Panoramica sulle procedure di infrazione aperte nei confronti dell'Italia (1/2012)

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(aggiornato al 29 febbraio 2012)

A seguito della recente entrata in vigore del Trattato di Lisbona si rende necessario procedere ad un aggiornamento della consueta informazione relativa al funzionamento della procedura di infrazione: oltre ai cambiamenti relativi alla numerazione delle disposizioni del Trattato rilevanti, si deve dare conto anche di una novità di ordine sostanziale.

La procedura d'infrazione è volta a rilevare eventuali inadempimenti da parte degli Stati di obblighi ad essi imposti dal diritto dell'Unione europea; essa è disciplinata dagli artt. 258 -260 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea (TFUE). I ricorsi possono essere proposti dalla Commissione (art. 258 TFUE) oppure da un altro Stato membro (art. 259 TFUE); tuttavia, ad oggi questa seconda ipotesi si è verificata in pochissimi casi. Nell'ipotesi più frequente, è la Commissione che dà avvio alla procedura, spesso sulla base di segnalazioni provenienti da persone fisiche o giuridiche; la Commissione non ha tuttavia un obbligo di dare seguito ad ogni segnalazione e, infatti, nella prassi essa procede solo nel caso di violazioni ritenute sostanziali. La prima fase – definita «precontenziosa» – della procedura si apre con l'invio allo Stato membro ritenuto inadempiente di una lettera detta di «intimazione» o di «addebito»; lo Stato interessato ha due mesi di tempo per presentare delle osservazioni (art. 258.1 TFUE). Valutate tali osservazioni ovvero decorso vanamente il termine per la loro presentazione, la Commissione può inviare un parere motivato allo Stato in questione, indicando le misure che lo stesso dovrebbe adottare per porre fine all'inadempimento e assegnando un termine entro il quale provvedere (art. 258.1 TFUE). Ove il parere sia emesso, se lo Stato non si conforma ad esso nel termine fissato dalla Commissione, quest'ultima può deferire il caso alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, avviando in tal modo la fase contenziosa della procedura (art. 258.2 TFUE). Se la Corte di Giustizia riconosce che lo Stato membro in questione ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti, tale Stato è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza della Corte di giustizia comporta (art. 260.1 TFUE).

Qualora, a seguito della sentenza, la Commissione constati che lo Stato membro in questione non abbia preso detti provvedimenti, la stessa, dopo aver dato a tale Stato la possibilità di presentare le sue osservazioni, può formulare un parere motivato che precisa i punti sui quali lo Stato membro in questione non si è conformato alla sentenza (art. 260.2 TFUE). Il Trattato di Lisbona ha tuttavia previsto la possibilità per la Commissione di adire in tal caso direttamente la Corte di giustizia dopo aver messo lo Stato membro nelle condizioni di presentare le proprie osservazioni, senza necessità di emettere previamente il parere motivato (260.2 TFUE). In questa azione la Commissione precisa l'importo della somma forfetaria o della penalità, da versare da parte dello Stato membro in questione, che consideri adeguato alle circostanze. Un'ulteriore novità prevista dal Trattato di Lisbona consiste nella possibilità di comminare la sanzione pecuniaria già nel caso del ricorso per inadempimento qualora tale inadempimento consista nell'omessa comunicazione, da parte di uno Stato membro, delle «misure di attuazione di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa» (art. 260.3 TFUE). 

I provvedimenti della Commissione sono di seguito ordinati in base alla seduta di adozione e suddivisi per tipo. Si segnala, in riferimento alla seduta del 03.06.2010, la messa in mora supplementare (ex art. 260 TFUE) nel procedimento 2005/2114, in materia di parità di trattamento tra uomini e donne nel pubblico impiego. Con sentenza del 13 novembre 2008, C-46/07 (in questa Rubrica, n. 1/2009, scheda n. 26), la Corte di giustizia ha dichiarato che la Repubblica italiana, mantenendo in vigore una normativa in base alla quale i dipendenti pubblici maturano il diritto alla percezione della pensione di vecchiaia ad età diverse in base al sesso, è venuta meno all'obbligo di rispettare la parità di trattamento tra uomini e donne nel pubblico impiego di cui all'art. 141 TCE, ora art. 157 TFUE. L'avvio della seconda procedura di infrazione fa seguito al mancato adeguamento dell'ordinamento italiano agli obblighi derivanti da tale sentenza. 

Di seguito, si riporta una sintetica panoramica delle procedure d'infrazione pendenti nei confronti dell'Italia, suddivise per stadio, con aggiornamento alla seduta del 30 gennaio 2012. Chiudono la sezione le pronunce rese nei procedimenti di infrazione a carico dell'Italia nel periodo considerato. E' da notare, in particolare, la sentenza del 24 novembre 2011, nella causa C-379/10, nella quale la Corte ha dichiarato che l'Italia, limitando la responsabilità degli organi giurisdizionali di ultima istanza per violazione del diritto dell'Unione ai soli casi di dolo o colpa grave, è venuta meno ai propri obblighi derivanti dal diritto dell'Unione. Si fa notare, in particolare, la sentenza del 24 novembre 2011, nella causa C-379/10, nella quale la Corte di giustizia ha dichiarato che l'Italia, limitando la responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell'Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado ai soli casi di dolo o colpa grave, l'Italia è venuta meno ai propri obblighi derivanti dal diritto dell'Unione. 

 


 

Seduta del 30.01.2012

Messe in mora ex art. 258 TFUE 

 

Seduta del 26.01.2012

Pareri motivati ex art. 258 TFUE

Messe in mora ex art. 258 TFUE

Pareri motivati supplementari ex art. 258 TFUE

 

Seduta del 25.11.2011

Messe in mora ex art. 258 TFUE

 

Seduta del 24.11.2011 

Pareri motivati ex art. 258 TFUE

Messe in mora ex art. 258 TFUE

 

Messe in mora supplementari ex art. 258 TFUE 

Ricorsi alla Corte di giustizia ex art. 258 TFUE

 

Seduta del 27.10.2011

Pareri motivati ex art. 258 TFUE

Messe in mora ex art. 258 TFUE

Ricorsi alla Corte di giustizia ex art. 258 TFUE 

Pareri motivati supplementari ex art. 258 TFUE

Messe in mora supplementari ex art. 258 TFUE

 

Sentenze della Corte di giustizia in procedimenti di infrazione nei confronti dell'Italia, emesse nel periodo considerato

Oggetto: Principio generale della responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell'Unione da parte di un loro organo giurisdizionale di ultimo grado - Esclusione di qualsiasi responsabilità dello Stato per interpretazione delle norme di diritto o per valutazione di fatti e prove da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado - Limitazione, da parte del legislatore nazionale, della responsabilità dello Stato ai casi di dolo o colpa grave dell'organo giurisdizionale medesimo.

La Corte di giustizia ha dichiarato che l'Italia, escludendo qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell'Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, qualora tale violazione risulti da interpretazione di norme di diritto o da valutazione di fatti e prove effettuate dall'organo giurisdizionale medesimo, e limitando tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave, ai sensi dell'art. 2, commi 1 e 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, sul risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell'Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado.

Oggetto: Sentenza della Corte che accerta un inadempimento - Mancata esecuzione - Art. 228 CE - Sanzioni pecuniarie. 

La Corte di giustizia ha dichiarato che la Repubblica italiana, non avendo adottato, entro il termine impartito nel parere motivato emesso il 1° febbraio 2008 dalla Commissione ai sensi dell'art. 228 CE, tutti i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza 1° aprile 2004, causa C-99/02, Commissione c. Italia, avente ad oggetto il recupero presso i beneficiari degli aiuti che, ai sensi della decisione della Commissione 11 maggio 1999, 2000/128/CE, relativa al regime di aiuti concessi dall'Italia per interventi a favore dell'occupazione, sono stati giudicati illegali e incompatibili con il mercato comune, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza di tale decisione e dell'art. 228, n. 1, CE. Pertanto, la Corte di giustizia ha condannato l'Italia a versare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie dell'Unione europea», una penalità di importo corrispondente alla moltiplicazione dell'importo di base di EUR 30 milioni per la percentuale degli aiuti illegali incompatibili il cui recupero non è ancora stato effettuato o non è stato dimostrato al termine del periodo di cui trattasi, calcolata rispetto alla totalità degli importi non ancora recuperati alla data della pronuncia della presente sentenza, per ogni semestre di ritardo nell'attuazione dei provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza 1° aprile 2004, causa C-99/02, Commissione c. Italia, a decorrere dalla presente sentenza e fino all'esecuzione di detta sentenza 1° aprile 2004. 

Oggetto: Aiuti di Stato - Aiuto a favore della New Interline SpA - Recupero.

La Corte di giustizia ha dichiarato che l'Italia, non avendo adottato, nei termini stabiliti, tutti i provvedimenti necessari a garantire l'esecuzione della decisione della Commissione 16 aprile 2008, 2008/697/CE, relativa all'aiuto di Stato C 13/07 (ex NN 15/06 e N 734/06) cui l'Italia ha dato esecuzione a favore di New Interline, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 249, quarto comma, CE, nonché 2 e 3 della suddetta decisione.