Novità e carenze del DDL n. 83 su Costituzione e ambiente: la riforma degli artt. 9 e 41 Cost. (2/2021)

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Il 9 giugno 2021, il Senato della Repubblica ha approvato in prima lettura un disegno di legge volto a integrare il valore dell’ambiente nell’elenco dei principi fondamentali (art. 9) e nella prima parte (art. 41) della Costituzione, con 224 voti favorevoli, 23 astensioni e nessun voto contrario. Il testo su cui è avvenuta la deliberazione risulta dall’unificazione di varie proposte, presentate da parlamentari di varie forze politiche e la formulazione di compromesso ha potuto raccogliere un consenso molto vasto.

L’iniziativa di revisione intende aggiungere un terzo comma all’art. 9 Cost. «[La Repubblica] tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali», nonché modificare le disposizioni dei commi secondo e terzo dell’art. 41 Cost.: «L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali».
Si tratta di un’iniziativa di particolare rilievo, perché mira a incidere su quella parte della Costituzione considerata un “nucleo duro”, ossia sui principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale.
L’obiettivo perseguito da questo intervento è quello di valorizzare il tema dell’ambiente nell’ambito di una Costituzione che è nata in un momento in cui la sensibilità in materia non era ancora matura, pertanto, si tratta di un’iniziativa meritevole di apprezzamento, ma un’operazione di tale importanza merita un’analisi approfondita e critica.
In primo luogo, come osservato, in caso di approvazione definitiva nella parte relativa all’art. 9 Cost., saremmo dinanzi alla prima modifica apportata ai principi fondamentali della Costituzione. A tal riguardo occorre ricordare che la Corte costituzionale, a partire dalla nota sentenza n. 1146 del 1998, ha affermato che «la Costituzione italiana contiene alcuni principi supremi che non possono essere sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale o da altre leggi costituzionali».
Occorre tener ben presente che non necessariamente l’intero contenuto dei primi dodici articoli integra lo stesso valore “supremo”, e, per converso, che i principi “supremi” ben possono essere contenuti in altra parte della Costituzione, pertanto, la questione fondamentale sulla quale si dovrà interrogare la dottrina è se le disposizioni sulla tutela del paesaggio siano suscettibili di essere integrate perchè in concreto non viene stravolto il loro nucleo precettivo essenziale.
Dal punto di vista dello stato dell’arte in materia un diritto costituzionale dell’ambiente è stato riconosciuto dal giudice delle leggi con una giurisprudenza consolidata che risente, tuttavia, delle problematiche connesse ad un diritto casistico: si è riconosciuta la rilevanza costituzionale dell’interesse ambientale, inteso come tutela sia paesaggistica sia ecologica, ricavabile dal combinato disposto dei vigenti artt. 9 e 32 Cost.; poi, la qualificazione dell’ambiente come valore e obiettivo costituzionale fondamentale, infine, come oggetto di una tutela trasversale da parte dei diversi livelli di governo.
Il progresso nella tutela ambientale vede, inoltre, nel livello unionale un propulsore fondamentale: l’art. 3, p. 3 del vigente TUE afferma che l’Unione persegue «lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato [...] su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente» cui si aggiungono i plurimi riferimenti contenuti nel TFUE e nella Carta di Nizza.
Quanto alla riforma italiana si può rilevare la conformità alla disciplina europea del riferimento all’ambiente come valore obiettivo e non posizione giuridica soggettiva e anche il riferimento all’interesse delle future generazioni, in linea con la prospettiva di lungo periodo fatta propria dal diritto unionale, mentre non convince la mancata previsione di interessi fondamentali quali lo “sviluppo sostenibile”.
Da un punto di vista comparato, inoltre, occorre considerare che nella Repubblica federale tedesca, dopo lunghe discussioni, è stata emendata la Legge fondamentale, con legge del 27 ottobre 1994, dall’art. 20A: si stabilisce che lo Stato e i pubblici poteri abbiano la responsabilità di tutelare i fondamenti naturali della vita (tra i quali viene ricondotto il clima) e gli animali, anche nell’interesse delle generazioni future.
Anche la Costituzione francese è stata emendata con la legge costituzionale del 1° marzo 2005, la quale ha introdotto, nel preambolo del testo, un riferimento alla Charte de l’environnement del 2004. Così, i diritti e i doveri previsti da questo nuovo testo acquisiscono piena efficacia giuridica e valore di parametro nella giurisprudenza del Consiglio costituzionale. La Charte afferma, tra l’altro, che «chacun a le droit de vivre dans un environnement équilibré et respectueux de la santé» (art. 1) e che «les politiques publiques doivent promouvoir un développement durable» (art. 8): il diritto a un ambiente salubre può, quindi, essere circoscritto solo per esigenze costituzionalmente fondate e in modo proporzionato agli obiettivi perseguiti.
Occorre, inoltre, ricordare che è in corso un’iniziativa di revisione volta a integrare l’art. 1 della Costituzione con il principio per cui la Repubblica «garantit la préservation de l’environnement et de la diversité biologique et lutte contre le dérèglement climatique. Appaiono particolarmente significativi la distinzione tra ambiente e biodiversità e il riferimento al cambiamento climatico. La proposta del Governo è stata approvata senza modifiche dalla Camera (16 marzo), mentre il Senato, il 10 maggio, ha deliberato una nuova formulazione: la Francia «préserve l’environnement ainsi que la diversité biologique et agit contre le dérèglement climatique, dans les conditions prévues par la Charte de l’environnement de 2004».
Guardando al testo nazionale di riforma costituzionale si deve segnalare un’evoluzione rispetto alla l. cost. n. 3 del 2001, che aveva introdotto all’art. 117 Cost. la «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema» (co. 2, lett. s): adesso si aggiunge il richiamo alla “biodiversità”, e si dà un’accezione plurale agli “ecosistemi”. Come rilevato in dottrina (cfr. Santini, Forum di Quaderni costituzionali) si tratta di «un passo avanti rispetto alla concezione originaria dei costituenti, che avevano piuttosto a mente l’idea della natura come insieme di “monumenti”».
Da un punto di vista costituzionale occorre, inoltre, considerare che i valori dell’ambiente e della biodiversità possono entrare in conflitto con le esigenze di tutela del paesaggio, come nel caso degli ambienti urbani, ma anche di quelli della campagna caratterizzati da uno sfruttamento intensivo del territorio: sarà pertanto necessario procedere a un nuovo bilanciamento tra la dimensione paesaggistica ed estetica e quella più strettamente biologica.
La riforma prevede anche l’inserimento all’art. 9 Cost. di una clausola sugli animali, che riserva alla legge dello Stato il compito di «disciplinarne i modi e le forme di tutela». Questa disposizione è stata oggetto delle maggiori contrapposizioni nell’esame parlamentare e rappresenta un “compromesso” tra chi voleva riconoscere in capo agli animali il carattere di esseri senzienti, in linea con l’art. 13 TFUE, e chi riteneva il riferimento alla fauna già ricompreso nei termini “ambiente”, “biodiversità”, “ecosistema”.
Ha natura “compromissoria” anche la previsione di una “geometria variabile” per cui la legge di cui all’art. 9 «si applica alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti delle competenze legislative ad esse riconosciute dai rispettivi Statuti» (art. 3), in controtendenza rispetto agli interventi di riforma più recenti ispirati da una logica di omogeneità.
Occorre, però, osservare criticamente la collocazione di una riserva di legge statale nell’ambito dei principi fondamentali, laddove avrebbe potuto trovare una sede più adeguata nell’ambito dell’art. 117 Cost. Tale riserva, infatti, non ha soltanto un valore di garanzia, ma segna anche un limite alla competenza legislativa regionale. La riserva esclusivamente in capo al legislatore statale, avrà infatti, un effetto di compressione della competenza regionale nelle materie concorrenti e residuali, soprattutto se si considera che la tutela degli animali può interessare discipline settoriali e potrebbe, quindi, assumere una ingente forza espansiva.
La revisione prevede nel testo dell’art. 41 Cost. un nuovo limite alla libertà di iniziativa economica privata quello della salute e dell’ambiente, aggiuntivo a quelli dell’utilità sociale, della sicurezza, della libertà e della dignità umana, individuando l’ambiente come limite, secondo una lettura quasi antagonista del suddetto interesse.
Occorre rilevare che l’art. 41 sarebbe forse stata la sedes materiae più adeguata per introdurre i riferimenti allo “sviluppo sostenibile” quale obiettivo fondamentale nella interazione tra interessi contrapposti. Viceversa, nel dibattito parlamentare sembra aver prevalso una dialettica conflittuale tra la dimensione degli ecosistemi e della biodiversità e quella dello sviluppo antropico.
Cosa manca nel testo di revisione?
Non si è intervenuti a ridisegnare la disciplina dei processi decisionali volta a regolare le istanze di trasparenza, partecipazione e collaborazione tra scienza e politica, quindi, non è stato dato un parametro di legittimità procedurale, né si trovano indicazioni sulle modalità di composizione degli interessi in gioco, il che si traduce in ultima analisi nella mancata predisposizione di efficaci strumenti di governo delle politiche ambientali.
Peraltro, manca ogni riferimento ad altri principi costituzionali fondamentali inerenti al tema: il dovere di solidarietà, ricavabile dall’art. 2 Cost. e l’idea che la tutela dell’ambiente debba accompagnarsi alla sua “valorizzazione”, che avrebbe dato alla norma costituzionale un maggior impulso operativo. Manca, inoltre, come detto, un richiamo esplicito allo “sviluppo sostenibile” e se ne è costituzionalizzata soltanto una componente, quella dell’equità intergenerazionale, lasciando da parte quella intragenerazionale, meritevole di altrettanta considerazione.
Quali le conseguenze della riforma costituzionale?
Inserire il valore dell’ambiente tra i principi supremi dell’ordinamento potrebbe guidare la Corte costituzionale verso l’adozione di un parametro di legittimità, verso un canone di valutazione delle decisioni e della discrezionalità del legislatore particolarmente stringente, verso uno strict scrutiny rispetto all’opzione legislativa. Infatti, la scelta di intervenire sui primi articoli del testo costituzionale, dove si iscrivono i caratteri fondamentali della forma di Stato, potrebbe portare a dare un peso “rinforzato” ai valori ambientali nel contemperamento con altri interessi costituzionali.
Del pari una previsione costituzionale che faccia riferimento esplicito all’elemento faunistico può rappresentare un parametro utile nel giudizio costituzionale e anche per la giurisprudenza ordinaria, che, finora, hanno incontrato difficoltà nel ricostruire i rapporti tra l’uomo e gli animali alla luce di norme costituzionali.
Inoltre, il nuovo art. 41 Cost. potrebbe anche offrire una copertura costituzionale agli interessi sottesi all’economia circolare, peraltro, fatti propri da vari atti dell’Unione europea, verso un modello rigenerativo che superi l’economia lineare.