La recente legislazione regionale in materia di disabilità (1/2022)

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Gli interventi regionali in materia di disabilità, anche se alquanto frammentati e non sempre riconducibili ad un disegno politico organico, sono stati particolarmente numerosi negli ultimi anni.

Per comodità espositiva, divideremo la più recente legislazione regionale in materia in tre grandi filoni, prendendo in considerazione prevalentemente il periodo 2019-2022. Un primo filone di interventi è da ricondurre all’attuazione di quanto previsto dalla legge sul Dopo di Noi del 2016 o comunque alla predisposizione di strumenti ed istituti volti ad assicurare la “vita indipendente” delle persone con disabilità grave senza supporto familiare. Una seconda serie di interventi, di carattere più generale, è invece volta a sistemare la legislazione regionale e a programmare i futuri interventi in materia, inserendosi in una prospettiva di riordino normativo che sta ispirando anche il legislatore nazionale, che ha approvato alla fine dello scorso anno la tanto attesa Legge delega in materia di disabilità (legge 22 dicembre 2021 n. 227 recante Delega al Governo in materia di disabilità). Infine, la terza serie di interventi ha un carattere più specifico ed è diretta a disciplinare singoli istituti o ad affrontare specifiche situazioni problematiche.

1. Con l’approvazione della legge sul Dopo di Noi (l. 22 giugno 2016, n. 112), il legislatore nazionale ha predisposto e disciplinato una serie di strumenti ed istituti volti a garantire la qualità della vita della persona con disabilità (grave) quando venga meno il sostegno parentale. Le Regioni sono state chiamate ad assicurare l’assistenza sanitaria e sociale a tali persone (art. 2, comma 1) e a distribuire a livello locale le risorse previste dalla legge, attraverso l’adozione di indirizzi di programmazione in cui definire i criteri per l’erogazione, la revoca dei finanziamenti e la verifica dell’attuazione delle attività svolte (art. 3).
In particolare, il legislatore ha previsto il ricorso a due strumenti di fondamentale importanza: il progetto personalizzato e il budget di progetto. La normativa nazionale ha lasciato alle Regioni un ampio grado di autonomia e flessibilità nella realizzazione dei singoli programmi attuativi, da elaborare in relazione alle peculiarità territoriali. Diverse Regioni, all’interno delle proprie deliberazioni attuative, hanno declinato in modo differente definizioni e utilizzi del progetto personalizzato e del relativo budget. Ciò ha consentito ad alcune Regioni di adottare un approccio talora anche di più ampio respiro, per esempio stabilendo che il budget di progetto debba perseguire l’intento di imprimere un’evoluzione dell’assetto organizzativo del sistema di assistenza, al fine di superare la nozione di ricovero e introdurre quella di residenzialità, legata alla necessità di offrire non semplicemente un alloggio, ma una casa, in un’ottica di de-istituzionalizzazione (si v. per es. quanto disposto dal recente Piano regionale Dopo di Noi della Regione Lombardia approvato con D.G.R. 24 maggio 2021 n. 4749). Sono segni di un fondamentale cambiamento di prospettiva, espresso anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che si pone l’ambizioso obiettivo di porre fine al modello di assistenza istituzionalizzata e di assicurare la “massima autonomia e indipendenza della persona”.
Alcune Regioni, di recente, si sono spinte più in là e sono intervenute disciplinando con legge la materia. È il caso della Regione Puglia (l. r. 7 luglio 2020, n. 15, recante Interventi regionali per favorire l’autonomia, la vita indipendente e la qualità della vita delle persone con disabilità, anche senza supporto familiare, in Puglia). Meriti indiscussi di tale iniziativa sono per esempio la definizione in via legislativa del progetto personalizzato (cd. “di vita indipendente”; art. 2) e l’individuazione dei beneficiari degli interventi (art. 3), una forse indispensabile divisione dei compiti tra Regione (art. 7), Ambiti (art. 8) e ASL (art. 9) e la disciplina della figura dell’assistente personale (art. 4; che per la verità ricalca quanto già previsto della l. r. Marche 28 giugno 2018 n. 21 recante Interventi regionali per favorire la vita indipendente delle persone con disabilità). Quest’ultima figura viene presentata come strumento per rendere davvero effettivo il progetto di vita indipendente, riconoscendo la possibilità di poter fruire di un contributo economico per l’assunzione (attraverso apposito contratto di lavoro) di tale assistente, scelto con “piena libertà” dalla persona con disabilità. La legge pugliese prevede anche appositi percorsi formativi rivolti a coloro che svolgono o vogliono intraprendere l’attività di assistente personale.
Una spinta per una simile iniziativa legislativa è arrivata anche da molte associazioni della Toscana e della Lombardia, nella quale è in discussione presso il Consiglio regionale una proposta di legge “per il diritto alla vita indipendente”, presentato ormai nel novembre 2020, basato sull’idea che non esistono persone la cui condizione di disabilità sia “troppo grave” da essere escluse da tale diritto.

2. Specialmente negli anni successivi alla riforma del Titolo V, la normativa regionale in tema di disabilità si è stratificata in centinaia di disposizioni di diversa natura giuridica (legislativa e amministrativa), rendendo piuttosto complesso alle persone con disabilità orientarsi tra di esse e alle Regioni impostare politiche di lungo corso e di ampio respiro. Non sono però mancati (sporadici) interventi di tale natura, dettati dall’esigenza sempre più sentita di una progressiva sistemazione della materia – esigenza che, come detto, è avvertita anche dal legislatore nazionale impegnato che a dicembre scorso ha approvato la sopra richiamata Delega al Governo n materia di disabilità.
Anzitutto, si deve segnalare la nota iniziativa della Regione Toscana che, con l. r. 18 ottobre 2017 n. 60 (recante Disposizioni generali sui diritti e le politiche per le persone con disabilità), ha tentato di rispondere “all’esigenza di inserire in un sistema organico le disposizioni per la tutela dei diritti della persona con disabilità” e di fornire “uno strumento di riordino e di miglioramento della normativa regionale” (così il preambolo). La legge affronta infatti in maniera trasversale una serie di ambiti di interventi, dall’accertamento sanitario della disabilità ai progetti “durante e dopo di noi”, dall’accessibilità e mobilità all’inclusione educativa e lavorativa. Per la verità, l’originaria proposta era quella di definire un Testo unico della normativa regionale sulle politiche per le persone con disabilità, che tuttavia non è mai stato approvato.
Riconducibile a tale filone anche l’intervento della Regione Piemonte che, con l. r. 12 febbraio 2019 n. 3 (recante Promozione delle politiche a favore dei diritti delle persone con disabilità), ha inteso promuovere azioni e politiche inclusive per le persone con disabilità in diversi ambiti d’intervento (politiche del lavoro e occupazione; trasporti e mobilità; inclusione educativa e scolastica; salute e politiche sociali; politiche di welfare abitativo; cultura e turismo; sport; contrasto alla discriminazione). Pur concentrandosi principalmente sull’affermazione di principi e linee d’azione, la legge affronta alcuni aspetti di particolare rilevanza. Anzitutto, similmente a quanto fatto dalla citata legge toscana, la legge dedica una particolare attenzione alla comunicazione (v. art. 4), impegnandosi a sostenere iniziative volte a promuovere una cultura di inclusione nei confronti delle persone con disabilità (a partire dall’utilizzo di una terminologia più appropriata: “persone con disabilità” e non “disabili”). Nel campo delle politiche per il lavoro, poi, la legge regionale si contraddistingue per l’attenzione dedicata al ruolo del disability manager, in linea con quanto previsto dal d. lgs. 14 settembre 2015 n. 151, che aveva promosso l’istituzione di un “responsabile dell’inserimento lavorativo” nei luoghi di lavori e del d.P.R. 12 ottobre 2017, che aveva incoraggiato l’istituzione, su base volontaria, nelle imprese del settore privato, di organismi che abbiano l’obiettivo di promuovere l’inclusione dei lavoratori con disabilità. La norma piemontese va segnalata sia per l’apprezzabile scelta di dare alla figura una copertura legislativa anche livello regionale sia per la decisione di promuovere l’istituzione di tale figura non solo nelle imprese private ma anche negli “enti pubblici” (tra cui la stessa amministrazione regionale e gli enti locali).
A tale tendenza di sistemazione e programmazione si può ricondurre pure il recentissimo Piano di Azione Regionale per le politiche in favore delle persone con disabilità (PAR) della Regione Lombardia, approvato con D.G.R. 29 dicembre 2021 n. 5809 a seguito di un confronto aperto con stakeholder, associazioni delle persone con disabilità ed enti del Terzo settore. Con il PAR la Regione ha inteso, da un lato, tracciare la cornice all’interno della quale si elaboreranno le future politiche in materia di disabilità e, dall’altro, razionalizzare e ottimizzare le iniziative esistenti nei diversi ambiti di interesse (salute e assistenza, educazione, casa, formazione, lavoro e impresa, cultura, sport, informazione e comunicazione). Il PAR si caratterizza per essere uno strumento funzionale e flessibile che, dato il suo carattere di fonte secondaria, si presta ad essere più facilmente adeguato ai bisogni emergenti nel tempo.

3. Quanto agli interventi di carattere più puntuale, un tema su cui molte Regioni hanno sentito il bisogno negli ultimi anni di intervenire con legge è quello dell’amministrazione di sostegno (artt. 404 e ss. c.c.), istituto introdotto dalla legge 9 giugno 2004 n. 6 e diretto a provocare una vera e propria trasformazione nel diritto privato dell’assistenza, in un’ottica di progressiva sostituzione delle più risalenti figure codicistiche dell’interdizione e dell’inabilitazione (artt. 414 e ss. c.c.).
Come noto, caratteristiche fondamentali dell’istituto sono che, mentre gli effetti dell’interdizione e dell’inabilitazione sono sostanzialmente predeterminati dalla legge, gli effetti dell’amministrazione di sostegno sono determinati volta a volta dal provvedimento del giudice tutelare e che, tendenzialmente, il beneficiario conserva integra la propria capacità di agire, dovendo il giudice sempre perseguire l’obiettivo della “minore limitazione possibile della capacità”. L’istituto, proprio grazie a queste sue innovative caratteristiche, ha fatto registrare negli anni una crescente diffusione, cui ha fatto da contraltare una drastica riduzione del ricorso a quello dell’interdizione e un sostanziale abbandono di quello dell’inabilitazione.
Questa trasformazione non è però avvenuta in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, soprattutto a causa di una scarsa valorizzazione dell’istituto a livello territoriale, che ha determinato sia una ridotta conoscenza dello stesso sia una limitata disponibilità e preparazione ad assumere il ruolo di amministratore. Alcune Regioni si sono quindi dotate di una normativa specificamente dedicata alla valorizzazione dell’istituto: è il caso dell’Emilia-Romagna (l. r. 24 luglio 2009, n. 11), del Friuli-Venezia Giulia (l. r. 16 novembre 2010, n. 19), della Provincia autonoma di Trento (l. p. 16 marzo 2011 n. 4), della Liguria (l. r. 28 gennaio 2015 n. 2), del Veneto (l. r. 14 aprile 2017, n. 10), della Sardegna (l. r. 6 luglio 2018 n. 24), della Provincia autonoma di Bolzano (l. p. 16 luglio 2018 n. 12) e, da ultimo, della Toscana (l. r. 4 marzo 2020 n. 18). Tali leggi regionali hanno cercato di porre rimedio alle maggiori problematiche createsi negli anni, tra cui le difficoltà per i giudici tutelari a reperire persone disponibili ad assumere l’incarico di amministratore, la carenza di conoscenze e competenze necessarie per svolgere in modo adeguato tale ruolo e la “solitudine” percepita dagli amministratori i quali spesso, una volta nominati, si sono trovati a dover affrontare da soli il rapporto diretto con un amministrato che può avere fragilità che comportano difficoltà di tipo anche relazionale. Tutte le leggi sopra citate hanno quindi previsto l’istituzione a livello regionale di un albo dei soggetti che si rendono disponibili ad accettare il ruolo di amministratore, curato la creazione di appositi sportelli informativi e promosso specifici progetti formativi.
Anche la più recente l. r. Toscana 4 marzo 2020 n. 18 (recante Disposizioni per la promozione della figura dell’amministratore di sostegno di cui alla legge 9 gennaio 2004, n. 6) si è impegnata a promuovere l’effettiva conoscenza dell’amministratore di sostegno ai potenziali beneficiari e alle loro famiglie, in modo capillare in tutti i territori. A tal fine, la legge prevede la realizzazione di attività formative sull’istituto dell’amministrazione di sostegno demandate alle ASL con il possibile coinvolgimento di enti del terzo settore (art. 3); cura l’istituzione di un elenco regionale delle persone disponibili ad assumere l’incarico di amministratore, gestito dalle ASL in raccordo con gli uffici dei giudici tutelari; potenzia gli appositi sportelli informativi in modo che possano fornire orientamento e consulenza sull’istituto sia all’amministratore che all’amministrato (art. 5).
Da segnalare infine, tra gli interventi di carattere più puntuale, recenti provvedimenti legislativi regionali che hanno istituito e disciplinato la figura del cd. Garante regionale dei diritti delle persone con disabilità (si v. per es. l. r. Umbria 4 febbraio 2022 n. 1 e l. r. Lombardia 24 giugno 2021 n. 10), in linea con quanto previsto della legge delega n. 227 del 2021 sulla disabilità che ha delegato il Governo a istituire tale figura anche a livello nazionale. Nelle Regioni in cui è stata istituita tale figura, il Garante svolge funzioni di vigilanza e segnalazione, attivando interventi di prevenzione e contrasto dei fenomeni di discriminazione e promuovendo attività orientate a diffondere nel tessuto sociale la conoscenza della disabilità e la cultura del rispetto.