Crisi Covid-19: inammissibili i ricorsi per conflitto di attribuzione contro i d.P.C.m. sollevati da due deputati (2/2021)

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Ordinanze nn. 66 e 67/2021 – giudizi per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

Deposito del 13/04/2021 – Pubblicazione in G.U. 14/04/2021 n. 15

Motivo della segnalazione
Con le ordinanze nn. 66 e 67/2021 la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili due ricorsi per conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato sollevati, rispettivamente, dai deputati Vittorio Sgarbi e Sara Cunial.

Nel suo ricorso l’on. Sgarbi lamentava che nel corso dell’emergenza Covid-19 la funzione legislativa fosse stata esercitata in contrasto con le norme costituzionali sulla produzione desumibili dagli artt. 76 e 77 Cost. In particolare, coi decreti-legge nn. 6 e 19/2020 il Governo prima e poi il Parlamento in sede di conversione avrebbero trasferito la potestà legislativa in capo al Presidente del Consiglio mediante emanazione di d.P.C.m. Questo spossessamento del Parlamento sarebbe risultato tanto più rilevante, in quanto le misure in questione riguardavano, fra le altre cose, la sospensione di “vari diritti fondamentali costituzionalmente previsti”. Così facendo, il Governo avrebbe illegittimamente invaso le prerogative del singolo parlamentare, fra le quali rientra “il diritto di dire e contraddire nell’ambito del processo democratico parlamentare”. Ciascun parlamentare, inoltre, è titolare, specialmente se estraneo alla maggioranza del momento, della funzione di controllo sull’attività del Governo. Sulla base di questi argomenti, l’on. Sgarbi chiedeva l’annullamento di vari d.P.C.m. adottati nel corso della crisi pandemica, invitando altresì la Corte a sollevare d’ufficio questione di costituzionalità di vari decreti-legge emanati nel medesimo periodo. Nel suo ricorso l’on. Cunial presentava argomenti simili a quelli adoperati dall’on. Sgarbi, aggiungendo che il dibattito parlamentare sulla conversione dei d.l. nn. 6 e 19/2020 sarebbe stato sostanzialmente svuotato di contenuto perché le scelte sulle limitazioni dei diritti erano state rinviate ad atti sublegislativi.

Muovendo dall’ordinanza n. 17/2019, la Corte ricorda che al singolo parlamentare spettano una serie di prerogative che possono essere fatte valere sollevando un ricorso per conflitto tra poteri. In altre occasioni, peraltro, la Corte ha ribadito che la legittimazione attiva del singolo parlamentare deve fondarsi su vizi che danno luogo a una violazione manifesta delle sue prerogative costituzionali, già rilevabile nella sua evidenza nella fase di ammissibilità del ricorso.
Ora, già sulla base del ricorso non risulta che agli on. Sgarbi e Cunial sia stato interdetto l’esercizio delle loro prerogative nell’ambito della Camera di appartenenza. In sede di conversione del d.l. n. 6/2020, infatti, due soli deputati – i ricorrenti Sgarbi e Cunial – hanno espresso voto contrario, esprimendosi con toni critici anche nel dibattito precedente. Se i ricorrenti hanno avuto la possibilità di intervenire nel corso del dibattito e di votare contro la conversione in legge del d.l. n. 6/2020, non si può dire che sussista un’evidente violazione delle loro prerogative costituzionali, tra le quali indubbiamente rientra la facoltà di partecipare alle discussioni e alle deliberazioni esprimendo opinioni e voti (art. 68 Cost.).
Quanto all’“espropriazione” della funzione legislativa da parte del Governo, in supposta violazione degli artt. 76 e 77 Cost., in questo caso il soggetto titolare delle attribuzioni costituzionali di cui si lamenta la violazione non è il singolo parlamentare, ma piuttosto la Camera di appartenenza. La Corte, del resto, ha già escluso che in sede di conflitto interorganico il singolo parlamentare possa rappresentare l’intero organo cui appartiene nei confronti del Governo (ordinanza n. 181/2018).