L’obbligo del giudice di prestare ossequio alla CEDU nell'ipotesi di difetto di giurisprudenza europea concretantesi in pronunzie-pilota o in indirizzi giurisprudenziali consolidati (2/2017)

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Sentenza n. 68/2017 – Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 7 aprile 2017 – Pubblicazione in G.U. del 12 aprile 2017, n. 15

Motivo della segnalazione

In questa decisione la Corte costituzionale è chiamata dalla Corte di cassazione, seconda sezione civile, con sei ordinanze di analogo tenore, a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale degli artt. 187-sexies del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), e 9, comma 6, della legge 18 aprile 2005, n. 62 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004), in riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 117, primo comma Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 7 CEDU: più in particolare, i giudici costituzionali tornano ad occuparsi del principio di legalità della pena in relazione a sanzioni amministrative aventi natura “sostanzialmente penale” secondo i criteri Engel.


Ma soprattutto emerge dalla decisione che la Consulta ha modo di esprimersi sull’obbligo del giudice nazionale e in particolare di quello italiano di prestare ossequio alla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo con specifico riguardo al caso di difetto di giurisprudenza europea concretantesi in pronunzie-pilota o in indirizzi giurisprudenziali consolidati.
Più specificamente, la Consulta osserva che è da respingere la tesi secondo la quale l’interprete non possa applicare la CEDU se non con riferimento ai casi che siano già stati oggetto di puntuali pronunce da parte della Corte di Strasburgo. Al contrario, così come si ricava dalla sentenze n. 349 del 2007 e n. 49 del 2015, l’applicazione e l’interpretazione del sistema di norme è attribuito beninteso in prima battuta ai giudici degli Stati membri. Il dovere di questi ultimi di evitare violazioni della CEDU li obbliga ad applicarne le norme, sulla base dei principi di diritto espressi dalla Corte EDU, specie quando il caso sia riconducibile a precedenti della giurisprudenza del giudice europeo, così come si evince dalle sentenze n. 36 e n. 276 del 2016.
In tale attività interpretativa, che gli compete istituzionalmente ai sensi dell’art. 101, secondo comma Cost., il giudice comune incontra il solo limite costituito dalla presenza di una normativa nazionale di contenuto contrario alla CEDU. In tale caso, la disposizione interna va impugnata innanzi alla Corte Costituzionale per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., ove non sia in alcun modo interpretabile in senso convenzionalmente orientato.
In altri termini, interpretare la Convenzione non può che significare anticipare, qualora si riveli necessario, la Corte di Strasburgo nello scioglimento di nodi esegetici che non sono ancora stati sottoposti alla sua attenzione.