Corecom: brevi note di aggiornamento dopo le recenti politiche di spending review (1/2013)

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La delicata contingente situazione finanziaria a tutti nota ha comportato la necessità di adottare una serie di misure di razionalizzazione tanto a livello statale tanto a livello regionale.

In particolare, proprio a livello regionale è stata adottata - e continua tuttora ad essere adottata - da molti Consigli e Giunte regionali una dura politica di spending review, la quale ha l'obiettivo di incidere, riducendoli, su quelli che sono i costi del Comitato regionale per le comunicazioni (Corecom).

Prima, però, di considerare questo aspetto, si ritiene necessario premettere brevemente quella che è stata la genesi e l'evoluzione di tale organismo nonché quella che è la sua funzione.

1. Corecom: genesi, disciplina e funzioni

I Corecom svolgono, come noto, un ruolo di governo, di garanzia e di controllo del sistema delle comunicazioni sul territorio regionale.

Essi nascono ad opera del legislatore del 1997 (l. n. 249/1997, meglio nota come legge Maccanico), ma hanno alle spalle una lunga esperienza, nel corso della quale, in vario modo, ha preso forma il tentativo di coinvolgere le Regioni nel settore delle comunicazioni e dell'informazione, sebbene in base all'assetto costituzionale precedente alla riforma del 2001, l'esercizio della potestà legislativa nel settore qui considerato fosse riservato in via esclusiva allo Stato.

Precisamente, tale loro aspirazione venne accolta dal legislatore statale mediante l'approvazione della prima legge organica del settore, la l. n. 103 del 1975, la quale istituì, all'art. 5, i Comitati regionali per il servizio radiotelevisivo (i cd Corerat). Composti da nove membri e nominati dal Consiglio regionale, essi vennero concepiti come organi di consulenza delle Regioni stesse in materia di informazione radiotelevisiva.

I successivi mutamenti che hanno contraddistinto il nostro sistema radiotelevisivo porteranno poi, quindici anni più tardi, all'abbandono del modello a monopolio pubblico e all'adozione di un sistema pubblico-privato, grazie all'approvazione di una seconda legge di sistema, la legge n. 223 del 1990 (meglio nota come legge Mammì). Con riguardo ai Comitati regionali, questa svolta non comporterà, in realtà, delle grandi novità, anche se assegnerà loro particolari compiti.

Nel tempo, anche altre successive leggi si occuperanno di tali Comitati, attribuendo loro ulteriori particolari funzioni, senza, però, riuscire ancora a mutare significativamente il loro ruolo (l. n. 422 del 1993 e l. n. 515 del 1993).

Un cambiamento di grande rilievo si avrà, invece, con l'approvazione della legge n. 249 del 1997, che istituisce, come noto, sia l'Autorità garante per le comunicazioni (Agcom) sia i nuovi Comitati regionali per le comunicazioni (Corecom). In particolare, l'art. 1, comma 13 della legge Maccanico, in parallelo alla concentrazione in capo all'Agcom delle competenze relative all'intero sistema - comprensivo di stampa, radiotelevisione e servizi di telecomunicazione -, concepisce i Comitati come organi destinati a svolgere anch'essi compiti ad ampio raggio, sebbene a livello locale. Recita, infatti, la citata disposizione che "riconoscendo le esigenze di decentramento sul territorio, al fine di assicurare le necessarie funzioni di governo, di garanzia e di controllo in tema di comunicazione, sono funzionalmente organi dell'Autorità i comitati regionali per le comunicazioni, che possono istituirsi con leggi regionali entro sei mesi dall'insediamento, ai quali sono altresì attribuite le competenze attualmente svolte dai comitati regionali radiotelevisivi".

Secondo un peculiare sistema organizzativo che tiene conto della natura composita dei compiti che sono chiamati a svolgere (in parte per conto delle Regioni, in parte per conto dell'Autorità), si prevede che i Corecom vengano istituiti con legge regionale, ma sulla scorta di alcuni principi comuni, da definirsi d'intesa tra l'Autorità e la Conferenza permanente Stato-Regioni. Principi relativi ai requisiti dei membri, alle cause di incompatibilità e alle modalità organizzative e di funzionamento dell'organo.

Per una serie complessa di ragioni, tuttavia, il decollo dei nuovi Comitati regionali per le comunicazioni è stato particolarmente lento e laborioso, tanto che soltanto nel 2008 - undici anni dopo l'approvazione della legge Maccanico - potrà dirsi finalmente conclusa la fase regionale istitutiva (nello specifico, l'ultima Regione che nel 2008 ha provveduto ad istituire il Corecom è stata la Sardegna, con la l.r. n. 11).

Da tempo, invece, si è completata la fase degli adempimenti gravanti sull'Autorità nazionale di garanzia: così con la delibera n. 52 del 1999 sono stati adottati gli indirizzi generali destinati a guidare l'attività dei legislatori regionali nella redazione della disciplina istitutiva dei Corecom, e con la delibera n. 53 dello stesso anno è stato adottato il regolamento per la definizione delle funzioni delegabili. Infatti, i Comitati regionali per le comunicazioni, al fine di assicurare le necessarie funzioni di governo, di garanzia e di controllo in tema di comunicazione, sono titolari tanto di funzioni proprie tanto di funzioni delegate, intendendosi per "proprie" quelle conferite loro dalla legislazione statale, regionale e delle province autonome e per "delegate" le funzioni di competenza dell'Autorità che vengono loro delegate dalla Autorità stessa, d'intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni, per consentirne un migliore esercizio.

Un'accelerazione alla fase istitutiva dei Corecom si è, poi, avuta con l'approvazione dell'Accordo-quadro concluso tra l'Autorità nazionale di garanzia, la Conferenza permanente Stato-Regioni e la Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali il 25 giugno 2003 (ora sostituito da quello sottoscritto il 4 dicembre 2008). Con tale atto, sulla scorta di quanto stabilito nel regolamento adottato con la delibera n. 53 del 1999, le parti hanno ribadito i principi generali concernenti l'esercizio delle funzioni delegate in tema di comunicazioni e hanno individuato le materie delegabili (suddivise nelle cd deleghe di prima fase e di seconda fase), i programmi di attività e le risorse finanziarie, rinviando a singole convenzioni per la disciplina dei rapporti tra l'Autorità e gli organi locali competenti come individuati dalle leggi regionali.

Ad oggi, anche se tutti i Comitati regionali sono stati istituiti e costituiti, non tutti esercitano le stesse funzioni delegate. Si è, invece, creato un complesso sistema di governo regionale delle comunicazioni a macchia di leopardo, che procede a tre diverse velocità. Alcuni Corecom (Valle d'Aosta, Liguria, Veneto, Campania e Sicilia), infatti, esercitano soltanto le deleghe di prima fase – ovverosia vigilanza in materia di tutela dei minori, con riferimento al settore radiotelevisivo locale; vigilanza sul rispetto delle norme in materia di pubblicazione e diffusione dei sondaggi sui mezzi di comunicazione di massa in ambito locale; istruzione e applicazione delle procedure previste dall'articolo 10 della legge n. 223/1990 in materia di esercizio del diritto di rettifica, con riferimento al settore radiotelevisivo locale; esperimento in tema di tentativo di conciliazione obbligatorio nell'ambito delle controversie tra organismi di telecomunicazioni e utenti – che sono quelle previste nell'Accordo-quadro del 2003. Il Corecom Sardegna esercita, addirittura, soltanto le funzioni proprie. Tutti gli altri Comitati esercitano anche quelle di seconda fase - definizione delle controversie tra utenti e operatori di comunicazione elettronica; tenuta del Registro degli operatori di comunicazione; vigilanza sul rispetto degli obblighi di programmazione e delle disposizioni in materia di esercizio dell'attività radiotelevisiva locale, mediante il monitoraggio delle trasmissioni dell'emittenza locale.

2. Spending review

Ma non sono solo le diverse attività esercitate dai Corecom che concorrono a dipingere un quadro variegato del nostro sistema di governo, di garanzia e di controllo delle comunicazioni a livello regionale. È possibile, infatti, rilevare come dall'analisi comparata delle varie leggi regionali istitutive dei Corecom emergano anche altre differenze. In particolare, due sono quelle che suscitano il nostro interesse, ovverosia le disposizioni concernenti il numero dei componenti il Corecom e le disposizioni relative all'entità delle loro indennità, in quanto proprio su di esse è stato possibile per alcune Regioni intervenire con diverse politiche di spending review, atte, in un modo o nell'altro, a ridurre più o meno sensibilmente i costi della politica. Senza pregiudicare però, al contempo, l'efficienza e la qualità delle funzioni svolte a servizio dei cittadini.

Così, in primis, se si considera la composizione dei Comitati, si ravvisa immediatamente che l'indicazione contenuta nella delibera 52/1999 dell'Agcom (cinque membri, compreso il Presidente), risulta essere stata seguita soltanto da alcune Regioni. Altre, avvalendosi della possibilità di prevedere una composizione più ampia in relazione alle dimensioni della Regione, hanno disciplinato una composizione allargata a sei membri (l.p. Bolzano, n. 6/2002), più spesso a sette membri (l.r. Lazio, n. 19/2001; l.r. Liguria, n. 5/2001; l.r. Lombardia, n. 20/2003; l.r. Marche, n. 8/2001; l.r. Sicilia, n. 2/2002; l.r. Toscana, n. 22/2002; l.r. Veneto, n. 18/2001), in un caso isolato a otto membri (l.r. Piemonte, n. 1/2001), fino ad arrivare in un ulteriore caso addirittura a nove (l.r. Campania, n. 9/2002).

Tuttavia, a fronte dell'attuale precaria situazione economica in cui il nostro Paese (e non solo) sta versando nonché in attuazione di recenti legislazioni statali di contenimento delle spese, la composizione numerica del Corecom è stata una dei primi ambiti, a ragione, colpiti dalla politica di razionalizzazione dei costi degli apparati regionali.

Emblematico, a tal riguardo, è il caso dell'Emilia Romagna che già nel 2007, approvando la l.r. n. 27, ha modificato la legge regionale istitutiva del Corecom prevedendo una significativa riduzione del numero dei suoi membri. Riduzione che ha condotto addirittura la composizione numerica dell'organo sotto la soglia indicata dalla delibera Agcom, configurando un Comitato composto da soli tre membri, a fronte dei nove precedentemente previsti.

In linea con tale modalità di razionalizzazione si sono poste anche altre Regioni, come, ad esempio, la Calabria, con la l.r. n. 22/2007 modificativa della l.r. 2/2001 nella parte in cui riduce i componenti del Comitato da cinque a tre; la Liguria che, con l'approvazione della l.r. n. 35/2007, passa dai sette componenti previsti nella l.r. n. 5/2001 ai cinque attuali; il Piemonte che, con la l.r. n. 10/2011, ha anche essa sensibilmente ridotto la composizione del Corecom da otto membri a tre; ed, infine, si pensi alla recentissima l.r. n. 37 del 27 novembre 2012 delle Marche che ha limitato il numero dei componenti da sette a tre.

In secundis, l'altra modalità di razionalizzazione delle spese adottata da alcuni Consigli regionali ha avuto ad oggetto una forte riduzione delle indennità, dei rimborsi e delle missioni spettanti al Presidente e agli altri componenti il Corecom. Dall'analisi dei rendiconti finanziari dei Corecom emerge, infatti, inequivocabilmente che il capitolo di bilancio relativo alle indennità, rimborsi e missioni è quello che maggiormente incide sul costo complessivo dell'ente. Addirittura più delle necessarie spese per il funzionamento delle sue attività. Drastici tagli hanno allora colpito i compensi dei membri Corecom: prima tra tutte è intervenuta la Regione Calabria che nel 2007, con la stessa legge modificativa del numero dei componenti, ha ridotto del 20% le indennità tanto del Presidente tanto degli altri componenti. A tale intervento di spending review si sono poi allineate, ad esempio, nell'ordine anche: l'Umbria, con la l.r n. 22/2010 che ha inciso in particolar modo sull'indennità spettante al Presidente; il Piemonte che, al pari della Calabria e per il tramite della già citata l.r. n. 10/2011, non solo è intervenuto, dimezzandolo, sul numero dei componenti il Corecom, ma ha anche fortemente contenuto le spese relative ai compensi ad essi spettanti; il Veneto che, con l'approvazione della delibera n. 1392/2011 della Giunta regionale ha ridotto del 10% le indennità dovute ai componenti del Corecom; ed, infine, la regione Puglia che, appena due mesi fa, ha approvato la l.r. n. 45/2012 attraverso cui ha disposto la riduzione del 10% delle suddette indennità, modificando in tal modo la l.r. n. 3/2000 istitutiva del Corecom.

3. Conclusioni

Queste, dunque, le due modalità di razionalizzazione dei costi che consentono di contenere notevolmente le spese del Corecom, rendendolo un organismo più snello e in linea con le politiche di spending review che lo Stato sta adottando e attuando in questo periodo di crisi. Senza, peraltro, intaccare minimamente l'efficace funzionamento dell'organo stesso. Se è vero, infatti, che un taglio ai costi della politica (anche regionale) deve essere fatto, tale taglio non può assolutamente riguardare i servizi - tanto quelli concernenti le funzioni proprie tanto quelli concernenti le funzioni delegate - offerti dal Corecom, i quali non possono e non debbono essere pregiudicati in alcun modo da esigenze economico-finanziarie della Regione o dello Stato. Viceversa, tanto la riduzione del numero dei componenti quanto il contenimento delle spese relative alle loro indennità non pregiudicano in alcun modo l'operatività del Comitato, che anzi, a fronte di tali tagli, potrebbe a contrario rafforzarsi mediante la predisposizione di una struttura tecnico-amministrativa maggiormente qualificata che svolga con ancora più professionalità le funzioni assunte dall'organo. In definitiva, la realizzazione di questi interventi consentirà di perseguire una notevole riduzione dei costi e un utilizzo più razionale delle risorse umane e finanziarie, permettendo in tal modo il raggiungimento dell'obiettivo ultimo del Corecom. Avvicinarsi, cioè, come istituzione, al territorio e ai cittadini, diffondendo la propria attività e i propri servizi in maniera capillare, incentivando i progetti e le azioni già in essere e promuovendone di nuovi, in un'ottica complessiva che interpreti la comunicazione come una risorsa democratica, sociale, culturale ed economica per tutto il territorio regionale.

 


 

 

ELENCO DELLE FONTI ESAMINATE