Delibera statutaria calabrese e numero dei consiglieri e degli assessori (2/2014)

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Sentenza n. 35/2014 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 06/03/2014 Pubblicazione in G. U. 12/03/2014

Motivi della segnalazione:

Con questa sentenza la Corte costituzionale dichiara costituzionalmente illegittimo, per violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., l'art. 1 della delibera legislativa statutaria della Regione Calabria - concernente la riduzione del numero dei componenti del Consiglio regionale (approvata in prima lettura dal Consiglio regionale con deliberazione n. 230 del 9 ottobre 2012 e in seconda lettura con deliberazione n. 279 del 18 marzo 2013), nella parte in cui sostituisce il numero «50» con quello di «40», anziché con quello di «30», e l'art. 2 della medesima delibera legislativa statutaria della Regione Calabria - concernente la riduzione del numero dei componenti della Giunta regionale, nella parte in cui prevede «un numero di Assessori non superiore a otto» anziché «un numero di Assessori non superiore a sei».

 

A parere della Corte costituzionale, tale previsione è in contrasto con l'art. 14, comma 1, lett. b ), del d.l. n. 138 del 2011 - il quale stabilisce che il numero massimo degli assessori regionali sia pari o inferiore ad un quinto del numero dei componenti del Consiglio regionale. Tale disposizione, come già rilevato dalla Corte costituzionale in alcuni precedenti, detta un principio di coordinamento della finanza pubblica (sentenze n. 23 del 2014, n. 198 del 2012; ordinanze n. 258 e n. 31 del 2013) e «non vìola gli artt. 117, 122 e 123 Cost., in quanto, nel quadro della finalità generale del contenimento della spesa pubblica, stabilisce, in coerenza con il principio di eguaglianza, criteri di proporzione tra elettori, eletti e nominati» (sentenza n. 198 del 2012). In particolare, secondo la Corte, la norma statale «fissando un rapporto tra il numero degli abitanti e quello dei consiglieri, e quindi tra elettori ed eletti (nonché tra abitanti, consiglieri e assessori), mira a garantire il principio in base al quale tutti i cittadini hanno il diritto di essere egualmente rappresentati. Inoltre, sempre secondo la Corte, «[...] il principio relativo all'equilibrio rappresentati-rappresentanti non riguarda solo il rapporto tra elettori ed eletti, ma anche quello tra elettori e assessori (questi ultimi nominati) [...] sia perché, in base all'art. 123 Cost., "forma di governo" e "principi fondamentali di organizzazione e funzionamento" debbono essere "in armonia con la Costituzione", sia perché l'art. 51 Cost. subordina al rispetto delle "condizioni di eguaglianza" l'accesso non solo alle "cariche elettive", ma anche agli "uffici pubblici" (non elettivi)» (sentenza n. 198 del 2012).

Alla luce di tale quadro, la legge statutaria è dichiarata illegittima per violazione della legge statale. La Corte utilizza tuttavia un dispositivo di tipo «sostitutivo»: «nella parte in cui sostituisce il numero "50" con quello di "40", anziché con quello di "30"»; e «nella parte in cui prevede "un numero di Assessori non superiore a otto" anziché "un numero di Assessori non superiore a sei"».

Tale «sostituzione» sollecita una riflessione sul rapporto tra fonti del diritto, poiché non riguarda il testo di una legge in vigore, ma una delibera legislativa statutaria, non ancora promulgata e pubblicata. Viene dunque da chiedersi se il testo della delibera statutaria, per come modificato dalla Corte, possa direttamente essere pubblicato. Inoltre, dal momento che la norma statutaria viene modificata alla luce di quanto previsto dal decreto-legge 138/2011, ci si chiede quale sia il rapporto tra fonti legislative statali e statuti/leggi statutarie, per la cui approvazione è previsto, come noto, un procedimento aggravato. In altri termini, nell'ambito della predetta censura viene in gioco un principio costituzionale tradotto nella legislazione statale oppure una questione di competenze disciplinata dall'art. 117, commi 2 e 3?