“Diritti e pari opportunità” nella denominazione della I Commissione. La proposta di modifica Doc. II, n. 12 al regolamento della Camera dei deputati (2/2020)

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In questa segnalazione si dà conto di una proposta di modifica puntuale al regolamento della Camera dei deputati, il Doc. II, n. 12, presentato dalla deputata Barbara Pollastrini (27 gennaio 2020), in materia di denominazione delle commissioni permanenti. Essa mira semplicemente a integrare, al primo comma dell’art. 22 r.C., il nome della I Commissione “Affari costituzionali, della Presidenza del consiglio e interni” con l’ulteriore specificazione “Diritti e pari opportunità”.

Secondo quanto espresso nella relazione introduttiva, questo intervento si pone come un contributo al più ampio sforzo di ripensamento del sistema delle Commissioni, che si rende necessario in corrispondenza della riduzione del numero dei parlamentari, secondo quanto previsto dalla legge di revisione costituzionale approvata l’8 ottobre 2019, in attesa di conferma referendaria.
Si vorrebbe introdurre, nella denominazione della I Commissione, «espresso riferimento al tema dei diritti, considerando tale Commissione la sede naturale di approfondimento di tali tematiche» e a quello delle «pari opportunità, […] attribuendone in modo esplicito la competenza alla I Commissione permanente». Lo spirito della proposta è dunque meritevole di apprezzamento, e non sembra trascurabile il fatto che essa provenga da una parlamentare che ha ricoperto, tra gli altri incarichi, proprio quello di Ministra per i Diritti e le pari opportunità (nel II Governo Prodi, 2006-08).
Tuttavia, la portata dell’intervento deve essere, almeno in parte, ridimensionata. La stessa relazione, infatti, ricorda come, ai sensi dell’art. 22, comma 1-bis r.C., con «lettera circolare del 16 ottobre 1996 del Presidente della Camera si è provveduto a precisare, sulla base della disciplina regolamentare vigente al momento, che la I Commissione permanente si occupa», tra l’altro, di «affari costituzionali» e «affari della Presidenza del Consiglio, esclusa l'editoria». Quindi certamente già attualmente la competenza in materia di diritti e pari opportunità non è affatto estranea alla I Commissione (ancor più se si ricorda che presso la Presidenza del Consiglio è istituito il Dipartimento per le Pari opportunità).
Inoltre, l’iniziativa in questione non sembra idonea a erodere del tutto le competenze concorrenti di altre Commissioni rispetto a quelle della I, la quale, peraltro, si trova, ratione materiae, a doversi confrontare con un gran numero di altre questioni. Infatti, la novella regolamentare necessiterebbe, in tal senso, di essere integrata da un aggiornamento della già citata circolare presidenziale. Peraltro, si deve osservare che la materia dei diritti e delle pari opportunità non può che avere un carattere “orizzontale”: difficile pensare che possa andare disgiunta, ad esempio, da quella del diritto di famiglia e dello stato civile, rimessa alla II Commissione “Giustizia”, da quella delle politiche occupazionali, propria della XI Commissione “Lavoro pubblico e privato”, da quella delle politiche per la famiglia, l’infanzia, gli anziani, affidata alla XII, cui, come da intitolazione, fanno peraltro capo, genericamente, gli “Affari sociali”.
Si segnala, peraltro, come la proposta risulti estranea anche al perimetro delle iniziative per dare vita, in materia, a commissioni con funzioni consultive, di indirizzo e di controllo, tra le quali, nella presente Legislatura, si può citare quella del d.d.l. S. 331 (presentato il 27 giugno 2018 al Senato, prima firmataria Donatella Conzatti), in materia di “istituzione di una Commissione parlamentare [bicamerale] per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere”.
In definitiva, il rilievo sostanzialmente nominalistico e la ridotta portata precettiva del documento in questione, che pure si riferisce a temi di spiccato valore sociale, spingono a considerarlo un esempio di quella “normazione spettacolo”, così tipica dell’età della “narrazione politica” e della “democrazia del pubblico”.