Introduzione alla rubrica

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1. Finalità della rubrica

Con questo numero della Rivista si inaugura una nuova sezione, interna alla rubrica Fonti dell'Unione europea e internazionali, nella quale verranno inserite tutte le informazioni connesse agli atti adottati politica dell'UE e meglio note come "spazio di libertà, sicurezza e giustizia", regolato dal titolo V del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, con particolare riguardo alla cooperazione giudiziaria in materia penale e di polizia (art. 67 comma 3, capi 4 e 5 dagli artt 82-86 e 87-89). E' stato necessario anche riportare gli atti emanati all'interno dell'ex III pilastro del Trattato di Maastricht, ancora in vigore, in base al principio della coesistenza degli atti (artt. 9 e 10 Protocollo n. 36 Trattato di Lisbona).

L'entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha determinato un cambiamento significativo sulla tipologia di fonti utilizzate dall'Unione in questa materia, con la possibilità di adottare direttive e regolamenti al pari delle altre materie affidate da sempre alle politiche comunitarie.

Si è trattato quindi di una svolta epocale nel modo di operare dell'UE in un settore in cui la cooperazione fra gli Stati era rimasta, in realtà, nonostante l'inclusione nel III pilastro con Maastricht, a meccanismi assimilabili più ai rapporti internazionalistici, che a quelli comunitari e sovranazionali.

Dalla ratifica da parte di tutti gli Stati del Trattato di Lisbona e dalla sua entrata in vigore (1 dicembre 2009) ad oggi, pochi sono stati gli atti normativi adottati ex titolo V, ma sicuramente significativi, come ad esempio la direttiva n. 36 del 2011 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla tratta di esseri umani, già pubblicata precedentemente su questa rivista e che comunque sarà oggetto di uno specifico commento in un prossimo numero.

Ciò non esclude che, al fine di individuare quali siano gli atti normativi applicabili nel settore della cooperazione giudiziaria in materia penale, occorra fare riferimento più agli interventi adottati all'interno delle materie del GAI (Giustizia e Affari Interni), che ad atti successivi al 2009. Occorre poi segnalare che in questi ultimi anni l'UE ha adottato numerosi provvedimenti che possono essere definiti di soft law, quali patti, piani d'azione, comunicazioni di cui occorre in ogni caso tener conto al fine di comprendere l'indirizzo che l'UE sta seguendo per garantire o comunque indirizzare sia la cooperazione fra gli Stati sia, più in generale, il riavvicinamento delle loro legislazioni.

Il periodo di partenza per questa indagine è stato il 1° novembre 1993, ossia la data dell'entrata in vigore del Trattato di Maastricht, che ha introdotto il III pilastro e quindi ha legittimato un intervento degli Stati nel quadro di una politica di cooperazione di tipo intergovernativo su giustizia ed affari interni, sia pure inserita in un quadro istituzionale definito dall'Unione.

L'indagine che si intende attivare con questa rubrica, non può estendersi, tuttavia, ad ogni tipo di atto normativo che sia adottato nel settore dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, ma si limiterà a determinate tematiche predeterminate che, in base ad una valutazione sicuramente soggettiva e parziale, sono state considerate centrali o comunque più "calde" nella fase attuale, sia per il rilievo che l'UE riconosce a tali settori, sia per l'influenza che possono avere sull'ordinamento interno: terrorismo, tratta di esseri umani, droga, reati fiscali e reati informatici.

Questa scelta di fare un'indagine di tipo tematico impone tuttavia di non limitarsi a richiamare soltanto gli atti dell'UE successivi al 1993, ma tutti gli atti di natura internazionale che spesso costituiscono la base ed il punto di partenza sullo specifico oggetto di indagine. In alcuni settori poi l'intervento normativo dell'UE può essere antecedente al 1993, qualora il settore (ad esempio il cyber crime) interferisca con materie già di competenza comunitaria, per cui si possono trovare direttive e/o regolamenti prima di Lisbona, anche se ovviamente non possono riguardare direttamente i profili penalistici del settore, ma saranno comunque atti significativi nell'ambito di indagine. Pertanto, l'anno di partenza per questa indagine non è uniforme, perché il rilievo di alcuni atti, specialmente di natura internazionale, può essere antico nel tempo.

Per ciascun tema sono stati individuati tutti gli atti di hard law e di soft law che possono essere considerati di maggior rilievo ai fini della comprensione degli atti giuridicamente rilevanti nell'ordinamento interno e per ciascuno di essi è previsto un collegamento ipertestuale per consentirne la lettura. E' stato poi utilizzato un colore comune per segnalare l'atto normativo comunitario e quello interno che ne costituisce diretta attuazione.

In particolare l'attenzione in questo numero si è soffermata sul tema della lotta alla droga e a quello della tratta di esseri umani. Nei prossimi fascicoli di questa rivista saranno inserite nuove schede sugli altri settori di indagine ed in particolare sui reati informatici e sul terrorismo.

 

2. Tipologia di fonti comunitarie utilizzate

Al fine di comprendere la natura e l'efficacia dei singoli atti normativi che venivano emanati, prima, nelle materie incluse nel III pilastro e, ora, dell'attuale Spazio di libertà, sicurezza e giustizia dopo Lisbona, è utile premettere alcune informazioni di base sui caratteri degli atti utilizzati, sulle tipologie variamente adottate ed in particolare sull'evoluzione che i trattati hanno determinato nelle modalità di disciplina del settore.

GAI e fonti comunitarie

Con i Trattati di Maastricht e Amsterdam gli interventi normativi nelle materie della Giustizia ed Affari Interni (GAI) seguivano il metodo intergovernativo e gli strumenti di cooperazione intergovernativa prevedevano la volontà unanime di tutti gli Stati. Tale modello prevedeva un processo decisionale interamente all'interno del Consiglio, in quanto il Parlamento poteva esprimere solo pareri non vincolanti o rivolgere interrogazioni ed interpellanze e la Commissione aveva solo un potere di iniziativa e non un potere di vigilanza sull'applicazione delle decisioni di settore.

In particolare con Maastricht pochi erano gli atti che potevano essere adottati e per lo più potevano essere qualificati come soft law. L'art. K.3 del trattato del 1992 prevedeva che il Consiglio potesse adottare posizioni comuni (al fine di promuovere ogni cooperazione utile al conseguimento degli obiettivi), azioni comuni (se gli obiettivi potessero essere meglio realizzati a livello comune e le misure di applicazione dell'azione comune potevano essere adottate con maggioranza qualificata) ed infine convenzioni che dovevano tuttavia essere poi recepite con atti interni dei singoli Stati membri.

Con l'approvazione del Trattato di Amsterdam l'intervento normativo del Consiglio sul settore GAI si è espanso notevolmente, sia da un punto di vista di efficacia, sia come effettività degli atti. In particolare si legittima l'emanazione dei seguenti atti:

Le decisioni quadro hanno come obiettivo primario "il riavvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri" e rappresentano sicuramente lo strumento normativo con maggiore efficacia normativa, in quanto atti vincolanti per gli Stati quanto al risultato da ottenere, ma non in ordine alle modalità di esecuzione, e comunque privi di effetto diretto per volontà espressa nel TUE. Si tratta, in altre parole, di strumenti normativi abbastanza simili alle direttive da un punto di vista dell'efficacia, in quanto in ogni caso obbligatorie per gli Stati.

Le decisioni vengono invece adottate per finalità "diverse da quelle del riavvicinamento", ma sempre per scopi di cooperazione giudiziaria e di polizia al fine di fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza. Al pari delle decisioni quadro hanno un'efficacia vincolante per gli Stati, ma non diretta sui cittadini.

L'art. 34 Trattato UE nella formulazione pre-Lisbona prevedeva poi:

Spazio di libertà, sicurezza e giustizia e fonti comunitarie

L'eliminazione del terzo pilastro e l'attribuzione di una diretta competenza sulla materia all'Unione europea ha determinato, come è già stato detto, un radicale mutamento degli atti normativi comunitari in questo settore. Si è mantenuto poi il ruolo particolarmente rilevante degli strumenti di soft law, già presenti di fatto in precedenza, ma che ora costituiscono la base per la realizzazione di un riconoscimento reciproco in materia giudiziaria, che rappresenta uno degli obiettivi essenziali di questa competenza comunitaria.

L'art. 75 TFUE prevede innanzitutto la possibilità di adottare regolamenti, secondo la procedura legislativa ordinaria, per prevenire e combattere il terrorismo (con misure amministrative concernenti i movimenti di capitali e i pagamenti dei beni finanziari connessi a tali reati). Regolamenti possono poi essere adottati per disciplinare l'organizzazione ed il funzionamento di Eurojust ex art. 85 TFUE.

Ciò tuttavia non consente di affermare che sia stata attribuita all'UE una competenza legislativa diretta in materia penale e quindi lo strumento principale per realizzare la cooperazione e il riavvicinamento reciproco è rappresentato da direttive a cui normalmente non dovrebbe essere attribuita un'efficacia diretta (salvo poi vedere le conseguenze che derivano dalla giurisprudenza della Corte di giustizia).

L'art. 82 TFUE prevede infatti, come atto normativo principale per realizzare la cooperazione giudiziaria in materia penale nell'Unione, la direttiva con la procedura legislativa ordinaria del Parlamento e del Consiglio, procedura che può essere sospesa, con rinvio al Consiglio europeo, se uno Stato membro ritenga che il progetto di direttiva incida su aspetti fondamentali del proprio ordinamento giuridico penale. Qualora sul testo vi sia particolare disaccordo fra gli Stati vi è la possibilità in ogni caso di instaurare una cooperazione rafforzata fra almeno nove Stati che siano favorevoli al progetto di direttiva.

In ogni caso, tenendo conto del tema su cui la normativa va ad incidere, l'art. 82 TFUE precisa che tali direttive dovranno contenere "norme minime", tenendo conto delle differenze tra le tradizioni giuridiche e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri.

3. Soft law

Le difficoltà che ha l'Unione europea ad intervenire in una materia così delicata, che da sempre è espressione della sovranità dei singoli Stati, ha determinato un largo uso di strumenti di soft law che consentono un adattamento da parte dei singoli alle richieste che provengono dall'Unione europea. Nella materia della cooperazione giudiziaria e di polizia, gli strumenti che vengono per lo più utilizzati sono:

Comunicazione (della Commissione): le comunicazioni rappresentano atti giuridici atipici e non vincolanti. La comunicazione è uno strumento del quale non vi è traccia nei trattati. La prassi delle comunicazioni della Commissione parrebbe trovare, oggi, nell'art. 15 dell'accordo quadro delle relazioni tra il Parlamento europeo e la Commissione europea una delle proprie fonti di legittimazione, e nell'allegato I a tale accordo. All'art. 15 è previsto, infatti, che la Commissione fornisce informazioni e documentazioni complete sulle riunioni con gli esperti nazionali nel quadro del lavoro sulla preparazione e l'attuazione della normativa dell'Unione, ivi compresi norme non vincolanti e atti delegati.

Piano d'azione: la qualificazione del piano d'azione con riguardo alla cooperazione in materia penale e di polizia è precisata dal Programma di Stoccolma al § 1.2.10 (su cui v. infra) ove si legge che, alla luce dei contenuti del programma di Stoccolma, il Consiglio europeo invita la Commissione a presentare nel primo semestre del 2010 un piano d'azione che dovrà, poi, essere adottato dal Consiglio, nel quale dovranno essere tradotti gli obiettivi e le priorità del programma di Stoccolma in azioni concrete secondo un preciso calendario di adozione e di attuazione e dovrebbe comprendere una proposta di calendario per la trasformazione degli strumenti con una nuova base giuridica.

Programma (del Consiglio europeo): il riferimento è, in particolare, al programma di Stoccolma, nell'ambito del quale il Consiglio europeo ha stabilito una nuova agenda per l'Unione europea (UE) in materia di giustizia, libertà e sicurezza, per il periodo 2010-2014, tenendo conto dei risultati conseguiti dai programmi di Tampere e dell'Aia. Il programma di Stoccolma subentra al programma dell'Aia, a sua volta succeduto al programma di Tampere, approvato dal Consiglio europeo dell'ottobre 1999, che per la prima volta aveva definito un programma pluriennale di interventi prioritari per creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Anche rispetto ai predetti strumenti programmatici era prevista l'adozione dei relativi piani d'azione da parte della Commissione.

Raccomandazione (del Consiglio): le raccomandazioni sono, da sempre, annoverate dai Trattati nell'ambito degli atti giuridici non vincolanti che possono essere adottati dalle istituzioni. Il riferimento alle raccomandazioni è rinvenibile oggi all'art. 288 TFUE. In particolare, per quanto concerne le raccomandazione del Consiglio, l'allegato VI al regolamento interno (decisione 2009/937/UE del 1.12.2009) relativo alla forma degli atti, prevede, quanto alle raccomandazioni che i documenti recanti tali atti rechino il titolo raccomandazione.

Risoluzione (del Consiglio): le risoluzioni sono ascrivibili al novero dei cosiddetti atti giuridici atipici adottati dalle istituzioni comunitarie, privi di vincolatività e diretti, per lo più, a stabilire un certo numero di principi comuni e condivisi, anche sulla base delle indicazioni pervenute dalla Commissione, in una determinata materia. Né il testo del TUE, né il TFUE operano riferimenti espressi a tale tipologia di atto. In proposito si ritiene opportuno segnalare quanto previsto dall'art. 296 TFUE, ove, rispetto al passato sembrerebbe essere maggiormente valorizzata la possibile atipicità di alcuni atti giuridici comunitari, allorquando si prevede che qualora i trattati non prevedano il tipo di atto da adottare, le istituzioni lo decidono di volta in volta, nel rispetto delle procedure applicabili e del principio di proporzionalità (§ 1) e che gli atti giuridici sono motivati e fanno riferimento alle proposte, iniziative, raccomandazioni, richieste o pareri previsti dai trattati (§ 2).

Potrebbero essere considerati atti di soft law anche le posizioni comuni, tenendo conto del loro valore eminentemente politico, anche se occorre ribadire che vincolano gli Stati nell'ambito delle organizzazioni internazionali e delle Conferenze internazionali a cui partecipano e quindi si possono collocare in una posizione intermedia fra le due tipologie di fonti.

Elisabetta Catelani