Dei presupposti per l’esercizio del potere di ordinanza da parte del sindaco (2/2019)

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CONS. STATO, sez. V, 21 giugno 2019, n. 4268

Con la sent. in oggetto il Cons. Stato ha deciso l’appello avverso sentenza del Tar Lazio che accoglieva il ricorso proposto avverso l'ordinanza n. 185 del 2008, con cui il Sindaco del Comune di Viterbo aveva disciplinato gli orari di apertura e chiusura di esercizi commerciali e, in generale, delle attività produttive insistenti sul territorio comunale, nonché avverso il provvedimento della Polizia locale del 25 giugno 2009, che aveva applicato la detta ordinanza all'esercizio commerciale della ricorrente.


Il Cons. Stato ha rilevato che il primo giudice ha dato per acquisita la qualificazione dell'atto impugnato quale ordinanza emessa ai sensi dell'art. 50, co. 5 e dell'art. 54, co. 4 TUEL, ovvero quale atto volto a fronteggiare con rimedi contingibili emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, e non ha poi rinvenuto i presupposti e le condizioni per l'adozione di tale tipologia di ordinanza.
Ha, invece, affermato che l'ordinanza sindacale in esame va qualificata come atto volto a coordinare e riorganizzare, ai sensi del comma 7 del medesimo articolo 50 del Tuel, gli orari degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi.
Un primo elemento in tal senso è desumibile dal preambolo dell'ordinanza, che riporta che "nell'ambito delle competenze che la legge attribuisce al Sindaco vi è quella del coordinamento degli orari della Città e, tra l'altro, degli esercizi commerciali in genere".
Tale richiamo è evidentemente riferito alla previsione di cui all'art. 50, comma 7 del Tuel, il quale, appunto, demanda al sindaco i compiti di coordinamento e riorganizzazione degli orari degli esercizi commerciali e dei pubblici esercizi. Si tratta di compiti che sono tipicamente esercitati attraverso ordinanze di contenuto 'ordinario', adottate dal sindaco nella sua qualità di capo dell'amministrazione comunale (e non in quella, concomitante, di ufficiale di governo).
Di contro, l'appena richiamata premessa non è in alcun modo compatibile con la previsione di cui al co. 5 dell'art. 50 del Tuel, che non riferisce il potere di ordinanza contingibile al coordinamento degli orari cittadini.
Un secondo elemento che depone nel senso indicato è rappresentato dal richiamo (anch'esso contenuto nel preambolo dell'ordinanza) all'art. 11 del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59). Il comma 1 di tale art. 11 dispone che "gli orari di apertura e di chiusura al pubblico degli esercizi di vendita al dettaglio sono rimessi alla libera determinazione degli esercenti nel rispetto delle disposizioni del presente articolo e dei criteri emanati dai comuni, sentite le organizzazioni locali dei consumatori, delle imprese del commercio e dei lavoratori dipendenti, in esecuzione di quanto disposto dall'articolo 36, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142".
Ebbene, l'art. 36, comma 3 della l. 142 del 1990 (disposizione del previgente Tuel richiamata nell'ambito della norma a sua volta richiamata dal Comune di Viterbo nel preambolo dell'ordinanza n. 185 del 2008) corrisponde nella sostanza all'art. 50, comma 7 del Tuel del 2000.
Indi, nelle premesse dell'ordinanza impugnata in primo grado il Comune di Viterbo ha richiamato una disposizione nazionale in materia di disciplina degli orari di apertura e chiusura degli esercizi che si riferiva a sua volta all'esercizio da parte del sindaco di un ordinario potere di coordinamento (e non all'adozione di ordinanze contingibili e urgenti).
Un terzo elemento che depone nel senso indicato è rappresentato dal richiamo all'art. 31 della l.r. Lazio 18 novembre 1999, n. 33 (Disciplina relativa al settore commercio).
La disposizione in questione, nel dettare i princìpi per l'adozione in ambito comunale dei criteri in materia di orari di vendita, richiama il ridetto art. 36, comma 3 della l. 142 del 1990 (disposizione previgente che, come detto, coincide nella sostanza con l'attuale art. 50, comma 7 del d.lgs. n. 267 del 2000, evocando - al pari di quest'ultima - un ordinario potere di ordinanza sindacale).
Anche in questo caso, quindi, resta escluso per tabulas che, in sede di adozione dell'ordinanza impugnata in primo grado, si fosse inteso attivare il potere di ordinanza contingibile e urgente di cui all'art. 50, comma 5 del TUEL.
Quindi, alla luce di tutto quanto sopra la sentenza appellata è partita da una premessa giuridico-fattuale non corretta. L'ordinanza sindacale n. 185 del 2008 non poteva essere inquadrata, come ha fatto il primo giudice, nel novero delle ordinanze contingibili e urgenti di cui all'art. 50, comma 5 del Tuel. Resta, di conseguenza, estranea all'ordinanza stessa la necessità di una puntuale esposizione della sussistenza dei presupposti e delle condizioni per l'adozione di tale tipologia di atto, di cui invece la sentenza appellata ha rilevato la carenza.