Le Rubriche dell'Osservatorio

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (2/2022)

Periodo di riferimento: marzo 2022 – luglio 2022

 

 1. Introduzione. L’AGCOM e il TUSMA

Nel periodo di riferimento considerato, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni è stata investita di un nuovo e rilevante compito regolamentare, derivante dall’approvazione del nuovo decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, cd. TUSMA[1].

Come è noto, la recente novella normativa contiene i principi generali e le norme di riferimento in materia di servizi di media digitali audiovisivi e radiofonici, nonché riguardo ai servizi di piattaforma per la condivisione di video (cd. VSP- Video Sharing Platform), alla luce del processo di convergenza fra le diverse forme di comunicazioni, tenuto conto, altresì, delle indicazioni della Corte europea in tema di pluralismo e del nuovo contesto tecnologico e di mercato.

 

 Il processo di convergenza ha ormai assunto una doppia natura, poiché esso riguarda non solo la tecnologia, indifferentemente utilizzata da mezzi aventi diversa funzionalità, ma anche i contenuti da questi trasmessi, indistintamente fruibili. Ecco che dunque il legislatore, europeo e interno, si trova di fronte a un difficile compito, consistente nell’individuare regole comuni applicabili a segmenti tradizionalmente diversi, in una delicata fase di transizione dove i confini tra servizi media tradizionali e nuove piattaforme si assottigliano, sino a quasi annullarsi.

Ciò premesso, dopo una breve introduzione sui nodi problematici evidenziati nel parere del consiglio di Stato nell’ambito del processo di attuazione del TUSMA, si passerà a esaminare una specifica norma, a sua volta oggetto di intervento regolamentare da parte dell’Autorità, concernente il nuovo illecito concentrativo, così come delineato alla luce degli orientamenti indicati di recente dalla Corte di Giustizia.

2. Il parere del Consiglio di Stato e l’esercizio del potere regolamentare

Come è noto, la Sezione Consultiva per gli Atti Normativi del Consiglio di Stato, Adunanza del 21 settembre 2021[2], ha reso un parere sullo schema di decreto, concentrando il suo incipit sul fatto che l’apparato di attuazione della normativa è stato rimesso, pressoché integralmente, a regolamenti dell’AGCOM.

Rilevante dottrina ha da tempo messo in luce le problematiche di ordine costituzionale che derivano dall’esercizio del potere regolamentare delle Autorità Indipendenti in presenza di norme di rango primario “avare di contenuti”, con ciò confutando le varie teorie, pur autorevoli, che di volta in volta hanno ricondotto a legittimità un potere formalmente secondario, ma sostanzialmente primario[3].

 Proprio su tale aspetto si sofferma anche il Consiglio di Stato, secondo il quale «(…) il suddetto fenomeno dovrebbe suggerire la necessità di presidiare anche quella produzione normativa di livello secondario con i mezzi propri dell’ordinamento. Quei regolamenti, infatti, sono destinati a disciplinare fattispecie che incidono direttamente su posizioni soggettive e sovente daranno consistenza normativa a proposizioni che nella direttiva europea e nel decreto legislativo riservano margini cospicui di adattamento e d’interpretazione, rimettendo di fatto l’effettivo rispetto della delega a tale livello di regolazione. Pertanto, anche sulla scorta di un precedente importante – quello del nuovo Codice dei contratti pubblici del 2016, che rimetteva molte determinazioni attuative a Linee-guida dell’ANAC, la quale, in spirito di leale collaborazione istituzionale e nell’interesse generale dell’ordinamento giuridico, decise di richiedere sempre il parere del Consiglio di Stato su tali linee guida – anche in questo, come in altri casi analoghi, potrebbe rivelarsi opportuna una prassi dello stesso tenore da parte di AGCOM prima dell’adozione dei regolamenti in questione. Una soluzione siffatta, inoltre, risulta coerente con l’orientamento sempre più spiccato della funzione consultiva del Consiglio di Stato come una funzione rivolta non solo al Governo, ma allo Stato comunità: numerosi, infatti, sono stati già i casi di richieste di parere al Consiglio di Stato provenienti da assemblee regionali, organi costituzionali e, appunto, autorità amministrative indipendenti. Il Consiglio di Stato, invero, è il solo consesso indipendente, formato esclusivamente da magistrati, cui siano rimesse valutazioni preventive nel processo di decisione che approda a nuove norme e in tale funzione è d’ausilio alla prevenzione di possibili vizi di legittimità come alla ricerca delle migliori pratiche nelle valutazioni prognostiche sull’applicazione delle norme e sulla tecnica di redazione delle disposizioni, allo scopo di garantire univocità e chiarezza (cfr. parere n. 515/2016)».

In tal modo il supremo consesso si autopromuove a soggetto deputato alla prevenzione dei vizi di legittimità e alle valutazioni di impatto regolamentare, in funzione correttiva da esercitarsi ex ante rispetto alla edizione del potere normativo secondario del regolatore.

Tale inedita funzione da un lato potrebbe salutarsi con favore, in considerazione del carattere indipendente e neutrale della magistratura chiamata a esprimersi in via preventiva su misure formalmente secondarie, ma sostanzialmente primarie, in grado di incidere sull’esercizio dei diritti fondamentali. Dall’altro, occorre altresì considerare che il Consiglio di Stato stigmatizza in questo parere un processo di adozione dei regolamenti delle Autorità non previsto da alcuna fonte normativa, ma recependo, generalizzandola, la prassi inaugurata in via di fatto dall’Anac, con ciò finendo con l’attribuirsi un compito dirimente nell’esercizio del potere normativo de quo che, da solitario, diviene condiviso, o quanto meno orientato.

3. L’Art 51 del TUSMA: Corte di giustizia e AGCOM

Il nuovo TUSMA, come visto, delega ai regolamenti dell’Autorità il compito di dare attuazione sostanziale a parte rilevante delle disposizioni in esso contenute.

In proposito, il nuovo art. 51 del TUSMA[4] sostituisce integralmente il precedente art. 43 del precedente Testo Unico, e stabilisce che l’Autorità vigila sull’andamento e sull’evoluzione del sistema integrato delle comunicazioni – SIC, accertando, con cadenza almeno annuale, il suo valore economico complessivo e quello dei mercati che lo compongono, dando altresì evidenza delle posizioni di potere di mercato dei soggetti attivi, nonché dei rischi potenziali per il pluralismo.

In particolare, la norma prevede l’abolizione delle rigide soglie per la proprietà dei media, trasformate in semplici “indicatori” non vincolanti, ma strumentali alla valutazione, caso per caso, di potenziali violazioni al principio del pluralismo esterno. In tal guisa la norma risulta coerente con la nota pronuncia della Corte di giustizia sul caso Vivendi[5], a seguito di rinvio pregiudiziale proposto dal TAR del Lazio in un procedimento promosso da Vivendi contro l’Agcom e Mediaset. In questa decisione la Corte di giustizia ha dichiarato contrastante con il diritto europeo e con il principio della libertà di stabilimento il comma 11 del predetto art. 43, recante il divieto di conseguire ricavi superiori al 10 per cento del SIC, anche attraverso società controllate o collegate, per le imprese i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche siano superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi del settore.

La Corte ha statuito, in particolare, che il superamento di soglie predeterminate di ricavi non può essere ritenuto di per sé idoneo ad attestare l’effettiva sussistenza di una minaccia per il pluralismo dei media, e che quindi il precedente articolo 43, comma 11, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 viola, fra l’altro, «(…) la normativa europea in quanto fissa soglie che, non consentendo di determinare se e in quale misura un’impresa sia effettivamente in grado di influire sul contenuto dei media, non presentano un nesso con il rischio che corre il pluralismo dei media (par. 79 della sentenza)».

A sua volta, anche il nuovo art. 51 elimina l’automatismo legato al superamento di soglie anticoncentrative per cui, come argomentato dal Consiglio di Stato nel già citato parere, la disciplina contenuta nel nuovo TUSMA è «…passata da un meccanismo di rilevazione delle “posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo”, oggetto di divieto, e dunque da un meccanismo sostanzialmente rigido, ancorato a soglie percentuali predefinite, con conseguente caratterizzazione in senso tendenzialmente vincolato del potere di accertamento e di sanzione dell’Autorità competente, a un sistema più duttile, declinato su indici rivelatori descritti (inevitabilmente) con termini introduttivi di concetti giuridici flessibili, con conseguente connotazione in chiave discrezionale o tecnico-discrezionale del connesso potere di accertamento e di sanzione dell’Autorità competente».

Al fine di stabilire se una imprese od un gruppo di imprese si trovino in una situazione di significativo potere di mercato lesiva del pluralismo, l’Autorità tiene conto, quindi, di una serie di criteri flessibili e valutabili di volta in volta, quali: “[…] livello di concorrenza statica e dinamica all'interno del sistema, delle barriere all'ingresso nello stesso, della convergenza fra i settori e mercati, delle sinergie derivanti dalle attività svolte in mercati differenti ma contigui, della integrazione verticale e conglomerale delle società, della disponibilità e del controllo di dati, del controllo diretto o indiretto di risorse scarse necessarie, quali le frequenze trasmissive, delle dimensioni di efficienza economica dell'impresa, anche in termini di economie di scala, gamma e rete, nonchè degli indici quantitativi di diffusione dei programmi radiotelevisivi, anche con riferimento ai programmi di informazione, delle opere cinematografiche, dei prodotti e servizi editoriali e online. Sulla base di tali criteri, l’Autorità definisce la metodologia specifica per la verifica di cui al presente comma mediante linee guida, che sono oggetto di revisione periodica con cadenza almeno triennale” (cfr. art. 51, comma 2).

Il nuovo articolo 51 TUSMA prevede quindi al comma 5 che «L’Autorità, […], procede ad istruttoria al fine di verificare l’esistenza di posizioni vietate ai sensi del comma 1, e adotta quando necessario i provvedimenti, secondo la procedura di cui ai commi 6 e 7, per eliminare o impedire il formarsi delle posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo»

Sulla scorta della nuova formulazione dell’art. 51, l’Autorità è quindi intervenuta con la Delibera n. 71/22/CONS[6], rubricata Avvio della consultazione pubblica sul nuovo regolamento recante la disciplina dei procedimenti volti ad accertare e a rimuovere le posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo di cui all’art. 51, commi 4 e 7, del d.lgs. 8 dicembre 2021, n. 208, nonché con la Delibera n. 72/22/CONS[7], Avvio del procedimento per la definizione delle linee guida per la metodologia di analisi delle posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo di cui all’art. 51, comma 5, del d.lgs. 8 dicembre 2021, n. 208.

Al momento in cui si scrive l’Autorità è dunque impegnata a riempire di contenuto la delega consegnata dal TUSMA in materia di soglie anticoncentrative, delineando il procedimento da applicarsi per le analisi di mercato tramite una bozza di regolamento, attualmente sottoposto a consultazione pubblica e, sul piano sostanziale, definendo le nuove Linee guida per l’individuazione delle posizioni SMP.

Emerge quindi la complessità di un discorso normativo anticipato in sede europea, recepito dal legislatore interno con legge di delega, infine rimesso alla potestà regolamentare dell’Agcom con decreto legislativo; né è da escludersi che la bozza di regolamento, sottoposta a consultazione pubblica, venga poi sottoposta al parere del Consiglio di Stato, come da quest’ultimo auspicato.

Il nuovo articolo 51 TUSMA presenta il duplice pregio di svincolare le analisi per l’accertamento delle posizioni SMP da rigidi parametri soglia, ancorandole invece a indici rivelatori di carattere elastico, in grado di adattarsi alle mutevoli realtà del mercato. Ma la medaglia ha anche il suo rovescio, poiché il decreto consegna al regolatore il compito di completare il discorso normativo soltanto abbozzato, lì dove l’elencazione dei criteri guida, contenuta nell’art. 51, probabilmente non è da ritenersi neanche tassativa.

 

[1] Attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, concernente il testo unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi in considerazione dell'evoluzione delle realta' del mercato. (21G00231) (GU Serie Generale n.293 del 10-12-2021 - Suppl. Ordinario n. 44).

[2] Reperibile in: https://www.aeranticorallo.it/wp-content/uploads/2021/10/N.-00944_2021-AFFARE.pdf

[3] G. De Minico, Regole. Comando e consenso, Torino, 2005, passim.

[4] Cfr. Titolo VI, NORME A TUTELA DEL PLURALISMO, Art. 51 Posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo nel sistema integrato delle comunicazioni.

[5] Sentenza del 3 settembre 2020 causa C-719/18.

[6] Delibera n. 71/22/CONS, reperibile in : https://www.agcom.it/documentazione/documento?p_p_auth=fLw7zRht&p_p_id=101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE&p_p_lifecycle=0&p_p_col_id=column-1&p_p_col_count=1&_101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE_struts_action=%2Fasset_publisher%2Fview_content&_101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE_assetEntryId=26339255&_101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE_type=document

[7] [7] Delibera n. 71/22/CONS, reperibile in : https://www.agcom.it/documentazione/documento?p_p_auth=fLw7zRht&p_p_id=101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE&p_p_lifecycle=0&p_p_col_id=column-1&p_p_col_count=1&_101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE_struts_action=%2Fasset_publisher%2Fview_content&_101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE_assetEntryId=26339475&_101_INSTANCE_FnOw5lVOIXoE_type=document

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