Fascicolo 2/2016

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Il 13 aprile scorso il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione Europea e la Commissione europea hanno firmato un accordo interistituzionale dal titolo “Legiferare meglio” che integra precedenti accordi e dichiarazioni  sulla codificazione ufficiale dei testi legislativi, sulla qualità redazionale della legislazione comunitaria, sulla tecnica della rifusione degli atti normativi, sulle procedure di codecisione e sui documenti esplicativi. Poiché la rifusione non è prevista nel nostro ordinamento, non è superfluo ricordare che essa consiste nell’adozione di un nuovo atto normativo che integra in un unico testo le modificazioni sostanziali che introduce in un precedente atto e le disposizioni immutate di quest’ultimo. Il nuovo atto abroga il precedente: una specie di testo coordinato, quindi.

In allegato all’atto vi è una convenzione d’intesa fra i tre organi comunitari sugli atti delegati (alla Commissione). L’art. 290 del TFUE prevede che ciascun atto legislativo che conferisce una delega (atto base) delimita esplicitamente gli obiettivi, il contenuto,  la portata e la durata della delega di potere. Gli elementi essenziali di un settore sono riservati all’atto legislativo e non possono pertanto essere oggetto di delega di potere.

Le principali disposizioni dell’atto possono essere così riassunte:

- Nella elaborazione di atti delegati la Commissione consulta, cioè deve consultare,  esperti designati da ogni Stato membro. Spetta agli Stati membri decidere quali esperti inviare;

- Gli esperti del Parlamento europeo e del Consiglio hanno accesso alle riunioni dei gruppi di esperti della Commissione;

- Possono avere luogo anche consultazioni con i portatori di interesse;

- La Commissione inoltra al Parlamento europeo e al Consiglio i documenti che invia agli esperti;

- Parlamento europeo e Consiglio possono sempre revocare la delega

Nella nnormativa delegata, quindi, i politici sono sostituiti dagli esperti, circostanza da tener presente quando si valuta la democraticità dell’UE.

Passando a riassumere i contenuti di maggior interesse relativi alla formazione degli atti normativi comunitari, l’accordo conferma la volontà di produrre una legislazione di qualità elevata e cioè efficiente, efficace, semplice, chiara, evitando eccessi di regolamentazione e oneri amministrativi.  Per realizzare tale obiettivo l’accordo ribadisce il ruolo e la responsabilità dei Parlamenti nazionali, prevede un programma legislativo annuale e indica come strumenti per legiferare meglio la consultazione pubblica e dei portatori di interesse, la valutazione ex post e la valutazione di impatto: nulla di nuovo, quindi.

Con riferimento a quest’ultima (la valutazione di impatto), l’accordo pone tre paletti: non deve  sostituire le decisioni politiche, non deve determinare indebiti ritardi e non deve compromettere la capacità dei co-legislatori (Parlamento europeo e Consiglio) di proporre modifiche. E sempre per  salvaguardare le scelte politiche, si prevede  che il  Comitato per il controllo normativo  non deve compromettere l’indipendenza del processo decisionale politico. Segno evidente che anche a livello comunitario si ha paura che la valutazione di impatto possa portare acqua al mulino delle opposizioni.

La consultazione del pubblico e dei portatori di interesse viene definita “parte integrante” di un processo decisionale ben informato e i risultati finali  delle valutazioni di impatto sono messi a disposizione del Parlamento europeo, del Consiglio e dei Parlamenti nazionali¸ oltre ad essere pubblicati insieme al parere del Comitato per il controllo normativo.

Interessante è anche il riferimento alla “clausola di temporaneità” e cioè all’obbligo delle tre istituzioni  di valutare se limitare l’applicazione di una specifica legislazione a un periodo di tempo determinato. Un esempio l’abbiamo anche nella legislazione toscana che ha previsto una durata quinquennale della legge sulla partecipazione.

Infine,  anche a livello comunitario vi è interesse a distinguere la normativa attuativa di atti comunitari da quella liberamente aggiunta dagli Stati membri: e questo giustifica la richiesta dell’accordo di rendere identificabili la normativa aggiunta tramite l’atto di recepimento oppure tramite i documenti connessi.

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