UE - Le Direttive 2014/57/UE e 2014/62/UE: nuovi obblighi per gli Stati membri in materia di reati e sanzioni penali (2/2014)

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Rispettivamente il 16 aprile ed il 17 maggio 2014, il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno adottato la Direttiva 2014/57/UE relativa alle sanzioni penali in caso di abusi di mercato (direttiva abusi di mercato),[1] e la Direttiva 2014/62/UE sulla protezione mediante il diritto penale dell'euro e di altre monete contro la falsificazione e che sostituisce la decisione quadro 2000/383/GAI del Consiglio.[2]



Le due direttive oggetto di questa segnalazione, adottate in base ai paragrafi – rispettivamente – 2 e 3 dell’art. 83 TFUE,[3] si aggiungono agli ormai numerosi atti di diritto UE che incidono sul diritto penale sostanziale degli Stati membri, facendo obbligo agli stessi di prevedere come reati determinate condotte e di reprimerle attraverso sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive. Sempre più frequentemente – e questo è anche il caso delle due direttive in esame – il legislatore UE stabilisce anche prescrizioni più dettagliate in tema di sanzioni rispetto a quelle ora ricordate, individuando la tipologia di sanzione e fissando delle soglie relative ai limiti edittali della pena.

La Direttiva 2014/57/UE (direttiva abusi di mercato) rafforza gli obblighi previsti a carico degli Stati membri dalla Direttiva 2003/6/CE relativa all'abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato.[4] Quest’ultima aveva imposto di assicurare che alle violazioni delle disposizioni nazionali di attuazione facesse seguito l’adozione di opportune misure amministrative ovvero l’irrogazione di sanzioni amministrative, salvo il diritto degli Stati membri di prevedere sanzioni di natura penale. Tuttavia, da una valutazione dei regimi nazionali di attuazione è emerso che essi non assicurano in misura soddisfacente la realizzazione degli obiettivi della direttiva (prevenire e combattere gli abusi di mercato). La nuova direttiva segue pertanto un approccio più “robusto”. Da un lato, introduce delle definizioni a livello UE delle condotte di “abuso di informazioni privilegiate”, “raccomandazione o induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate”, “comunicazione illecita di informazioni privilegiate”, e “manipolazione del mercato” (artt. 3, 4 e 5). Agli Stati membri è fatto obbligo di prevedere che tali condotte costituiscono reato, “almeno nei casi gravi e quando siano commessi con dolo”. Dall’altro lato, agli Stati membri è fatto anche obbligo di assicurare che tali reati siano puniti con sanzioni penali, effettive, proporzionate e dissuasive, che, a seconda della fattispecie, dovranno consistere nella pena della reclusione per una durata massima non inferiore ad anni quattro, ovvero ad anni due (art 7). Trattandosi di norme minime, gli Stati membri possono prevedere non solo sanzioni detentive più severe, ma anche sanzioni (penali o amministrative) aggiuntive.

La direttiva contiene, inoltre, due disposizioni dedicate alle ipotesi in cui tali reati siano attribuibili a persone giuridiche (artt. 8 e 9), una sulla competenza giurisdizionale (art. 10), ed una sulla formazione delle autorità che, ai vari livelli (giudici, procuratori, forze di polizia, etc.), collaborano al conseguimento degli obiettivi della direttiva (art. 11).

In particolare, la direttiva fa obbligo agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano rispondere dei reati di cui sopra “commessi a loro vantaggio da qualsiasi persona che agisca individualmente ovvero in quanto membro di un organo della persona giuridica e che detenga una posizione apicale all’interno della persona giuridica, in virtù del potere di rappresentanza di detta persona giuridica, del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica, ovvero dell’esercizio del controllo all’interno della persona giuridica” (art. 8). Le persone giuridiche devono inoltre essere ritenute responsabili dei reati previsti dalla direttiva quando la carenza di vigilanza o controllo da parte di una delle persone anzidette abbia reso possibile la commissione di uno dei tali reati ad opera di una persona sottoposta alla sua autorità, e a vantaggio della persona giuridica (ibid.). Per tali ipotesi, gli Stati membri devono prevedere sanzioni pecuniarie di natura penale o non penale, nonché ulteriori sanzioni quali l’esclusione dal godimento di contributi o sovvenzioni pubblici, l’interdizione temporanea o permanente dall’esercizio di un’attività d’impresa, l’assoggettamento a controllo giudiziario, provvedimenti giudiziari di liquidazione, e la chiusura temporanea o permanente dei locali usati per commettere il reato (art. 9).

La norma sulla competenza giurisdizionale richiede agli Stati membri di introdurre le misure necessarie a stabilire la propria competenza quando i reati previsti dalla direttiva vengono commessi in tutto o in parte nel loro territorio, oppure da un loro cittadino, quanto meno nei casi in cui l’atto costituisce un reato nel luogo in cui è stato commesso. E’ fatto obbligo di informare la Commissione in caso di previsione di norme sulla competenza giurisdizionale che si riferiscono a reati commessi fuori dal loro territorio, quando l’autore del reato risiede abitualmente nel loro territorio, oppure il reato sia commesso a vantaggio di una persona giuridica che vi ha la sede.

Gli Stati membri devono provvedere all’attuazione della direttiva entro il 3 luglio 2016.

La Direttiva 2014/62/UE mira a contrastate e reprimere le attività che possono compromettere l’autenticità dell’euro mediante falsificazione. Nel preambolo si legge infatti che, dalla sua introduzione nel 2002, la contraffazione dell’euro ha provocato danni finanziari per almeno 500 milioni di euro, imputabili prevalentemente all’attività di gruppi della criminalità organizzata che operano nel settore della falsificazione monetaria. La direttiva persegue, quindi, il proprio obiettivo in due modi: da un lato, “stabilisce le norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in materia di falsificazione di euro e di altre valute”; dall’altro, “introduce (…) disposizioni comuni per rafforzare la lotta avverso tali reati, migliorare le indagini al riguardo e assicurare una migliore cooperazione nella lotta alla falsificazione” (art. 1).

Sotto il primo profilo, l’art. 3, rubricato “Reati” fa obbligo agli Stati membri di adottare le misure necessarie per assicurare che una serie di condotte individuate in materia di falsificazione dell’euro e circolazione di monete falsificate costituiscano reato in base al diritto nazionale degli Stati membri, ove poste in essere intenzionalmente.[5] Si deve osservare che queste condotte non si riferiscono esclusivamente alla falsificazione dell’euro, ma più in generale delle “monete”. L’art. 4 richiede di assicurare che anche l’induzione, il favoreggiamento e il concorso in relazione alle suddette condotte costituiscano reato, così come il tentativo, limitatamente ad alcune di tali condotte. L’art. 5, oltre a stabilire che le fattispecie delittuose di cui agli artt. 3 e 4 devono essere punite con sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive, organizza queste fattispecie in tre categorie, precisando che dovrà essere comminata, rispettivamente, la reclusione, la reclusione per una durata massima di almeno otto anni, e la reclusione per una durata massima di cinque anni. Tra le fattispecie rientranti in quest’ultima categoria figura l’“immissione in circolazione fraudolenta di monete falsificate”, rispetto alla quale la direttiva precisa che potranno comminarsi sanzioni più lievi (si cita, pur sempre, la reclusione, ma si dà anche l’opzione della multa), laddove la valuta falsificata “sia stata ricevuta senza sapere che era falsa ma fatta poi circolare anche se riconosciuta tale”.

La direttiva contiene poi due disposizioni sulla responsabilità delle persone giuridiche (artt. 6 e 7), la cui struttura ricalca quella degli artt. 8 e 9 della direttiva 2014/57, con la differenza che in questo caso viene fornita anche una definizione di persone giuridiche, ovvero i soggetti “avent[i] personalità giuridica in forza del diritto applicabile, a eccezione degli Stati o di altre istituzioni pubbliche nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni internazionali pubbliche”. Agli Stati membri è inoltre fatto obbligo di adottare le misure necessarie a stabilire la propria competenza giurisdizionale per i reati di cui agli articoli 3 e 4 quando il reato è stato commesso in tutto o in parte nel proprio territorio, o l’autore del reato sia un proprio cittadino. Gli Stati membri che hanno adottato l’euro devono provvedere in tal senso anche per i reati commessi fuori dal proprio in territorio, almeno quando riguardano l’euro, se l’autore del reato si trova nel proprio territorio e non venga estradato, ovvero quando le banconote o le monete metalliche in euro falsificate connesse con il reato sono state rinvenute nel territorio di tale Stato membro.

Per quanto riguarda il secondo profilo, la direttiva richiede agli Stati membri di predisporre “efficaci strumenti di indagine, come quelli usati per le indagini riguardanti la criminalità organizzata o altre forme gravi di criminalità” (art. 9). Gli Stati devono inoltre “assicura[re] che durante il procedimento penale sia consentito senza indugio, da parte del centro nazionale di analisi e del centro nazionale di analisi delle monete metalliche, l'esame di banconote e monete metalliche in euro di cui si sospetta la falsificazione ai fini dell'analisi e dell'individuazione e rinvenimento degli altri falsi” (art. 10). Almeno ogni due anni, gli Stati membri devono trasmettere alla Commissione dati relativi al numero di reati di cui agli artt. 3 e 4 e al numero di persone perseguite e condannate per tali reati.

Il termine per il recepimento della direttiva è il 23 maggio 2016.



[1] G.U.U.E 2014 L 173, 179. Il testo può essere letto a questo indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1404390870818&;uri=CELEX:32014L0057.

[2] G.U.U.E. 2014 L 151, 1. Per il testo, si veda: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1404392017639&;uri=CELEX:32014L0062.

[3] Tali disposizioni recitano come segue: “2. Allorché il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri in materia penale si rivela indispensabile per garantire l'attuazione efficace di una politica dell'Unione in un settore che è stato oggetto di misure di armonizzazione, norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni nel settore in questione possono essere stabilite tramite direttive. Tali direttive sono adottate secondo la stessa procedura legislativa ordinaria o speciale utilizzata per l'adozione delle misure di armonizzazione in questione, fatto salvo l'articolo 76. 3. Qualora un membro del Consiglio ritenga che un progetto di direttiva di cui al paragrafo 1 o 2 incida su aspetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico penale, può chiedere che il Consiglio europeo sia investito della questione. In tal caso la procedura legislativa ordinaria è sospesa. Previa discussione e in caso di consenso, il Consiglio europeo, entro quattro mesi da tale sospensione, rinvia il progetto al Consiglio, ponendo fine alla sospensione della procedura legislativa ordinaria. Entro il medesimo termine, in caso di disaccordo, e se almeno nove Stati membri desiderano instaurare una cooperazione rafforzata sulla base del progetto di direttiva in questione, essi ne informano il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione. In tal caso l'autorizzazione a procedere alla cooperazione rafforzata di cui all'articolo 20, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea e all'articolo 329, paragrafo 1 del presente trattato si considera concessa e si applicano le disposizioni sulla cooperazione rafforzata”.

[4] G.U.U.E 2003 L 96, 16. Testo reperibile al seguente indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?qid=1404384667851&;uri=CELEX:32003L0006.

[5] Si tratta, in particolare, delle seguenti condotte:

a)

contraffazione o alterazione fraudolenta di monete, qualunque ne sia il modo;

 

b)

immissione in circolazione fraudolenta di monete falsificate;

 

c)

importazione, esportazione, trasporto, ricettazione o procacciamento di monete falsificate, riconosciute tali, per la loro immissione in circolazione;

 

d)

fabbricazione fraudolenta, ricettazione, procacciamento o possesso di:

i)

 strumenti, oggetti, programmi informatici e dati nonché ogni altro mezzo che per loro natura sono particolarmente atti alla contraffazione o all'alterazione di monete; o

 

ii)

 elementi di sicurezza quali ologrammi, filigrane o altri componenti della valuta che servono ad assicurarne la protezione contro la falsificazione.