Anche il vincolo del tetto massimo al trattamento economico annuo onnicomprensivo al personale delle Regioni rientra tra le misure di coordinamento della finanza pubblica (n. 3/2015)

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Sentenza n. 153/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 14/07/2015; Pubblicazione in G. U. 22/07/2015, n. 29

Motivo della segnalazione

La Regione Campania impugna l'art. 13, commi 1, 2, 3 e 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, in riferimento agli articoli 3, 97, 117 primo, terzo e quarto comma, 118, 119, 120 e 123 della Costituzione, nella parte in cui impone alle Regioni di «adeguare i propri ordinamenti al nuovo limite retributivo di cui al comma 1 [del medesimo art. 13], ai sensi dell'articolo 1, comma 475, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nel termine ivi previsto».

Secondo la Corte, la spesa per il personale costituisce un importante aggregato della spesa di parte corrente (Cfr. sentt n. 69 del 2011 e n. 169 del 2007), tale per cui le disposizioni dirette al suo contenimento attraverso l'individuazione di limiti generali ad essa, anche con la fissazione di un tetto massimo al trattamento economico annuo onnicomprensivo del personale, costituiscono legittima espressione della competenza legislativa riservata allo Stato dall'art. 117, c. 3, Cost., di determinazione dei principi fondamentali nella materia del «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».

Confermando la propria giurisprudenza, le «norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario, che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali», possono essere ricondotte nell'ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica (Cfr. sentt. n. 237 del 2009 e n. 417 del 2005), giacché «il finalismo» insito in tale genere di disposizioni esclude che possa invocarsi «la logica della norma di dettaglio» (Cfr. sent. n. 205 del 2013). A questa stregua, sono state qualificate come principi fondamentali di coordinamento finanziario norme che ponevano limiti a singole voci della spesa relativa al personale (Cfr. sentt. n. 61 e n. 23 del 2014), sul presupposto che «la stessa nozione di principio fondamentale non può essere cristallizzata in una formula valida in ogni circostanza, ma deve tenere conto del contesto, del momento congiunturale in relazione ai quali l'accertamento va compiuto e della peculiarità della materia» (Cfr. sent. n. 16 del 2010).

La previsione impugnata impone alle Regioni di estendere al proprio personale il vincolo del tetto massimo al trattamento economico annuo onnicomprensivo, già introdotto per il personale statale, collocandosi nel contesto di un ampio intervento di revisione della spesa pubblica, concorrendo, quale misura di razionalizzazione e trasparenza dell'organizzazione degli apparati politico istituzionali (dello Stato e delle autonomie territoriali), alla stabilizzazione della finanza pubblica complessiva. Questa «scelta di fondo» del legislatore statale (Cfr. sent. n. 151 del 2012) viene così qualificata come principio fondamentale di coordinamento della finanza pubblica, idoneo, in quanto tale, ad attrarre alla stessa competenza legislativa dello Stato la definizione delle particolari regole che ne costituiscono il necessario svolgimento tecnico.

Accertando in tal modo la natura di principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» di quanto previsto nella disposizione censurata, la lamentata violazione dell'autonomia di spesa delle Regioni non sussiste (Cfr. sentt. n. 79 del 2014, n. 52 del 2010, n. 237 e n. 139 del 2009, n. 36 del 2004). Né è ravvisabile alcuna violazione della potestà legislativa residuale delle regioni in materia di organizzazione amministrativa, in quanto quest'ultima recede a fronte di misure di coordinamento finanziario necessariamente uniformi sull'intero territorio nazionale (ex plurimis, sentenze n. 219 del 2013 e n. 151 del 2012).

La Corte dichiara pertanto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, commi 1, 2, 3 e 4, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 23 giugno 2014, n. 89, promossa, in riferimento agli artt. 117, quarto comma, 123, 117, terzo comma, 119 della Costituzione.