Pensioni di reversibilità e presunzioni assolute (3/2016)

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Sentenza n. 174/2016 – giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 14/07/2016 – Pubblicazione in G.U. 20/07/2016 n. 29

Motivo della segnalazione
Con la sentenza n. 174/2016 la Corte costituzionale ha accolto una questione di legittimità costituzionale sollevata dal giudice contabile e avente ad oggetto l’art. 18, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111.
La disposizione impugnata, tributaria del contesto emergenziale dell’estate 2011, prevedeva, con effetto sulle pensioni decorrenti dal 1 gennaio 2012, che l’aliquota percentuale della pensione a favore dei superstiti di assicurato e pensionato – nell’ambito del regime dell’assicurazione generale obbligatoria, delle forme esclusive e sostitutive di tale regime e della gestione separata – fosse ridotta, nei casi in cui il matrimonio col dante causa fosse stato contratto nei casi in cui questo avesse già compiuto i settant’anni di età e la differenza di età tra i coniugi fosse superiore a venti anni. L’ammontare della riduzione sarebbe stato commisurato alla durata del matrimonio.

Nella sua ricostruzione la Corte sottolinea che la pensione di reversibilità si configura come una forma di tutela previdenziale strumentale alla garanzia di un’esistenza libera e dignitosa; in essa, peraltro, la finalità previdenziale si raccorda a peculiari finalità solidaristiche. Spetta al legislatore assicurare la concretizzazione di questo fondamento solidaristico, in conformità ai principi di eguaglianza e ragionevolezza. In particolare, il legislatore, chiamato a contemperare i molteplici fattori che rilevano nella disciplina delle pensioni di reversibilità, non può in ogni caso interferire con le determinazioni dei singoli, che ben potrebbero ricercare una piena realizzazione della propria vita affettiva anche in età avanzata.
Le disposizioni impugnate, che riducono l’importo della pensione di reversibilità, introducono una presunzione assoluta di frode alla legge: esse, infatti, muovono dal presupposto che i matrimoni contratti da individui ultrasettantenni con una persona di vent’anni più giovane traggano origine dallo scopo di frodare l’erario qualora non vi siano figli minori, studenti o inabili. Questa presunzione assoluta rende la disciplina legislativa impugnata intrinsecamente irragionevole. Essa, inoltre, si pone nettamente in controtendenza rispetto a una giurisprudenza costituzionale in materia di pensioni di reversibilità che cerca di tenere conto delle trasformazioni dei costumi sociali (sentenze nn. 587/1988 e 123/1990). La disposizione impugnata, infatti, non tiene conto del rilevante allungamento della speranza di vita, si applica esclusivamente in danno del coniuge superstite più giovane, dando rilievo a elementi meramente naturalistici che la Corte ha già ritenuto estranei all’essenza e ai fini del vincolo coniugale (sentenze nn. 587/1988 e 110/1999). L’eccezione prevista per la presenza di figli, peraltro, appare del tutto accidentale ed eccentrica rispetto alla primaria finalità di protezione del coniuge superstite. Altrettanto irragionevole risulta il riferimento alla durata temporale del matrimonio ai fini del calcolo dell’importo della pensione di reversibilità.
La disciplina impugnata risulta perciò incompatibile con gli artt. 3, 36 e 38 Cost., mentre risultano assorbite le censure formulate dal giudice a quo con riferimento all’art. 29 e alla libertà di contrarre matrimonio.