come si precisa nella lettera inviata dal Presidente della Commissione europea Barroso ai presidenti dei Parlamenti nazionali il 1° dicembre 2009, disciplinante peraltro le modalità operative del controllo di sussidiarietà) la procedura del c.d. “dialogo politico”. Attraverso tale procedura, già ai sensi della comunicazione del maggio 2006 COM(2006)211, la Commissione europea si era impegnata a trasmettere tutte le proposte legislative e i documenti di consultazione direttamente ai Parlamenti nazionali, chiedendo a questi di inviare osservazioni e pareri alla Commissione (ampliando così sia l’oggetto dell’intervento dei Parlamenti nazionali, non ristretto ai soli progetti di atti legislativi, sia il parametro dell’intervento medesimo, non limitato unicamente al rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità).

Nell’ordinamento italiano le norme di attuazione di tali procedure sono state introdotte, oltre che attraverso alcune modifiche alla l. n. 11/05 apportate dalla l. 4 giugno 2010, n. 96, principalmente mediante alcune pronunce interne degli organi parlamentari: alla Camera attraverso i Pareri della Giunta per il regolamento del 6 ottobre 2009 (sul quale A. Esposito, Il trattato di Lisbona e il nuovo ruolo costituzionale dei Parlamenti nazionali: le prospettiva del Parlamento italiano, in Rass. parl., 2009, p. 1162 ss.) e del 14 luglio 2010; al Senato attraverso la Lettera del Presidente del Senato del 1° dicembre 2009 (sulla quale cfr. D.A. Capuano, Il Senato e l’attuazione del trattato di Lisbona, tra controllo di sussidiarietà e dialogo politico con la Commissione europea). Pur non mancando proposte volte alla modifica della legislazione e dei regolamenti parlamentari vigenti (sulle quali cfr. C. Fasone, Sulle proposte volte ad adeguare la legge n. 11 del 2005 e i regolamenti parlamentari al Trattato di Lisbona), in Italia sembra essersi dunque data sinora una lettura «in chiave minimalista» (così N. Lupo, Qualcosa incomincia a muoversi sul fronte delle modifiche ai regolamenti parlamentari?) dei mutamenti che parrebbero invece necessari per adeguare l’ordinamento alle novità di cui al Trattato di Lisbona (sul tema cfr. in particolare C. Fasone, Quale è la fonte più idonea a recepire le novità del Trattato di Lisbona sui Parlamenti nazionali? e N. Lupo, L’adeguamento del sistema istituzionale italiano al trattato di Lisbona. Osservazioni sui disegni di legge di riforma della legge n. 11 del 2005, in Astrid Rassegna, www.astrid.eu, 18 luglio 2011). Basti pensare al fatto che nella disciplina introdotta per adeguare l’ordinamento italiano alle novità del Trattato di Lisbona non figura, al momento, alcuno strumento di coinvolgimento delle assemblee regionali nelle procedure di collegamento con gli organismi comunitari (sul punto, cfr. G. Rivosecchi, La riforma dei regolamenti parlamentari dopo il Trattato di Lisbona: un’occasione mancata), sebbene l’art. 6 del Protocollo n. 2 al Trattato di Lisbona disponga che «spetta a ciascun Parlamento nazionale o a ciascuna Camera dei parlamenti nazionali consultare all’occorrenza i Parlamenti regionali dotati di poteri legislativi».

2. Trattandosi del primo numero della rubrica, si è scelto di dare conto anche del pregresso e di segnalare i casi più significativi emersi dal 1° dicembre 2009 (data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona) ad oggi. In particolare, da un lato, si segnalano gli atti parlamentari di raccordo (ovvero i casi di “seguito” di questi ultimi in sede di Unione europea) che sono parsi rilevanti dal punto di vista del controllo sulla sussidiarietà o comunque delle valutazioni di merito espresse; dall’altro, si dà conto dei documenti finali della Camera e delle risoluzioni del Senato approvati nel 2010 e nel 2011 sulla Relazione annuale sui rapporti tra la Commissione europea e i Parlamenti nazionali per l’anno 2009 e per l’anno 2010, dai quali emergono una serie di profili procedimentali problematici generali evidenziati dalle Camere concernenti i raccordi parlamentari tra l’Italia e la Commissione europea.

3. In particolare, sul caso più rilevante tra quelli segnalati in questo numero della Rubrica, si pubblica il commento di C. Fasone, La cooperazione rafforzata in materia di brevetto europeo: un difficile test per il coinvolgimento dei Parlamenti nel processo decisionale europeo.