Sentenza n. 7/2015 : chiamata in sussidiarietà e intese di tipo "forte" (1/2016)

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Sentenza n. 7/2016 -  giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 21/01/2016; Pubblicazione in G. U. 27/01/2016  n. 4

La Regione Puglia ha proposto (reg. ric. n. 5 del 2015), tra le altre, in riferimento agli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 2, 4, 10-bis e 11, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164. L’art. 1, commi 2 e 4, del d.l. n. 133 del 2014 si riferisce alle opere della tratta ferroviaria Napoli-Bari, già oggetto del Programma Infrastrutture Strategiche previsto dalla legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive). Ai sensi dell’art. 161, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), l’approvazione dei relativi progetti dovrebbe avvenire d’intesa tra Stato e Regioni, nell’ambito del CIPE allargato al Presidente della Regione interessata, secondo le previsioni della legge n. 443 del 2001 e dello stesso d.lgs. n. 163 del 2006. L’art. 1, comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, che non ha formato oggetto del ricorso, nomina invece l’Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato spa Commissario per la realizzazione delle opere, sicché quest’ultimo subentra al CIPE nelle competenze relative all’approvazione dei progetti, provvede a convocare la conferenza di servizi e a bandire le gare.

La ricorrente ritiene che la norma impugnata, incidendo sulle materie a riparto legislativo concorrente del «governo del territorio» e delle «grandi reti di trasporto», abbia limitato il coinvolgimento regionale conseguente alla chiamata in sussidiarietà, privandolo delle garanzie attive nell’ambito del CIPE a composizione allargata. In tal modo, sarebbero stati violati gli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. Lo Stato può ricorrere alla chiamata in sussidiarietà «al fine di allocare e disciplinare una funzione amministrativa (sentenza n. 303 del 2003) pur quando la materia, secondo un criterio di prevalenza, appartenga alla competenza regionale concorrente, ovvero residuale» (sentenza n. 278 del 2010). Questa Corte ha affermato in proposito che «perché nelle materie di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l’esercizio, è necessario che essa innanzi tutto rispetti i princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative, rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di tali funzioni. È necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina logicamente pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni, e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale fine. Da ultimo, essa deve risultare adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, deve prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali. Quindi, con riferimento a quest’ultimo profilo, nella perdurante assenza di una trasformazione delle istituzioni parlamentari e, più in generale, dei procedimenti legislativi – anche solo nei limiti di quanto previsto dall’art. 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione) – la legislazione statale di questo tipo “può aspirare a superare il vaglio di legittimità costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attività concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealtà” (sentenza n. 303 del 2003)» (sentenza n. 6 del 2004 ). Si è aggiunto che deve trattarsi di “intese forti” (sentenze n. 121 del 2010 e n. 6 del 2004), non superabili con una determinazione unilaterale dello Stato se non nella «ipotesi estrema, che si verifica allorché l’esperimento di ulteriori procedure bilaterali si sia rivelato inefficace» (sentenza n. 165 del 2011; in seguito, sentenza n. 179 del 2012).

Posti tali principi, va rilevato che la norma impugnata ha sottratto alla Regione interessata l’adeguato spazio partecipativo assicurato dalla competenza del CIPE, benché, quando la funzione amministrativa è chiamata in sussidiarietà, esso sia costituzionalmente necessario, non solo per l’inserimento dell’opera nel Programma Infrastrutture Strategiche, ma anche per l’approvazione del progetto (sentenza n. 303 del 2003). Né questo spazio viene recuperato nell’ambito della conferenza di servizi, che il Commissario convoca entro 15 giorni dall’approvazione dei progetti, perché il motivato dissenso della Regione attiva le procedure concertative previste dall’art. 14-quater, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) solo per profili inerenti alla «tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o del patrimonio storico-artistico, ovvero alla tutela della salute e della pubblica incolumità». È invece evidente che, per conseguire la «codeterminazione» dell’atto (sentenza n. 378 del 2005), la Regione deve essere posta su un piano paritario con lo Stato, con riguardo all’intero fascio di interessi regionali su cui impatta la funzione amministrativa. I commi 2 e 4 dell’art. 1 del d.l. n. 133 del 2014 vanno perciò dichiarati costituzionalmente illegittimi, nella parte in cui non prevedono che l’approvazione dei progetti avvenga d’intesa con la Regione interessata. Nell’ambito della conferenza di servizi convocata ai sensi dell’art. 1, comma 4, impugnato, potrà eventualmente trovare applicazione l’art. 3, commi 3 e 4, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali), che, come questa Corte ha già affermato (sentenza n. 121 del 2010), «contiene una norma di chiusura, in quanto prevede che “3. Quando un’intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l’oggetto è posto all’ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata. 4. In caso di motivata urgenza il Consiglio dei Ministri può provvedere senza l’osservanza delle disposizioni del presente articolo. I provvedimenti adottati sono sottoposti all’esame della Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni. Il Consiglio dei Ministri è tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive». L’art. 1, comma 10-bis, impugnato, attribuisce al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti la redazione del Piano di ammodernamento dell’infrastruttura ferroviaria, per individuare le linee ferroviarie su cui intervenire con opere di interesse pubblico nazionale o europeo. La ricorrente deduce anche in questo caso la violazione degli artt. 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., perché, nelle materie a riparto concorrente del «governo del territorio» e delle «grandi reti di trasporto», lo Stato avrebbe operato una chiamata in sussidiarietà senza prevedere un adeguato coinvolgimento regionale. La questione è fondata, nella parte in cui la norma impugnata non prevede che il piano sia redatto d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

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