Statuto comunale e sistema delle fonti nella Regione Siciliana (3/2021)

Stampa

CONS. GIUST. AMM. SICILIA, sez. giurisd., 06 agosto 2021, n. 778
Il collegio, in ordine all'inquadramento della fonte statutaria, aderisce alla tesi che qualifica lo statuto come atto formalmente amministrativo, ma sostanzialmente normativo atipico, di rango primario o subprimario, e collocato nel sistema delle fonti in posizione di primazia rispetto alle fonti secondarie dei regolamenti e al di sotto delle leggi di principio, in quanto diretto a fissare le norme fondamentali di organizzazione dell'ente ed a porre i criteri generali per il suo funzionamento, da svilupparsi in sede regolamentare (tale giurisprudenza, da ritenersi allo stato prevalente, ha quale capostipite la sentenza della Corte di Cassazione SS.UU. 16 giugno 2005, n. 12868).

Il rapporto tra fonte legislativa e statutaria, quindi, può essere delineato facendo riferimento sia al criterio della gerarchia, limitatamente ai principi, sia a quello della competenza, in rapporto a tutte le altre disposizioni di legge.
In tale ottica si rivela necessario, ai fini della decisione della controversia, stabilire se la previsione di un determinato quorum funzionale per l'approvazione della mozione di revoca del presidente del Consiglio comunale costituisca o meno una norma di principio, alla quale restano inevitabilmente subordinate le disposizioni, eventualmente difformi, degli Statuti comunali.
La risposta del Collegio è affermativa.
Nell'ambito della Regione Siciliana, stante i più ampi margini che l'ordinamento riconosce alla Regione quanto all'esercizio di potestà normative, il compito di rilevare i "principi generali in materia di organizzazione pubblica" condizionanti l'esercizio della potestà statutaria degli Enti Locali spetta innanzitutto alla legislazione regionale, in forza della riserva di competenza prevista dall'art. 14, lettera o), dello Statuto Regionale. Tale articolo, infatti, prevede che "l'Assemblea, nell'ambito della Regione e nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato, senza pregiudizio delle riforme agrarie e industriali deliberate dalla Costituente del popolo italiano, ha la legislazione esclusiva sulle seguenti materie", tra cui, alla lettera o), è indicato il "regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative".
Pertanto, può convenirsi sul fatto che alla legge statale o, come nel caso di specie, regionale spetta la determinazione dei principi generali delle materie dell'organizzazione e del funzionamento degli enti locali, mentre alla fonte statutaria spetta la relativa normativa di dettaglio.
La norma di legge regionale introdotta dall'art. 10 della L.R. n. 6 del 2011 ha demandato all'autonomia statutaria la disciplina delle modalità di presentazione e di discussione della mozione, introducendo i principi generali della motivazione della proposta e del voto favorevole di almeno i due terzi dei componenti il consiglio.
Tali principi attengono proprio all'organizzazione ed al corretto funzionamento degli enti locali e ne costituiscono norme fondanti, mentre le modalità di presentazione della proposta, costituendo la relativa normativa di dettaglio, sono riservate all'autonomia statutaria.
La funzione del Presidente del Consiglio comunale, d'altra parte, è posta a garanzia dell'efficace funzionamento dell'organo e della corretta dialettica tra maggioranza e minoranza, con la conseguenza che la revoca non può che essere causata dal cattivo esercizio della funzione, in quanto ne sia viziata la neutralità (cfr. Cons. Stato, V, n. 5605 del 2013).
Il carattere di principio generale che il legislatore regionale ha voluto attribuire alla disposizione che prevede la maggioranza qualificata di almeno due terzi dei componenti per l'approvazione della mozione di revoca è attestato anche dal secondo comma dell'art. 10 della L.R. n. 6 del 2011, che impone l'adeguamento statutario da parte dei comuni e delle province entro il termine di 90 giorni, previsione normativa che perderebbe di qualunque significato ove il richiesto quorum funzionale potesse essere liberamente modificato o non adeguato dalla singola amministrazione comunale.
Una volta riconosciuta la natura di norma di principio alla previsione introdotta dall'art. 10 della L.R. n. 6 del 2011, peraltro successiva all'approvazione dello Statuto comunale di Palagonia, risulta evidente l'illegittimità dell'impugnata deliberazione di Consiglio comunale n. 42 del 2020, che ha approvato la mozione di revoca con un numero di voti favorevoli inferiore a quello di due terzi previsto dalla legislazione regionale.
Infatti, l'art. 10 della L.R. Sicilia n. 6 del 2011, nell'inserire l'art. 11-bis alla L.R. n. 35 del 1997, da un lato, ha salvaguardato le modalità statutarie per la presentazione della mozione di revoca del presidente dal Consiglio comunale, dall'altro, ha dettato i principi della necessaria motivazione della mozione di revoca e dell'approvazione della mozione da parte di almeno i due terzi dei componenti del Consiglio.
Ne consegue che, essendo lo statuto comunale in ogni caso subordinato ai principi generali fissati dalla legge regionale ed essendo stato disciplinato dal Comune di Palagonia l'istituto della revoca del presidente del Consiglio comunale, la norma statutaria del Comune di Palagonia, peraltro precedente all'entrata in vigore dell'art. 11-bis della richiamata legge regionale, deve intendersi eterointegrata, ove non adeguata, con riferimento al quorum funzionale necessario all'approvazione della mozione di revoca.