Omesso esame da parte del Parlamento di petizione ex art. 50 Cost. sull’obbligo di certificazione verde COVID-19 per il personale di scuole e università: non sussiste la materia del conflitto (1/2022)

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Ordinanza n.  254/2021 – giudizio sull’ammissibilità di ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

Deposito del 23/12/2021 – Pubblicazione in G. U. 29/12/2021

Motivo della segnalazione

La decisione ha dichiarato inammissibile il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito dell’omesso esame, da parte della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, della petizione ex art. 50 della Costituzione presentata alle Camere il 1° e il 7 settembre 2021 da 27.252 cittadini italiani, parte del corpo docente, studentesco e del personale della scuola di ogni ordine e grado e dell’università, e avente ad oggetto la conversione del decreto-legge 6 agosto 2021, n. 111 (recante «Misure urgenti per l’esercizio in sicurezza delle attività scolastiche, universitarie, sociali e in materia di trasporti»). Il conflitto era stato promosso da Daniele Granara, in proprio e in qualità di rappresentante dei firmatari della petizione e, attraverso quest’ultima, i firmatari avevano chiesto di essere esonerati dall’obbligo di certificazione verde COVID-19 (cosiddetto “green pass”) previsto per le categorie a cui essi appartenevano dal decreto-legge in questione e si erano opposti alla sua conversione in legge. Il ricorrente chiedeva dunque che fosse accertato il diritto di presentare la citata petizione innanzi alle Camere, nonché di accertare e dichiarare che non spettava: alla Camera dei deputati, al Senato della Repubblica, alle competenti Commissioni alle quali la petizione era stata assegnata, nonché ai loro rispettivi presidenti, non esaminare la suddetta petizione; al Consiglio dei ministri e al Presidente del Consiglio dei ministri, porre la questione di fiducia sulla legge di conversione del d.l. n. 111 del 2021; al Presidente della Repubblica, emanare il decreto-legge e promulgare la legge di conversione.

 

La Corte ritiene che il conflitto sia «palesemente inammissibile, perché privo tanto del requisito soggettivo quanto di quello oggettivo», e che esso sia stato «in realtà promosso al solo scopo di portare impropriamente all[a sua] attenzione» i plurimi vizi di legittimità costituzionale da cui, secondo quanto asserito ricorrente, sarebbero stati affetti il d.l. n. 111 del 2021 e la legge di conversione.

Decisivo, ai fini della motivazione della dichiarazione di inammissibilità, è il rilievo per cui l’istituto della petizione «si configura quale diritto individuale, sebbene esercitabile collettivamente, regolato nella Parte I della Costituzione tra i rapporti politici, e non quale attribuzione costituzionale»; mentre le attribuzioni suscettibili di generare un conflitto «non possono che essere quelle previste nella Parte II della Costituzione, dedicata all’ordinamento della Repubblica”. Si sottolinea, più in particolare, che la presentazione di una petizione non determina un obbligo per le Camere di deliberare sulla stessa, né tantomeno di recepirne i contenuti, bensì un mero dovere di acquisirne il testo e assegnarlo alle commissioni competenti, come conferma la disciplina prevista nei regolamenti parlamentari e come concretamente è avvenuto nel caso specie; che la natura, il contenuto e gli effetti giuridici del diritto di petizione, lo differenziano nettamente da istituti quali l’iniziativa legislativa popolare – che costituisce una forma di esercizio di un’attribuzione, quella dell’iniziativa legislativa, che la inserisce all’interno del procedimento di formazione della legge – e il referendum abrogativo, che consente agli elettori, attraverso un procedimento puntualmente disciplinato, di concorrere alla formazione di una decisione legislativa al di fuori delle aule parlamentari, con effetti giuridici diretti sull’ordinamento. L’iniziativa legislativa popolare e il referendum abrogativo sono espressione della volontà popolare, esercitata da quorum di elettori predefiniti dalla stessa Costituzione, mentre la petizione, proprio perché mero diritto individuale, può essere presentata da qualsiasi cittadino e la sua natura non cambia qualora essa sia sottoscritta da più cittadini. In definitiva, «non ci si trova innanzi a una funzione attribuita dalla Costituzione a un determinato numero di cittadini o elettori, ma, appunto, a un diritto del singolo, che mai potrebbe trovare tutela, quand’anche impedito, in sede di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato»: ciò era stato del resto già chiarito dalla Consulta in numerose decisioni precedenti e, con specifico riferimento alla petizione, nell’ordinanza n. 85 del 2009. Inoltre, si rileva che, nel caso di specie, la petizione è stata regolarmente ricevuta dalle Camere, numerata e assegnata alle commissioni competenti.