La regione Emilia-Romagna aggiorna la legge sul reddito di solidarietà (2/2018)

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Nel dicembre del 2016 il Consiglio regionale dell’Emilia-Romagna approvò una misura per sostenere i nuclei familiari in condizioni economiche disagiate. La l.r. 24/2016, recante “Misure di contrasto alla povertà e sostegno al reddito”, si incentrava su “una misura regionale diretta a contrastare la povertà, l’esclusione sociale e la disuguaglianza, nonché a promuovere la crescita sociale ed economica, la valorizzazione delle competenze e dei saperi delle persone, l’accesso al lavoro” (cfr. M. Vincieri, Verso la tutela della povertà: l’ipotesi del reddito di inclusione, in Lav. e dir., 2/2017, 313; su altri recenti interventi a livello locale cfr. D. Benassi, Lombardia, Puglia, Livorno: alcune considerazioni sulle recenti iniziative locali in tema di reddito minimo contro la povertà, in Pol. soc., 1/2016, 153 ss.; L. Chies - E. Podrecca, Misure di reddito minimo e inclusione attiva in FVG: appunti per una valutazione, in Le politiche strutturali e la misurazione dei loro effetti: aspetti territoriali, a cura di S. Capellari, EUT, 2017, 61 ss.; M. Jessoula – M. Natili, Regioni e schemi di reddito minimo: rischi e opportunità di una governance multi-livello, in welforum.it, 17 gennaio 2018). La misura regionale, denominata ‘reddito di solidarietà’ (RES), mirava ad estendere la portata del sostegno per l’inclusione attiva, la misura nazionale che ha preceduto il reddito di inclusione (C. Agostini, Parte il Reddito di Solidarietà in Emilia Romagna: ecco come funziona, in Percorsi di secondo welfare, 19 settembre 2017).


Proprio perché il reddito di inclusione (ReI) è stato poi effettivamente introdotto dal legislatore statale con la legge delega 33/2017 (“Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali”), a cui ha fatto seguito il dlgs 147/2017 (“Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà”), nel giugno scorso il legislatore emiliano ha aggiornato alla nuova disciplina statale la propria legge sul contrasto alla povertà e sul sostegno al reddito. La l.r. 7/2018 ha ampiamente modificato la l.r. 24/2016 con l’obiettivo di adeguarla alla disciplina statale sul reddito di inclusione.
L’adeguamento si sviluppa lungo l’asse, suggerito dal dlgs 147/2017, dell’integrazione del ReI (sulla funzione integrativa che possono svolgere le Regioni cfr. A. Alaimo, Il reddito di inclusione attiva: note critiche sull’attuazione della legge n. 33/2017, in Riv. del dir. e della sicur. soc., 3/2017, 437; sul complesso riparto di competenze legislative statali e regionali cfr. Maccabiani, Una misura nazionale e strutturale di contrasto alla povertà: portata, iter e profili di rilievo costituzionale, in osservatorioaic.it, 3/2017, 16 ss.). La legge regionale ora chiarisce che il RES “consiste in una misura regionale diretta ad integrare la misura nazionale, incrementandone l'ammontare del beneficio”. A tal scopo, “la Regione integra con proprie risorse il Fondo Povertà nazionale per l’erogazione del RES agli aventi diritto”. Muovendosi lungo questa prospettiva di fondo, la modifica legislativa del giugno scorso tocca vari aspetti.
In primo luogo, delinea un parallelismo con la misura nazionale per quanto riguarda i beneficiari che, dunque, possono essere nuclei familiari in disagiate condizioni economiche. Inoltre, il componente del nucleo familiare che fa richiesta della misura deve essere: “1) cittadino dell’Unione o suo familiare che sia titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadino di paesi terzi in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo; 2) residente in Italia, in via continuativa, da almeno due anni al momento di presentazione della domanda” (art. 3.1 dlgs 147/2017). La legge regionale aggiunge l’ulteriore requisito secondo cui possono accedere al RES solo i nuclei familiari residenti da almeno 24 mesi continuativi nella regione. Il requisito temporale è decisamente più contenuto di quello previsto dalla l.r. 13/2017 della Liguria che condizionava alla permanenza da almeno dieci anni nella regione la possibilità per gli stranieri di accedere all’edilizia residenziale pubblica, e che la Corte costituzionale ha recentemente giudicato incostituzionale per irragionevolezza e mancanza di proporzionalità “risolventesi in una forma dissimulata di discriminazione nei confronti degli extracomunitari” (sent. 106/2018).
In secondo luogo, sempre in parallelo con la disciplina statale, la legge regionale stabilisce che “si decade o si è sospesi dal RES se si decade o si è sospesi dalla misura nazionale”; e che “Il RES ha la stessa durata della misura nazionale (…) pari a diciotto mesi, superati i quali il sostegno non potrà essere richiesto se non trascorsi almeno sei mesi dall'ultimo beneficio percepito”.
In terzo luogo, la legge regionale riformula il progetto al quale è condizionato l’erogazione del contributo. Nella versione del 2016 la legge regionale faceva riferimento a un “progetto di attivazione sociale e di inserimento lavorativo”, che doveva essere “concordato e sottoscritto dai componenti maggiorenni del nucleo familiare”, ed era “finalizzato al superamento della condizione di povertà ovvero dei rischi di marginalità familiare, all'inclusione sociale, all'inserimento o reinserimento lavorativo.” Il testo del 2018 riprende dalla disciplina statale il concetto di ‘progetto personalizzato’ che però non appare sostanzialmente diverso, dato che “Il beneficio economico è erogato nell’ambito di un progetto personalizzato, di attivazione sociale e di inserimento lavorativo (…) finalizzato a superare le condizioni di difficoltà del richiedente e del relativo nucleo familiare”.
In quarto luogo, il testo del 2018 attua la previsione del decreto legislativo relativa al programma regionale per la lotta alla povertà. Il piano regionale triennale deve essere approvato dal Consiglio regionale e definisce “specifici rafforzamenti del sistema di interventi e servizi per il contrasto alla povertà finanziabili a valere sulla quota del Fondo Povertà nazionale e sui fondi regionali ed europei.” Spetta invece alla Giunta regionale definire l’ammontare del RES che ha la stessa durata della misura nazionale. La legge regionale individua poi nei comuni i soggetti tenuti ad attuare la misura, in parallelo alla previsione del decreto legislativo secondo cui che ad essi spetta “l’attuazione territoriale del ReI”. Più nel dettaglio, la richiesta del RES va presentata al comune (o all’unione dei comuni territorialmente competente), utilizzando un modello di domanda unica RES-ReI, che effettua l’istruttoria delle domande; e sempre il comune autorizza la spesa e l’erogazione del contributo economico a favore del richiedente.