Ambiti materiali della potestà regolamentare comunale (3/2023)

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CASS. CIV., sez. lav., 23 novembre 2023, n. 32628
Il ricorrente lamentava la mancata applicazione o violazione del regolamento del Comune di La Maddalena contenente la disciplina dei compensi professionali dovuti all'avvocato comunale.
Essendo l’atto qualificato come regolamento, la Suprema Corte ritiene necessario verificare se esso si occupi di materie la cui disciplina la legge (fonte del diritto in linea di principio immediatamente superiore al regolamento) ha attribuito alla potestà regolamentare del Comune di La Maddalena.
L’art. 7 del D.Lgs. n. 267 del 2000 stabilisce che "Nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni".
Ne deriva che la legge ha chiaramente stabilito che i regolamenti comunali possono disciplinare esclusivamente le materie attribuite alla loro competenza e, soprattutto, "l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni".


Nel caso in esame, il regolamento del Comune di La Maddalena stabilisce i compensi professionali dovuti all'avvocato comunale e, quindi, non attiene all'organizzazione e al funzionamento "delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni".
Quanto all'eventualità che possa riguardare una materia assegnata dalla legge alla sua competenza, bisogna individuare la fonte che ha autorizzato l'adozione di siffatto regolamento.
Nella specie, come chiarito dalla giurisprudenza (si veda, sul punto, Cass., Sez. L, n. 15597 del 16 maggio 2022), le deliberazioni oggetto del contendere si ricollegano all'art. 27 del CCNL per il personale del comparto delle Regioni e delle autonomie locali del 14 settembre 2000, in base al quale gli enti provvisti di Avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all'ente, secondo i principi di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 e stabiliscono, altresì, in sede di contrattazione decentrata integrativa, la correlazione tra tali compensi professionali e la retribuzione di risultato di cui all'art. 10 del CCNL del 31 marzo 1999.
Sono fatti salvi gli effetti degli atti con i quali gli stessi enti abbiano applicato la disciplina vigente per l'Avvocatura dello Stato anche prima della stipulazione del presente CCNL.
Si tratta di una clausola che demanda alle autonome determinazioni degli enti l'adozione di una disciplina specifica in materia di compensi professionali da corrispondere agli avvocati degli uffici di avvocatura formalmente costituiti presso gli stessi; a tal fine, gli enti devono tenere conto dei principi stabiliti dal R.D. n. 1578 del 1933 per la corrispondente regolamentazione degli avvocati dello Stato.
Questa è una disciplina unilaterale dell'ente, dato che non è previsto in alcun modo l'intervento della contrattazione integrativa, che è legittimata solo a determinare l'eventuale correlazione tra tali compensi e la retribuzione di risultato, nel caso si tratti di avvocati non dirigenti, ma titolari di posizione organizzativa.

Il regolamento, dunque, è da ricomprendere fra gli atti di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 2, in base al quale le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte in via esclusiva dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro.
Ne deriva che il regolamento del Comune di La Maddalena in esame non è, nonostante la formale denominazione, un vero regolamento e che, quindi, non è classificabile come fonte del diritto, produttiva di norme giuridiche. Esso, infatti, non disciplina una materia attribuita dalla legge (o dallo Statuto comunale) alla sua competenza e non rientra nell'ambito di applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 7 ma in quello del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 2, che non attribuisce una potestà regolamentare, ma si occupa solo del rapporto di lavoro contrattualizzato.
Si tratta, allora, di un atto di diritto privato di micro-organizzazione del rapporto di lavoro non produttivo di norme di diritto e la sua violazione non può essere denunciata di per sé ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.