Le Regioni possono invocare quale parametro di legittimità costituzionale la violazione dell’art. 77 Cost.? (3/2016)

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Sentenza n. 147/2016 – giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 16/06/2016; Pubblicazione in G. U. 22/06/2016 n. 25

Motivo della segnalazione
La sentenza che viene qui segnalata riguarda il giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Regione Campania e relativo all’art. 4-bis del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1 (Disposizioni urgenti per l’esercizio di imprese di interesse strategico nazionale in crisi e per lo sviluppo della città e dell’area di Taranto), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 4 marzo 2015, n. 20. Si tratta di una disposizione che interviene sull’art. 43 della l. 234/2012 (Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea), introducendovi il comma 9-bis; la normativa de qua riguarda il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti di Regioni o di altri enti pubblici responsabili di violazioni del diritto dell’Unione europea. Ai sensi della disposizione novellata, per consentire la tempestiva esecuzione delle sentenze di condanna emesse dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, «il fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, è autorizzato ad anticipare, nei limiti delle proprie disponibilità, gli oneri finanziari derivanti dalle predette sentenze, entro i termini di scadenza fissati dalle Istituzioni europee. Il fondo di rotazione provvede al reintegro delle somme anticipate mediante rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni che hanno determinato le sentenze di condanna, sentite le stesse […]».


Le censure della parte ricorrente – come messo in luce dalla Corte (punto 1 del considerato in diritto) si sono concentrate soprattutto “sull’inciso «sentite le stesse», che prefigurerebbe un coinvolgimento degli enti regionali nelle forme dell’intesa “in senso debole” anziché “in senso forte”, in violazione del principio di leale collaborazione, di buon andamento della pubblica amministrazione e dell’autonomia finanziaria regionale, complessivamente garantiti dagli artt. 97, 114, secondo comma, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, 119, 120, 121 e 123 della Costituzione”.
Inoltre, - secondo quanto prospettato dalla Regione Campania – sarebbe stato violato l’art. 77 Cost., “essendo la modifica stata introdotta in sede di conversione, con un emendamento «del tutto disomogeneo con il contenuto e le finalità» del decreto-legge convertito” (ibidem).
Con riguardo alle questioni promosse per violazione degli artt. 97, 114, secondo comma, 117, terzo comma, 118, primo e secondo comma, 119, 120, 121 e 123 Cost. il giudice delle leggi ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, come peraltro richiesto anche dalle parti nel corso della udienza pubblica del 31 maggio 2016 (punto 4 del considerato in diritto).
Per quanto concerne l’illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 77 Cost., invece, la Corte ha dichiarato inammissibile la questione, rilevando che, secondo la sua stessa costante giurisprudenza, “le Regioni possono evocare parametri di legittimità diversi da quelli che sovrintendono al riparto di attribuzioni solo quando la violazione denunciata sia potenzialmente idonea a determinare una lesione delle attribuzioni costituzionali delle Regioni (sentenze n. 8 del 2013 e n. 199 del 2012) e queste abbiano sufficientemente motivato in ordine ai profili di una possibile ridondanza della predetta violazione sul riparto di competenze, assolvendo all’onere di operare la necessaria indicazione della specifica competenza regionale che ne risulterebbe offesa e delle ragioni di tale lesione» (sentenza n. 89 del 2015; nello stesso, sentenze n. 29 del 2016, n. 251 e n. 218 del 2015)” (punto 3 del considerato in diritto; corsivo aggiunto). Restando insoddisfatte tali condizioni, non è stata possibile una valutazione nel merito della questione, relativa alla disomogeneità della disposizione oggetto di censura rispetto al contenuto e alle finalità del decreto-legge in cui è stata inserita in sede di conversione. Nel caso di specie la Regione Campania non aveva addotto sufficienti argomentazioni in ordine alle ripercussioni che l’asserita violazione dell’art. 77 Cost. avrebbe potuto determinare sull’esercizio delle competenze regionali: la ricorrente si era limitata ad affermare che «l’approvazione di una disposizione attraverso la corsia accelerata della legge di conversione pregiudica la possibilità delle regioni di rappresentare le proprie esigenze nel corso del procedimento legislativo», non individuando alcuna specifica competenza regionale lesa (né, tantomeno, indicando le ragioni di tale lesione). Tali carenze hanno quindi comportato l’inammissibilità della questione.