La legislazione veneta in materia di concessioni idroelettriche a partire dalla l.r. 4 novembre 2022, n. 24 (1/2023)

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1. La legge approvata da Regione Veneto il 4 novembre 2022, n. 24 reca disposizioni concernenti le concessioni di grandi derivazioni d’acqua ad uso idroelettrico, dirette all’attuazione della delega contenuta nell’art. 12 del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79, quest’ultimo a sua volta emanato per attuare la Direttiva 96/92/CE in materia di norme comuni per il mercato interno dell’energia.

 

Innanzitutto, volendo ricostruire il quadro normativo statale in cui la legge regionale si colloca, punto di partenza è il citato art. 12 del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79 di cui la normativa regionale è attuativa. Merita di essere evidenziato sin da subito che il solo articolo 12 è stato oggetto, sino ad oggi, di sette modifiche (con l. 23 dicembre 2005, n. 266; d.l. 31 maggio 2010, n. 78; d.l. 24 gennaio 2012, n. 1; d.l. 22 giugno 2012, n. 83; d.l. 14 dicembre 2018, n. 135; d.l. 17 marzo 2020, n. 18 ed infine, con l. 5 agosto 2022, n. 118), tre delle quali sottoposte al sindacato dei giudici della Corte costituzionale, che – a vario titolo – ha accolto le censure dei ricorrenti e dichiarato l’illegittimità delle disposizioni impugnate o di parte di esse (C. cost. 14 gennaio 2008, n. 1, C. cost. 4 luglio 2011, n. 205 e C. cost. 25 giugno 2020, n. 155). Con riferimento a tali pronunce, appare in questa sede rilevante mettere brevemente in luce i principi legati alla titolarità delle competenze nell’ambito delle concessioni idroelettriche, al fine di poter poi comprendere i confini entro i quali si sono mossi tanto il legislatore statale quanto quello regionale. Secondo le coordinate fornite dai giudici costituzionali, la materia della “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia” è di competenza legislativa concorrente, ragion per cui allo Stato è preclusa la normativa di dettaglio, perdipiù in assenza di un coinvolgimento delle regioni; diversamente, nel campo della “tutela della concorrenza”, la competenza è esclusiva dello Stato, di conseguenza spettando a quest’ultimo la disciplina delle gare per l’affidamento delle concessioni.

Da questi primi elementi è possibile già desumere la complessità che accompagna tale disciplina, dovuta ad una forte stratificazione di leggi, statali e regionali, unite alla normativa comunitaria e alle pronunce della Corte, che hanno avuto come risultato quello di dar vita ad un «puzzle legislativo» (Frosini, 2021) la cui ricomposizione può diventare estremamente complessa.

2. Poste queste brevi premesse, l’art. 12 dispone che alla scadenza delle concessioni di grandi derivazioni idroelettriche, oltre che nei casi di decadenza o rinuncia, queste passino senza compenso in proprietà delle regioni in stato di regolare funzionamento. Le regioni, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un uso diverso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell’uso a fine idroelettrico, si occuperanno delle procedure di assegnazione delle concessioni, previa verifica dei requisiti di capacità tecnica, finanziaria e organizzativa richiesti dalla legge. La scelta potrà avvenire fra diversi soggetti e con diverse modalità, tra operatori economici individuati attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato è scelto attraverso l’espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; ed infine, per mezzo di forme di partenariato, secondo quanto previsto dal Codice dei contratti pubblici. In particolare, il testo dell’articolo dispone che le regioni disciplinino con legge le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni, individuando, attraverso un fitto e dettagliato elenco, una serie di contenuti minimi di cui il legislatore regionale dovrà occuparsi.

L’esercizio della delega appena citata era subordinato, ai sensi dell’art. 12 co. 1-ter, al termine ultimo del 31 marzo 2020; scadenza che non può dirsi pienamente rispettata da Regione Veneto, che si era limitata ad emanare una serie di disposizioni transitorie con la l.r. 3 luglio 2020, n. 27. Questo primo provvedimento legislativo regionale si limitava sostanzialmente ad introdurre l’obbligo in capo ai titolari ed operatori di grandi derivazioni idroelettriche di fornire annualmente e gratuitamente alla regione energia elettrica pari a 220 kWh per ogni kW di potenza nominale media di concessione, riprendendo l’art. 12 co. 1-quinquies che riconosceva alle regioni di potersi avvalere di tale facoltà con legge. Per quanto non particolarmente innovativa rispetto alle deleghe individuate dal decreto legislativo, la l.r. 3 luglio 2020, n. 27 rappresentava però il primo passo verso la creazione di un framework normativo regionale di settore (che ha avuto in seguito massima espressione con la citata l.r. n. 24).

3. Prendendo a questo punto in esame la l.r. 4 novembre 2022, n. 24, d’iniziativa della Giunta e nello specifico dell’Assessore all’ambiente, questa appare parimenti coerente con l’art. 12 della disciplina statale, e ciò è confermato dal fatto che il Consiglio dei ministri nella riunione del 28 dicembre 2022 ha deliberato di non impugnarla, non ritenendo esservi alcuna “invasione di campo”. Proprio in virtù di questa coerenza, la legge regionale ripropone, ad esempio, l’ambito di applicazione, la durata e modalità di affidamento delle concessioni così come previste dall’art. art. 12 del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79.

Su questa scia, ma calato perfettamente nella dimensione particolare, appare poi l’articolo 3 della l.r. n. 24 il quale, per quanto anch’esso fedelmente ripreso dal decreto legislativo, appare d’interesse per il caso specifico di Regione Veneto, che ha come tratto caratteristico il posizionamento di numerose centrali idroelettriche al confine con altre regioni. L’art. 3 viene infatti in rilievo nel caso di derivazioni che prelevano da corpi idrici collocati al confine tra regioni diverse o che ricadono in territori regionali diversi. La disposizione, in particolare, mira a risolvere potenziali situazioni d’incertezza affermando come «le funzioni finalizzate all’assegnazione siano di competenza della Regione o della Provincia autonoma sul cui territorio insiste la maggior portata di derivazione d’acqua da assegnare in concessione» e prevedendo l’obbligo, a carico della Giunta regionale, di stipulare intese con la Regione o Provincia autonoma confinante allo scopo di definire i rapporti necessari e procedere poi alla assegnazione della concessione.

Nonostante questa previsione, la grande concentrazione di centrali idroelettriche sul confine è stata spesso all’origine di conflitti, l’ultimo dei quali si è verificato recentemente con la Provincia autonoma di Trento a causa di un provvedimento consequenziale alla sopracitata l.r. 3 luglio 2020, n. 27 e strettamente connesso all’art. 3 della l.r. 4 novembre 2022, n. 24.

La Provincia autonoma ha infatti depositato ricorso (n. 1 del 2023) presso la cancellaria della Corte costituzionale nell’ambito dei conflitti di attribuzione tra regioni, lamentando l’illegittimità della Delibera della Giunta di Regione Veneto del 16 dicembre 2022, n. 1499 – la quale forniva alcune prime determinazioni in materia di obbligo di fornitura alla Regione di energia gratuita – ritenendola lesiva della sua competenza legislativa e amministrativa (art. 13 e 16 Statuto di autonomia), posto che, proprio in ossequio al criterio della c.d. maggior portata, la Provincia autonoma di Trento risulta essere titolare di 4 delle concessioni indicate nell’Allegato B della delibera veneta. Oltre alla violazione dell’art. 12 del d.lgs. 16 marzo 1999, n. 79, quest’ultima sostiene si sia verificata una violazione del principio di leale collaborazione ed altresì delle due precedenti intese stipulate con Regione Veneto che, seppur non regolanti il caso specifico della fornitura dell’energia gratuita, individuano in capo alla ricorrente l’esercizio del potere provvedimentale. Ad oggi non è ancora disponibile il testo integrale del ricorso, anche se prima facie pare che il conflitto – viste le dichiarazioni pubbliche rese dall’Assessore per l’ambiente di Regione Veneto (Corriere del Veneto, 17 febbraio 2023) – possa risolversi sul piano politico per mezzo di trattative tra i due enti; intese a cui peraltro anche la delibera impugnata fa riferimento.

4. Venendo ora agli elementi che danno concretamente attuazione alla delega, questi possono essere ricercati negli artt. 12 e 13 della l.r. 4 novembre 2022, n. 24, che si occupano di delineare i criteri di valutazione per l’assegnazione e di determinazione del canone di concessione. In entrambi gli articoli si possono rinvenire standard che sono ormai comuni alle diverse regioni, salva la presenza di qualche margine di discrezionalità con riguardo al canone di concessione, che viene comunque fissato sentita l’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA). Il canone viene infatti determinato in una componente fissa, legata alla potenza nominale media di concessione, ed una variabile, calcolata come percentuale dei ricavi normalizzati e determinata dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, sulla base di alcuni parametri individuati dalla legge regionale.

5. Da ultimo, un ulteriore elemento degno di nota della legge veneta n. 24 risiede nell’art. 11, il quale prevede una serie di deleghe in favore della Giunta, alla quale viene affidata la deliberazione di un numero considerevole di provvedimenti attuativi da adottare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. Tra questi, le modalità di valutazione del prevalente interesse pubblico per disporre un diverso uso delle acque e del relativo procedimento, le modalità di svolgimento e conclusione del procedimento di verifica della relazione di fine concessione, oltre che i contenuti di quest’ultima, lo schema di bando per l’assegnazione mediante espletamento di gara con procedura ad evidenza pubblica (di cui vengono tratteggiati gli elementi essenziali attraverso 13 sotto-punti), le modalità di svolgimento della valutazione dei progetti-offerta nell’ambito del procedimento unico ex art. 12 co. 1-ter lett. m), ed infine «le modalità e le procedure, in coerenza con i principi contenuti nelle presenti disposizioni di legge, per il rilascio di concessioni di nuove derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico». Questo ampio spazio riservato alla Giunta è stato oggetto di critiche nella relazione di minoranza della seconda commissione consiliare, secondo la quale in tal modo si sarebbero attribuiti all’organo esecutivo troppi poteri nel definire alcuni tratti, anche primari, della disciplina che il d.lgs. n. 79 ha invece espressamente delegato alla legge regionale. Tale aspetto si inserisce in un fenomeno ben più esteso, di cui ci si limita solamente a dar cenno in questa sede, di “amministrativizzazione” delle leggi regionali. Si tratta di un trend che sta interessando la produzione legislativa regionale, resa sempre più marginale attraverso il ricorso frequente – tramite rinvii contenuti nelle stesse leggi – ad atti amministrativi generali (come le delibere di Giunta), così di fatto sottraendo all’organo rappresentativo – il Consiglio regionale – la piena potestà decisionale su materie ad esso delegate (tramite rinvio all’utilizzo dello strumento della legge regionale) dallo stesso legislatore statale.