La Consulta esclude l’obbligo generale della riapertura del processo amministrativo nel caso di accertata violazione delle norme della CEDU sul giusto processo (2/2017)

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Sentenza 7 marzo 2017, n.123

Con la sentenza in epigrafe, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 106 del d.lgs. 104 del 2010 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), e degli artt. 395 e 396 del codice di procedura civile “nella parte in cui non prevedono un diverso caso di revocazione della sentenza quando ciò sia necessario, ai sensi dell’art. 46, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo”.


La questione era stata sollevata dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che aveva ravvisato l’esistenza di una “tensione tra le norme interne che disciplinano la revocazione della sentenza amministrativa passata in giudicato e l’obbligo assunto dall’Italia di conformarsi alle decisioni della Corte di Strasburgo (art. 46 CEDU)” (punto 1.2 del Ritenuto in fatto). Il caso nasceva da alcuni ricorsi proposti da soggetti che avevano svolto funzioni assistenziali presso il Policlinico dell’Università degli Studi di Napoli Federico II sulla base di contratti a termine e che ambivano al riconoscimento di un rapporto di lavoro di fatto con l’Università e dei relativi contributi previdenziali. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, rovesciando in appello il giudizio del TAR, aveva respinto i ricorsi in ragione del superamento del termine di decadenza previsto per il giudizio amministrativo. A causa di un mutamento giurisprudenziale della giurisprudenza della Cassazione, la scadenza del termine impediva loro anche la proposizione del ricorso davanti al giudice ordinario, lasciandoli privi di tutela giurisdizionale. Alcuni dei ricorrenti avevano allora presentato ricorso dinanzi alla Corte europea dei diritti umani che accertava la violazione ai loro danni degli obblighi relativi al giusto processo, di cui all’art. 6 della Convenzione europea e alla tutela del diritto di proprietà di cui all’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione stessa (sentenze Mottola c Italia e Staibano c Italia del 4 febbraio 2014). Sulla base delle pronunce della Corte europea, i ricorrenti proponevano un giudizio di revocazione della sentenza amministrativa pronunciata dal Consiglio di Stato all’origine delle violazioni della Convenzione europea, finalizzato anche ad ottenere, nel merito, la conferma della sentenza del TAR che aveva condannato l’Università al pagamento dei contributi previdenziali e dell’indennità di fine rapporto.
Il Consiglio di Stato aveva ritenuto l’ammissibilità del ricorso per revocazione, osservando come la Corte Costituzionale avrebbe potuto chiarire la necessità di interpretare le norme interne sulla revocazione della sentenza amministrativa in conformità agli obblighi internazionali e, segnatamente, all’obbligo di conformarsi alle sentenze della Corte europea ex art. 46 della Convenzione europea. Aveva così sollevato la questione di legittimità costituzionale delle norme nazionali sulla revocazione delle sentenze del giudice amministrativo con riferimento all’art. 117 Cost., per l’assenza di un meccanismo di riapertura del processo amministrativo nel caso di accertate violazioni della Convenzione europea.
La Corte Costituzionale ha respinto gli argomenti sollevati dal Consiglio di Stato. In via preliminare, essa ha considerato che la circostanza che le due sentenze della Corte europea rilevanti nel caso di specie (ossia le già citate sentenze Mottola c Italia e Staibano c Italia) non avessero affermato l’obbligo di riapertura del processo, non escludesse di per sé l’esistenza di tale obbligo in quanto misura di restitutio in integrum necessaria alla riparazione delle violazioni accertate. La Corte ha quindi ritenuto di valutare se la conclusione raggiunta nella sentenza n. 113 del 2011 - con la quale la Consulta ha riconosciuto l’obbligo di riapertura del processo penale per conformarsi alle sentenze della Corte europea – dovesse valere anche per i processi amministrativi (punto 9 del Considerato in diritto). Valorizzando la Raccomandazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europea R(2000)2 del 19 gennaio 2000 come importante strumento di interpretazione degli obblighi ricavabili dall’art. 46 della Convenzione europea, la Corte ha escluso che la riapertura del processo amministrativo costituisca una misura essenziale alla riparazione della violazione del diritto di accesso alla giustizia o degli standards del giusto processo. Secondo la Corte, infatti, tale misura si impone come obbligatoria solo qualora non pregiudichi i principi del giudicato e la tutela del legittimo affidamento dei terzi coinvolti nel processo amministrativo (punto 12.1 del Considerato in diritto). La Corte Costituzionale rivendica dunque l’esistenza di uno spazio di autonomia per gli Stati contraenti nella valutazione degli obblighi di conformazione derivanti dall’art. 46 della Convenzione europea e delle ricadute sul processo amministrativo concluso con sentenza ormai definitiva. L’esistenza di un margine di discrezionalità sarebbe peraltro confermata, secondo la Corte Costituzionale, dalla disomogeneità della legislazione degli Stati membri del Consiglio d’Europa in materia di revocazione delle sentenze amministrative, che non sempre prevede l’ipotesi della revocazione per violazioni del giusto processo accertate da sentenze della Corte europea. La Corte ha quindi affermato che spetta al legislatore il compito di operare il bilanciamento tra il diritto alla tutela giurisdizionale degli interessati e il diritto di difesa dei controinteressati nella disciplina dell’esecuzione delle sentenze della Corte europea riguardanti il giusto processo amministrativo e ciò anche perché, come ha sottolineato nella motivazione, essi non sono necessariamente coinvolti nel processo dinanzi alla Corte europea.