La Corte conferma la “trasversalità” della «tutela dell’ambiente», ma anche i limiti della sua azione quanto nelle Autonomie speciali (3/2017)

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Sentenza n. 212/2017– giudizio di legittimità costituzionale in via principale

Deposito del 12 ottobre 2017 – pubblicazione in GU n. 42 del 18 ottobre 2017

Motivo della segnalazione

Le Province autonome di Bolzano e di Trento, con distinti ricorsi, hanno promosso questioni di legittimità costituzionale di numerose norme della legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).

Secondo la giurisprudenza della Corte, le agenzie – tra le quali l’ISPRA ricade –costituiscono enti tecnico-strumentali, separati dall’amministrazione attiva e dagli organi regionali di indirizzo-politico (sentenze n. 132 del 2017, n. 120 del 2010 e n. 356 del 1994), che svolgono attività di controllo, di supporto e consulenza tecnico-scientifica. L’intervento statale pone una disciplina variegata, accumunata però dalla finalità, immanente all’intervento del legislatore statale, di offrire una tutela unitaria e non frazionata del bene ambientale sull’intero territorio nazionale, secondo quanto disposto dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. La tutela dell’ambiente oggetto di detto parametro costituzionale non costituisce una materia in senso tecnico, «dal momento che non sembra configurabile come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze» (sentenza n. 407 del 2002). L’ambiente, dunque, è un valore «costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia “trasversale”, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale» (sentenze n. 171 del 2012 e n. 407 del 2002; nello stesso senso, sentenza n. 210 del 2016). In questo modo, è possibile che «la disciplina statale nella materia della tutela dell’ambiente v[enga] a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza, salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevata nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che concorrano con quella dell’ambiente» (sentenza n. 199 del 2014). L’intervento realizzato con la legge n. 132 del 2016 è, quindi, ispirato alla finalità di stabilire un principio unitario volto a garantire la “miglior tutela” della materia-obiettivo indicata dalla disposizione costituzionale; di conseguenza, lo scrutinio delle norme impugnate dovrà essere condotta alla luce della ratio delle singole disposizioni, censurabili qualora siano eccedenti o comunque incongruenti rispetto alla finalità complessiva della legge. Nella specie, la finalità “ambientale” deve però confrontarsi con la specificità della disciplina concernente le ricorrenti, quali enti ad autonomia differenziata: la competenza esclusiva in materia ambientale è stata infatti attribuita allo Stato con la l. cost. n. 3 del 2001 che, in virtù del suo art. 10, non ha ristretto lo spazio di autonomia agli stessi spettante in virtù dello statuto speciale. In altri termini, la normativa statale riconducibile alla materia trasversale di cui all’art. 117, comma 2, lettera s), Cost. è applicabile solo laddove non entrino in gioco le competenze riconosciute dalla normativa statutaria agli enti ad autonomia differenziata: in tal caso, lo scrutinio di legittimità costituzionale deve confrontarsi con il complessivo assetto normativo delineato dagli statuti di autonomia. Per la Corte, a seguito della riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, il legislatore statale conserva «il potere di vincolare la potestà legislativa primaria della regione a statuto speciale attraverso l’emanazione di leggi qualificabili come “riforme economico-sociali”: e ciò anche sulla base [...] del titolo di competenza legislativa nella materia “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, comprensiva tanto della tutela del paesaggio quanto della tutela dei beni ambientali o culturali; con la conseguenza che le norme fondamentali contenute negli atti legislativi statali emanati in tale materia potranno continuare ad imporsi al necessario rispetto» degli enti ad autonomia differenziata nell’esercizio delle proprie competenze (sentenza n. 51 del 2006).Non è invocabile, quindi, il solo limite dell’ambiente, in sé e per sé considerato. Esso va congiunto con il limite statutario delle riforme economico-sociali, sia pure riferite, in questo caso, alle tematiche ambientali. Con riguardo alle disposizioni impugnate, esercitando il proprio potere di decidere l’ordine delle questioni da affrontare, la Corte ritiene di esaminare prioritariamente quelle aventi ad oggetto i commi 2 e 4, secondo periodo, dell’art. 16 della legge n. 132 del 2016, concernente il regime di applicazione della normativa agli enti ad autonomia differenziata, per l’evidente rapporto di pregiudizialità logica che assume tale articolo rispetto alle altre norme impugnate. Il comma 2 del citato art. 16 reca una clausola che fa salve le vigenti disposizioni regionali e provinciali «fino alla entrata in vigore delle disposizioni attuative» della legge impugnata. Ad avviso delle ricorrenti, se intesa nel senso di condizionare la vigenza della normativa provinciale all’entrata in vigore della normativa statale di attuazione, la disposizione si porrebbe in contrasto con l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, che esclude la diretta applicabilità alle Province autonome delle norme costituenti limiti indicati dagli articoli 4 e 5 dello statuto. La condizione sospensiva posta dalla norma in esame potrebbe essere interpretata nel senso di riferirsi alle disposizioni di attuazione di matrice statale; in tal modo, l’applicabilità ad esse della legge n. 132 del 2016 sarebbe stata dunque attribuita allo Stato che, attuando detta legge, la renderebbe immediatamente applicabile alle Province autonome. Inoltre, secondo la Provincia trentina, l’impianto legislativo consentirebbe l’applicazione di norme regolamentari statali in sostituzione di quelle legislative provinciali, realizzando una sorta di delegificazione del settore. Ad avviso della Provincia autonoma di Bolzano, poi, l’automatica applicazione della normativa statale nel territorio provinciale produrrebbe a cascata la violazione delle competenze legislative primarie e concorrenti previste dagli artt. 8 (numeri 1, 5, 6, 13, 15, 16, 17 e 21) e 9 (numeri 8, 9 e 10), della corrispondente autonomia amministrativa prevista dall’art. 16 dello statuto speciale, nonché dell’art. 4, comma 1, del d.lgs. n. 266 del 1992 (ai sensi del quale la legge non può attribuire agli organi statali funzioni amministrative diverse da quelle spettanti allo Stato secondo lo statuto di autonomia e le relative norme di attuazione), oltre che dell’art. 10 della l. cost. n. 3 del 2001. Nel merito, la questione è giudicata fondata. È palese la violazione del dispositivo di adeguamento, disegnato dall’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, ad opera dell’art. 16, comma 2, della legge n. 132 del 2016. A conforto di tale conclusione viene richiamata la sentenza n. 356 del 1994 che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 7 del d.l. n. 496 del 1993, che disponeva l’immediata applicabilità anche alle Province autonome del decreto istitutivo delle agenzie per l’ambiente sino all’adozione delle apposite normative provinciali. Detta sentenza ha, infatti, sottolineato come simili disposizioni tocchino «i rapporti tra atti legislativi statali e leggi provinciali, invertendo la sequenza prevista dalle norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige», contraddicendo «palesemente le modalità ed i tempi di adeguamento della legislazione provinciale alle norme statali di riforma economico-sociale». Tali considerazioni conservano per la Corte attualità: ne deriva, dunque, l’illegittimità costituzionale dell’art. 16, comma 2, della legge n. 132 del 2016, nella parte in cui, salvando l’efficacia delle vigenti disposizioni regionali e provinciali «fino alla entrata in vigore delle disposizioni attuative», dispone la diretta applicazione della legge statale alle Province autonome. Rimangono assorbite le restanti censure sul punto, mentre vengono dichiarate costituzionalmente illegittime diverse altre previsioni di cui alla medesima legge, con particolare riferimento ad alcuni profili organizzativi dell’ISPRA.