Continuità dell’offesa e discontinuità della risposta sanzionatoria: discrezionalità del legislatore penale ed effetti di una precedente sentenza di accoglimento (3/2017)

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Sentenza n. 179/2017 e ordinanza n. 184/2017– giudizi di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 13/07/2017 – Pubblicazione in G.U. 19/07/2017 n. 29

Motivo della segnalazione

Nei casi decisi con la sentenza n. 179 e l’ordinanza n. 184 del 2017 sono giunte dinanzi alla Corte costituzionale – che le ha dichiarate ora inammissibili, ora manifestamente inammissibili –varie questioni di legittimità costituzionale aventi ad oggetto l’art. 73, comma 1, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (t.u. in materia di disciplina degli stupefacenti). Le ordinanze dei giudici a quibus muovevano dalla constatazione che si era creata una forbice edittale troppo ampia tra il minimo di pena previsto per i fatti non lievi concernenti le droghe pesanti – otto anni di reclusione e 25.822 euro di multa – e il massimo di pena – nella misura di quattro anni di reclusione e 10.329 euro di multa – previsto invece per i fatti lievi concernenti le droghe pesanti o leggere.

I parametri invocati dal Tribunale di Ferrara erano gli artt. 3, 25 e 27 della Costituzione, in relazione all’irragionevolezza del quadro sanzionatorio così determinatosi, alla marcata differenza di trattamento sanzionatorio per fatti di offensività solo leggermente diversa e per il pregiudizio che una sanzione così pesante arrecherebbe alla funzione rieducativa della pena. Dal canto suo, il GUP presso il Tribunale di Rovereto lamentava altresì la violazione degli artt. 11 e 117, comma primo, Cost, in riferimento agli artt. 49, par. 3, e 3 della CEDU. Nel suo ragionamento il giudice delle leggi prende le mosse dai cardini della propria giurisprudenza in materia di legislazione penale: principio di legalità di cui all’art. 25 Cost.; riconoscimento della discrezionalità politica del legislatore in sede di determinazione della misura delle pene; necessaria riconciliazione fra tale discrezionalità e i principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 27 della Carta. Prendendo le mosse da questi orientamenti, la Corte ha emanato sentenze di accoglimento quando le determinazioni del legislatore penale davano luogo a sperequazioni punitive radicalmente ingiustificate, anche alla luce dei canoni di razionalità e di ragionevolezza. Per quanto riguarda il problema del trattamento sanzionatorio residuo all’esito della dichiarazione d’illegittimità costituzionale, il rispetto delle attribuzioni del legislatore e della riserva di legge di cui all’art. 25 Cost. hanno indotto la Corte ha ricercare nell’ordinamento vigente disposizioni sanzionatorie sostitutive di quelle dichiarate costituzionalmente illegittime, in modo da non lasciare vuoti legislativi. La disposizione oggetto delle questioni di legittimità all’esame della Corte costituisce la risultante di una declaratoria d’illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 77 Cost. –contenuta nella pronuncia n. 32/2014, che per i fatti di non lieve entità ha confermato la rilevanza della distinzione fra droghe leggere e pesanti – e di un intervento del legislatore ordinario: col d.l. n. 36/2014 – convertito, con modificazioni, dalla legge n. 79/2014 – quest’ultimo ha ulteriormente diminuito il massimo edittale della pena prevista, per tutti i tipi di droghe, per i fatti di lieve entità. Si è così venuto a creare un evidente iato nel trattamento sanzionatorio tra minimo edittale del fatto di non lieve entità e massimo edittale del fatto lieve. Ad avviso della Corte, le due ipotesi di reato considerate dai giudici a quibus nelle loro ordinanze di rimessione danno luogo a fattispecie autonome. Se è vero che le differenze di trattamento sanzionatorio fra i due reati non giustificano salti sanzionatori di entità così rilevante, nondimeno a tale incongruenza si può rimedio attraverso molteplici soluzioni, tutte costituzionalmente legittime; né può ritenersi imposto, dal punto di vista dei principi costituzionali, che alla continuità dell’offesa corrisponda una continuità della risposta sanzionatoria. Anzi, è ben possibile riconoscere al legislatore “spazi di discrezionalità discontinua” nel trattamento sanzionatorio, legata all’esigenza di manifestare una maggiore severità nei confronti di condotte ritenute particolarmente lesive. Se è vero, perciò, che la divaricazione fra il minimo edittale previsto per i fatti non lievi e il massimo edittale previsto per quelli lievi “ha raggiunto un’ampiezza tale da determinare un’anomalia sanzionatoria”, per porvi rimedio è possibile contemplare “plurime opzioni legislative”. La Corte invita il legislatore a provvedere, ma non può che dichiarare inammissibili le due questioni di legittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309/1990 promosse da giudici comuni. È invece dichiarata manifestamente inammissibile la questione di legittimità sollevata dalla Corte di cassazione. Oltre a presentare argomenti simili a quelli del Tribunale di Ferrara e del GUP presso il Tribunale di Rovereto, la Suprema Corte ha denunciato una violazione dell’art. 25, secondo comma Cost., in quanto il minimo editale di otto anni – frutto della sentenza n. 32/2014 della Corte costituzionale – è una disposizione penale in malam partem reintrodotta nell’ordinamento in contrasto col principio della riserva di legge. L’inammissibile e improprio tentativo d’impugnazione di una sentenza del giudice delle leggi si rivela peraltro intimamente contraddittorio, dal momento che il giudice a quo vorrebbe far salvi gli effetti in bonam partem della medesima sentenza n. 32/2014.