Insussistenza del vizio di eccesso di delega nella nuova disciplina in materia di filiazione (n. 3/2015)

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Sentenza n. 146/2015 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 9 luglio 2015 – Pubblicazione in G.U. del 15/07/2015, n. 28

Motivo della segnalazione

Nella sentenza n. 146 del 2015, la Corte ha esaminato la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Genova avverso l'art. 104, commi 2 e 3, del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154 (Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219) per violazione degli artt. 2, 3 e 77 (rectius, art. 76 come rilevato dalla Corte medesima) della Costituzione.

La pronuncia presenta due diversi profili di interesse.

Innanzitutto, assume rilievo la doglianza del giudice rimettente riguardante la violazione dell'art. 76 Cost. per eccesso di delega, in relazione all'applicazione retroattiva, a fini successori, della nuova disciplina in materia di parentela naturale disposta dalla disposizioni impugnate. La legge delega 10 dicembre 2012, n. 219, recante "Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali", ha innovato la definizione di 'parentela' contenuta nell'art. 74 c.c., includendovi anche il vincolo riguardante la filiazione avvenuta al di fuori del matrimonio. Nel provvedere all'adeguamento della disciplina delle successioni e delle donazioni al principio di unicità dello stato di figlio, il legislatore delegato ha previsto, attraverso le disposizioni oggetto di scrutinio dinanzi alla Corte, che gli effetti successori della parentela naturale, così come ridefinita dalla legge delega, si applichino anche alle successioni apertesi anteriormente alla data di entrata in vigore della delega ed oggetto di giudizi ancora pendenti al momento dell'entrata in vigore delle disposizioni oggetto di impugnativa.

La Corte ha, tuttavia, ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice a quo, sulla base di un orientamento giurisprudenziale oramai consolidatosi in materia di rapporti tra legge delega e decreto legislativo e di limiti alla discrezionalità del legislatore delegato. I giudici costituzionali hanno, infatti, in più occasioni ribadito che «l'art. 76 Cost. non riduce la funzione del legislatore delegato ad una mera scansione linguistica delle previsioni stabilite dal legislatore delegante, poiché consente l'emanazione di norme che rappresentino un coerente sviluppo e completamento dei contenuti di indirizzo della delega, nel quadro della fisiologica attività di riempimento che lega i due livelli normativi (ex plurimis, sentenze n. 229 del 2014, n. 98 del 2008, n. 163 del 2000)». Da un'analisi sistematica dei contenuti della delega e del relativo decreto legislativo, la Corte ha quindi concluso ritenendo compatibile con la ratio della legge delega la disciplina introdotta, nel caso di specie, dal legislatore delegato.

Parimenti infondata la questione sollevata con riferimento agli art. 2 e 3 Cost. per irragionevolezza della deroga apportata dalle disposizioni impugnate al principio di irretroattività delle leggi in materia civile. Tale principio non trova nel nostro ordinamento una specifica copertura costituzionale, che è al contrario espressamente prevista in materia penale dall'art. 25 Cost. Conseguentemente, nella pronuncia segnalata la Corte ha ribadito che sia che si tratti di disposizioni retroattive di carattere innovativo che di interpretazione autentica, ciò che «rileva è, in entrambi i casi, che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza [...] e non contrasti con valori ed interessi costituzionalmente protetti» (sentenza n. 41 del 2011, cfr. anche sentenze n. 264 del 2012 e n. 156 del 2014). Condizioni entrambe soddisfatte, ad avviso della Corte, nel caso di specie.