UE - la sentenza della Corte di giustizia nella causa C-283/11, Sky Österreich (1/2013)

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La regolamentazione del diritto di accesso delle emittenti televisive a eventi di grande interesse pubblico trasmessi in esclusiva da un’altra emittente, ai fini della realizzazione di brevi estratti di cronaca, non viola gli artt. 16 e 17 della Carta [1]

L’art. 15, par. 1, della direttiva 2010/13/UE (cd. direttiva Servizi di media audiovisivi)[2] impone agli Stati membri di provvedere affinché ogni emittente stabilita nell’Unione abbia accesso, ai fini della realizzazione di brevi estratti di cronaca, a eventi di grande interesse pubblico trasmessi in esclusiva da un’emittente soggetta alla loro giurisdizione. Tale accesso deve poter avvenire a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie. Al par. 6, si precisa che, qualora sia previsto un compenso, questo non deve superare i costi supplementari direttamente sostenuti per la fornitura dell’accesso.

La compatibilità di quest’ultima direttiva con gli artt. 16 e 17 della Carta, relativi, rispettivamente, alla libertà d’impresa e al diritto di proprietà, è stata messa in discussione nell’ambito di una controversia tra la Sky Österreich GmbH, titolare dei diritti di esclusiva per la trasmissione nel territorio austriaco di alcune partite dell’UEFA Europa League per le stagioni dal 2009/2010 al 2011/2012, e l’Österreichischer Rundfunk, una fondazione di diritto pubblico austriaco avente lo scopo di proporre programmi di radiodiffusione sonora e televisiva e offerte in linea relative a tali programmi. L’11 settembre 2009, Sky e l’ORF concludevano un accordo con il quale la prima concedeva al secondo il diritto di realizzare brevi estratti di cronaca, dietro un pagamento di 700 Euro al minuto. Successivamente, l’ORF chiedeva al Kommunikationsbehörde (l’autorità austriaca di regolamentazione in materia di comunicazione) di dichiarare che esso non era tenuto a corrispondere a Sky un compenso superiore ai costi supplementari direttamente sostenuti per la fornitura dell’accesso. La domanda veniva accolta, e l’autorità austriaca stabiliva anche che nella fattispecie i costi sostenuti per consentire l’accesso erano pari a zero. Tale decisione veniva impugnata davanti al Bundeskommunikationssenat (il Consiglio superiore federale per la comunicazione in Austria). Quest’ultimo, nutrendo dubbi sulla compatibilità dell’art. 15, par. 6 della direttiva 2010/13/UE con gli artt. 16 e 17 della Carta, decideva di interrogare al riguardo la Corte di giustizia tramite il meccanismo del rinvio pregiudiziale. In sostanza, alla Corte era chiesto di stabilire se la circostanza che quella disposizione limiti il compenso ai costi supplementari direttamente sostenuti per la fornitura dell’accesso costituisca o meno una violazione giustificata della libertà d’impresa e del diritto di proprietà delle emittenti televisive detentrici di diritti di esclusiva per la trasmissione di detti eventi.

La Corte di giustizia ha risposto in modo negativo, confermando la validità della disciplina prevista dalla direttiva, per le ragioni che brevemente si espongono.

In via preliminare, la Corte ha confermato la natura di «organo giurisdizionale» ai sensi dell’art. 267 TFUE del Bundeskommunikationssenat, questione peraltro già affrontata - e risolta in modo positivo - nella sentenza del 18 ottobre 2007, causa C-195/06, Österreichischer Rundfunk [2007], in Raccolta, I‑8817. Pertanto, la Corte ha dichiarato ricevibile il ricorso.

Quanto al merito, è stato dapprima esaminato il profilo della compatibilità dell’art. 15, par. 6, della direttiva 2010/13/UE con l’art. 17 della Carta. Questa disposizione, rubricata ‘Diritto di proprietà’, al primo paragrafo recita: «[o]gni persona ha il diritto di godere della proprietà dei beni che ha acquisito legalmente, di usarli, di disporne e di lasciarli in eredità. Nessuna persona può essere privata della proprietà se non per causa di pubblico interesse, nei casi e nei modi previsti dalla legge e contro il pagamento in tempo utile di una giusta indennità per la perdita della stessa. L'uso dei beni può essere regolato dalla legge nei limiti imposti dall'interesse generale». Dalle Spiegazioni risulta che questa disposizione corrisponde all'art. 1 del protocollo addizionale alla CEDU,[3] e pertanto il suo significato, la sua portata e le limitazioni ammesse sono le stesse previste per il corrispondente diritto della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.[4]

La Corte ha innanzitutto affermato che la tutela attribuita dall’art. 17, par. 1, della Carta «non verte su semplici interessi o opportunità di carattere commerciale, il cui carattere aleatorio è inerente alla natura stessa delle attività economiche, bensì su diritti aventi valore patrimoniale da cui deriva, con riguardo all’ordinamento giuridico, una posizione giuridica acquisita che consente l’esercizio autonomo di tali diritti da parte e a favore del suo titolare» (par. 34). Ad avviso della Corte, i diritti di esclusiva della Sky devono essere considerati come dotati di valore patrimoniale, ma tuttavia non idonei, nel caso di specie, a conferire una posizione giuridica acquisita e quindi tutelabile ai sensi dell’art. 17, par. 1, della Carta. Ciò in quanto la disciplina oggetto della controversia è stata introdotta per la prima volta dalla direttiva 2007/65/CE,[5] che ha codificato la previgente direttiva 89/552/CEE,[6] ed è entrata in vigore il 19 dicembre 2007. Pertanto, «un operatore economico, quale la Sky, che abbia contrattualmente acquisito, successivamente [a quella data], diritti esclusivi di trasmissione televisiva, nella specie il 21 agosto 2009, non può legittimamente far valere, con riguardo al diritto dell’Unione, una posizione giuridica acquisita, tutelata dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta, laddove gli Stati membri erano obbligati a procedere alla trasposizione della direttiva medesima, trasposizione che poteva essere effettuata in qualsiasi momento ma doveva, in ogni caso, essere realizzata entro e non oltre il 19 dicembre 2009» (par. 39). Se si interpreta correttamente quanto affermato dalla Corte, dal momento dell’entrata in vigore della direttiva 2007/65/CE, e a prescindere dall’avvenuta trasposizione della stessa a livello nazionale, Sky doveva conoscere la norma sul compenso del diritto di accesso per brevi estratti di cronaca e prevedere le modifiche normative resesi necessarie. Di conseguenza, non può far valere di aver acquisito una posizione giuridica tutelabile ai sensi dell’art. 17, par. 1, della Carta, sulla base di una clausola contrattuale posta in essere dopo l’entrata in vigore della direttiva e di contenuto contrastante con la disciplina posta dalla stessa.

Dopo aver confermato la compatibilità dell’art. 15, par. 6, della direttiva 2010/13/UE rispetto all’art. 17 della Carta, la Corte è passata ad esaminarne la validità alla luce dell’art. 16 della stessa. Questa disposizione, rubricata ‘Libertà di impresa’ recita che «[è] riconosciuta la libertà d'impresa, conformemente al diritto dell'Unione e alle legislazioni e prassi nazionali». La Corte, facendo riferimento sia alle Spiegazioni che alla sua giurisprudenza pre-Lisbona (peraltro richiamata anche dalle stesse), ha precisato che tale libertà «implica la libertà di esercitare un’attività economica o commerciale, la libertà contrattuale e la libera concorrenza» e «comprende, in particolare, la libera scelta della controparte economica, nonché la libertà di determinare il prezzo di una prestazione» (paragrafi 42 e 43). Poiché, la disciplina di cui all’art. 15, par. 6, della direttiva 2010/13/UE, non consente al titolare di diritti di esclusiva di scegliere le emittenti televisive a cui concedere l’accesso ai fini della realizzazione di brevi estratti, né il compenso dell’accesso, sussiste un’ingerenza nella libertà di impresa di cui all’art. 16 della Carta (par. 44).

Dopo aver ricordato che quella libertà non costituisce, comunque, una prerogativa assoluta, la Corte ha proceduto ad esaminare la proporzionalità dell’ingerenza, alla luce dell’art. 52, par. 1, della Carta. Questa disposizione recita, infatti, che «[e]ventuali limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla presente Carta devono essere previste dalla legge e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui». Da notare la precisazione della Corte per cui, «in considerazione del tenore dell’articolo 16 della Carta, che si distingue da quello relativo alle altre libertà fondamentali sancite nel titolo II della stessa pur essendo simile a quello di talune disposizioni del successivo titolo IV, la libertà d’impresa può essere soggetta ad un ampio ventaglio di interventi dei poteri pubblici suscettibili di stabilire, nell’interesse generale, limiti all’esercizio dell’attività economica» (paragrafi 46 e 47).

Tanto premesso, la Corte ha escluso che la limitazione di cui all’art. 15, par. 6, della direttiva incida sul contenuto essenziale della libertà di impresa, dal momento che «non impedisce l’esercizio dell’attività imprenditoriale stessa da parte del titolare di diritti esclusivi di trasmissione televisiva [e] non esclude che il titolare medesimo possa sfruttare i propri diritti effettuando egli stesso, a titolo oneroso, la ritrasmissione dell’evento di cui trattasi o, ancora, cedendo contrattualmente tale diritto, a titolo oneroso, ad un’altra emittente televisiva o a qualsivoglia altro operatore economico» (par. 49). La Corte ha poi rilevato che la disciplina controversa mira a salvaguardare la libertà fondamentale di ricevere informazioni e a promuovere il pluralismo nell’informazione. Tali finalità trovano tutela nell’art. 11 della Carta e costituiscono obiettivi generali idonei a giustificare limitazioni di altri diritti fondamentali, ai sensi dell’art. 52, par. 1, della Carta (paragrafi 51 e 52). Successivamente, la Corte ha ritenuto che la disciplina di cui all’art. 15, par. 6, della direttiva è idonea a perseguire le finalità menzionate, é necessaria a tali fini - poiché una disciplina restrittiva non garantirebbe la realizzazione di quegli obiettivi -, e non presenta un carattere sproporzionato.

A questo proposito, la Corte ha precisato che «il legislatore dell’Unione doveva procedere alla ponderazione, da un lato, della libertà d’impresa e, dall’altro, della libertà fondamentale dei cittadini dell’Unione di ricevere informazioni, della libertà nonché del pluralismo dei media», ed ha ricordato la sua costante giurisprudenza secondo cui, «[q]ualora più diritti e libertà fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico dell’Unione siano in discussione, la valutazione dell’eventuale carattere sproporzionato di una disposizione del diritto dell’Unione dev’essere effettuata nel rispetto della necessaria conciliazione tra i requisiti connessi alla tutela di questi diversi diritti e libertà e di un giusto equilibrio tra di essi» (paragrafi 59 e 60; si veda anche al sentenza del 29 gennaio 2008, causa C-275/06, Promusicae [2008], in Raccolta, I‑271, paragrafi 65 e 66). La Corte ha dunque individuato vari elementi dai quali, a suo avviso, emerge la correttezza del bilanciamento effettuato dal legislatore dell’Unione, quali, ad esempio, il fatto che i brevi estratti di cronaca relativi all’evento oggetto di ritrasmissione esclusiva possono essere realizzati unicamente per notiziari di carattere generale, oppure la previsione secondo cui le emittenti televisive che realizzano tali brevi estratti di cronaca devono indicare la fonte degli stessi, «il che può produrre un effetto pubblicitario positivo nei confronti del titolare dei diritti esclusivi di trasmissione televisiva di cui trattasi» (si vedano i paragrafi da 61 a 67).

Per tali motivi, la Corte ha concluso nel senso della compatibilità dell’art. 15, par. 6, della direttiva 2010/13/UE anche con l’art. 16 della Carta.

 

N.L. 



[1] http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62011CJ0283:IT:HTML 

[2] Direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 10 marzo 2010, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, G.U. 2010 L 95, p. 1 ss., e rettifica G.U. 2010 L 263, p. 15. 

[3] Si vedano le spiegazioni relative agli artt. 17 e 52(3) CFR. 

[4] L’art. 52(3) CFR recita che «[l]addove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione. La presente disposizione non preclude che il diritto dell'Unione conceda una protezione più estesa». 

[5] G.U. 2007 L 332, p. 27 ss. 

[6] G.U. 1989 L 298, p. 23 ss.