1. Le Comunità Montane nel Veneto: una brevissima cronistoria
Con la legge 991 del 1952 “Provvedimenti in favore dei territori montani” vengono previste norme per l’individuazione dei Comuni montani e la classificazione dei “comprensori di bonifica montana”. Si tratta di un intervento legislativo, in adempimento all’art. 44 della Costituzione, che promuove la scaturigine di una vera e propria policy specifica per la montagna. Prima di allora si poteva solo parlare di policies settoriali (politica forestale, politica di tutela idrogeologica, ecc.) destinate alle zone montane. Con il DPR 987/55 vengono costituiti i Consigli di Valle che costituirono una soluzione istituzionale preliminare all’istituzione delle Comunità montane. I Consigli di Valle erano dei consorzi, permanenti, di natura non obbligatoria, di Comuni montani con una funzione preminentemente correlata alla bonifica montana. Con la legge n. 1102 del 3 dicembre 1971, vengono istituite le Comunità montane, con la principale finalità non solo di concorrere alla eliminazione degli squilibri di natura sociale ed economica delle zone montane, ma di promuoverne lo sviluppo socio-territoriale. A tal fine la legge 1102 assegnava alle CC.MM. un importante ruolo di “programmazione” del contesto socio-ambientale montano da realizzarsi soprattutto per il tramite dei “Piani territoriali di coordinamento della Comunità Montana”. La legge 1102 del 1971 si presentava anche come “legge cornice” poiché dettava le coordinate generali riguardanti il nuovo Ente, lasciando alle Regioni la disciplina della modellazione, anche organizzativa e funzionale delle Comunità.
Ed, in effetti, la Regione del Veneto con l’importante Legge 6 giugno 1983, n. 29 (Interventi a favore dei territori montani e approvazione del progetto montagna), (BUR n. 25/1983) interviene, per la prima volta, in modo organico in favore dello “sviluppo della montagna” (art. 1), secondo l’ispirazione della legge 2 dicembre 1971, n. 1102. In particolare la L. R. n. 29 del 1983 contiene un allegato (qualificato come “parte integrante della stessa legge”) riguardante il c. d. “documento delle direttive” che traccia gli assi di indirizzo e coordinamento regionale sia per le funzioni regionali delegate agli Enti locali operanti nelle zone montane sia per la elaborazione dei Piani di sviluppo di competenza delle CC.MM.
Con legge regionale 3 luglio 1992, n. 19 (Norme sull’istituzione e il funzionamento delle comunità montane) (BUR n. 72/1992), così come modificata dalla legge regionale 9 settembre 1999, n. 39, il legislatore veneto interviene massicciamente sulla disciplina riguardante la costituzione, le attribuzioni e le attività delle CC. MM., secondo i principi della legge 1102/1971, della legge 142/1990.
In particolare l’art. 2 della legge regionale 19/1992, anche in ragione della legge regionale 18 dicembre 1993, n. 51 (Norme sulla classificazione dei territori montani) (BUR n. 107/1993) prevede 19 zone omogenee, identificate sulla base di criteri di unità territoriale, economica e sociale, alle quali il comma 2 del medesimo articolo fa corrispondere 19 Comunità Montane.
Il Titolo II della legge regionale 19/1992 (artt. 3-7) (così come rilevantemente modificato dalla legge regionale n. 39/1999) disciplina gli aspetti istituzionali delle CC. MM. Segnatamente l’art. 4 riguarda gli organi, gli artt. 5 e 6 lo Statuto, l’art. 7 l’organizzazione degli uffici del personale. L’art. 3 fissa gli obiettivi della Comunità Montana che sono: 1. la realizzazione degli interventi speciali per la montagna; 2. la gestione ottimale dei servizi e degli interventi riferiti al territorio di competenza; 3. la promozione delle unioni di Comuni nonché della fusione di tutti o parte dei Comuni associati; 4. la programmazione, nell'ambito della programmazione regionale e provinciale, delle infrastrutture e dei servizi civili idonei a consentire la base di un adeguato sviluppo economico; 5 la gestione associata dei servizi comunali; 6. il sostegno alle iniziative di natura economica e produttiva rivolte alla incentivazione e valorizzazione di tutte le risorse presenti sul territorio montano; 7. la partecipazione delle popolazioni montane al generale processo di sviluppo socio-economico della montagna. Il Titolo III della legge riguarda le funzioni amministrative delle Comunità Montane ed assegna alle medesime (art. 8), oltre alle funzioni attribuite dalle leggi statali e regionali e dagli interventi stabiliti dalle normative Comunitarie, altre competenze, in particolare:
a) l’esercizio di ogni funzione strettamente connessa alla montagna attribuita con provvedimento regionale;
b) l’adozione del piano pluriennale di sviluppo socio-economico per la realizzazione di opere e interventi e dei suoi conseguenti aggiornamenti, in armonia con la programmazione regionale e provinciale;
c) l’approvazione dei programmi annuali operativi in esecuzione del piano di sviluppo socio-economico;
d) l’individuazione degli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socio-economico, quali la promozione e la costituzione di aziende speciali, enti strumentali, Società di capitali anche con partecipazione privata, consorzi, che possano concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano di sviluppo;
e) la collaborazione, anche attraverso le indicazioni del piano pluriennale di sviluppo, alla formazione del piano territoriale provinciale;
f) la promozione del concorso dei Comuni associati e delle popolazioni alla predisposizione ed attuazione dei piani pluriennali di sviluppo socio-economico di ciascuna Comunità montana nel quadro degli obiettivi stabiliti dalla Comunità economica europea, dallo Stato e dalla programmazione regionale;
g) l’attuazione, con l'affidamento delle relative funzioni amministrative, degli interventi speciali per la montagna finalizzati a ovviare agli svantaggi naturali e permanenti insiti nei territori montani, in modo da assicurare la permanenza e pari opportunità alle popolazioni residenti, dal punto di vista ambientale, civile, economico e sociale.
L’art. 9 della legge regionale 19/1992 prevede poi che con leggi regionali di settore siano individuate le funzioni amministrative da delegare alle Comunità montane, con particolare riferimento ai settori primario, economico-sociale, culturale, all'ambiente e al territorio, fatte salve le competenze di altri Enti ai sensi della legge n. 142/1990.
2. Regione del Veneto e montagna veneta: un rapporto altalenante
Anche dopo il consistente intervento legislativo recato dalla legge regionale n. 19 del 1992, ampiamente modificata dalla legge n. 39 del 1999, l’attenzione del legislatore Veneto per le problematiche della montagna non è venuta meno. Di tale interesse può essere segnalata, ad esempio, la legge regionale 26 ottobre 2007, n. 30 (BUR n. 94/2007) (Interventi regionali a favore dei Comuni ricadenti nelle aree svantaggiate di montagna e nell’area del veneto orientale) con la quale (art. 1, c. 1) «la Regione del Veneto, nell’ambito delle già avviate iniziative per l’attuazione del regionalismo differenziato di cui all’articolo 116, comma 3, della Costituzione, per la realizzazione del federalismo fiscale di cui all’articolo 119 della Costituzione, nonché per la costituzione dell’autonomia speciale del Veneto, promuove interventi a favore dei Comuni ricadenti nelle aree svantaggiate di montagna e nell’area del Veneto orientale nonché dei Comuni della provincia di Treviso con meno di cinquemila abitanti, confinanti con la Regione Friuli Venezia Giulia, ad esclusione dei comuni che fanno parte delle comunità montane» (art. 1, c. 1). Ai sensi dell’art. 2 della stessa legge regionale, tra i destinatari degli interventi regionali rientrano i comuni ubicati in area montana, con priorità per quelli con popolazione non superiore ai cinquemila abitanti o frazioni di comuni ubicati in area montana con meno di cinquecento abitanti che presentano situazioni di disagio socio-economico, (come indicato dall’articolo 3, comma 2, della legge). La legge regionale del Veneto n. 30 del 2007 riserva poi una particolare attenzione ai servizi socio-sanitari nei territori montani, prevedendo, all’art. 4 (che nell’ambito di quanto previsto dall’articolo 34, commi 19 e 20, dell’Intesa della Conferenza Stato-Regioni del 23 marzo 2005, in G.U. del 12 giugno 2006), la Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, individui tutti gli strumenti atti a garantire che nelle unità locali socio-sanitarie (ULSS), il cui ambito territoriale insiste su territori dei comuni di cui all’articolo 2, comma 1, lettera a) della stessa legge, sia garantita la capillare copertura nei territori dei comuni medesimi, dei medici di medicina generale. Nei territori montani, infine, si prevede, ai sensi del secondo comma dell’art. 4, che le ULSS, previo parere della conferenza dei sindaci e in collaborazione con i comuni di cui al comma 1, verifichino le necessità e predispongano un adeguato servizio di consegna a domicilio dei medicinali, in particolare a favore della popolazione dei centri abitati ad alta marginalità.
Siffatte particolarità recate dalla legge regionale n. 30 del 2007 in favore dei territori montani non possono però ottundere un rapporto tra Regione Veneto e Comunità Montane che, storicamente, non sempre si è ispirato ai criteri della reciproca sinergia e che, talora, ha assunto anche i contorni della tensione conflittuale. Oltre, infatti, alla logorante e problematica vexata quaestio delle deleghe di funzioni amministrative dalla Regione alle Comunità Montane, che, per lungo tempo, ha coinvolto, da un lato, le esigenze di un pacchetto organico di funzioni amministrative per far fronte alle istanze di sviluppo auto-propulsivo delle CC.MM. , dall’altro, le tendenze, mai sopite, ad un neocentralismo regionalistico mortificante le autonomie locali della montagna veneta, non possono essere sottaciute le tensioni che hanno portato alcuni Comuni di montagna a chiedere di essere staccati della Regione del Veneto per approdare ad altre Regioni, specificamente Regioni a statuto speciale, decidendo di avviare l’iter sulle variazioni territoriali, di cui all’art. 132, comma 2, Cost. (MALO, Maurizio, Forma e sostanza in tema di variazioni territoriali regionali (a margine della pronuncia n. 66/2007 della Corte Costituzionale, in “Le Regioni”, nn. 3-4, 2007, p. 645). In questo quadro, può essere ricordato, come già nell’ottobre del 2005 la popolazione del Comune di Lamon (in provincia di Belluno) si fosse pronunciata per il passaggio alla Regione Trentino Alto-Adige, seguita nella primavera del 2007 dai Comuni di Asiago, Conco, Enego, Foza, Gallio, Lusitana, Roana Rotzo, tutti situati nell’Altopiano di Asiago e in provincia di Vicenza. Ancora; nei giorni del 28 e 29 ottobre 2007 si celebra il referendum ex art. 132, comma 2, Cost. (TRABUCCO, Daniele, Brevi considerazioni sulla natura deliberativa dei referendum ex art. 132, 2° comma Cost., in www.forumcostituzionale.it/site/) nei comuni di Cortina d’Ampezzo, Livinallongo del Col di Lana e Colle Santa Lucia con esiti, quasi plebiscitari, in favore del distacco dalla Regione Veneto e nel marzo 2008 le popolazioni dei Comuni di Sappada (provincia di Belluno) e di Pedemonte (provincia di Vicenza) votano, nel primo caso in misura addirittura eclatante, per il passaggio rispettivamente alla Regione Friuli-Venezia Giulia e Trentino- Alto Adige.
Si tratta, a ben vedere, sotto il profilo politologico, di diffuse dinamiche di partecipazione politica bottom-up (CIAFFI, Daniela, MELA, Alfredo, La Partecipazione. Dimensioni, spazi, strumenti, Carocci, Roma, 2006), agita per via istituzionale e indubbiamente sintomatica di un diffuso disagio, innervato nel tessuto socio-territoriale di importanti aree della montagna veneta, nel rapporto con l’Ente Regione, considerato lontano e addirittura incapace di iniziative e de politiche pubbliche autenticamente indirizzate alla tutela ed allo sviluppo della montagna e delle sue popolazioni, nonostante la retorica in voga nella politica regionale in favore del c. d. “terzo Veneto”, ovvero di un modello di azione pubblica sensibilmente correlato al coinvolgimento diretto e partecipato delle comunità locali (vedasi il sito: www.terzoveneto.it).
3. La legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244, in G. U. 28/12/2007, n. 300) e la razionalizzazione delle CC. MM.
Sulla scorta della legge finanziaria 2008, al fine del contenimento della spesa pubblica, le Regioni sono state chiamate a provvedere per via legislativa, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge, sentiti i consigli delle autonomie locali, al riordino della disciplina delle comunità montane, ad integrazione di quanto previsto dall'articolo 27 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (d.lgs. 267/2000), in modo da ridurre a regime la spesa corrente per il funzionamento delle comunità montane stesse per un importo pari almeno ad un terzo della quota del fondo ordinario di cui all’art. 34, comma 1, lettera a) del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, assegnata per l'anno 2007 all'insieme delle comunità montane presenti nelle regioni (art. 2, comma 17, legge n. 244/2007). In particolare la finanziaria 2008 riduce di 33,4 milioni di euro per l’anno 2008 e di 66,8 milioni di euro a decorrere dal 2009 la dotazione del citato fondo. In questo quadro, l’art. 2, comma 18 della legge finanziaria 2008 prevede che le leggi regionali di riordino delle CC. MM debbano tenere conto dei seguenti princìpi fondamentali:
a) la riduzione del numero complessivo delle comunità montane, sulla base di indicatori fisico-geografici, demografici e socio-economici e in particolare: della dimensione territoriale, della dimensione demografica, dell'indice di vecchiaia, del reddito medio pro capite, dell'acclività dei terreni, dell'altimetria del territorio comunale con riferimento all'arco alpino e alla dorsale appenninica, del livello dei servizi, della distanza dal capoluogo di provincia e delle attività produttive extra-agricole; b) la riduzione del numero dei componenti degli organi rappresentativi delle comunità montane; c) la riduzione delle indennità spettanti ai componenti degli organi delle comunità montane, in deroga a quanto previsto dall'articolo 82 del T.U.E.L., d.lgs. 267/2000. Siffatti criteri, peraltro non rilevano con riguardo ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali e si riferiscono solo alla costituzione delle CC MM. Ai sensi del comma 20 dell’art. 2 della legge 244/2007, in caso di inerzia legislativa regionale entro i termini previsti si producono i seguenti effetti: a) cessano di appartenere alle comunità montane i comuni capoluogo di provincia, i comuni costieri e quelli con popolazione superiore a 20.000 abitanti; b) sono soppresse le comunità montane nelle quali più della metà dei comuni non sono situati per almeno l'80 per cento della loro superficie al disopra di 500 metri di altitudine sopra il livello del mare e nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore non è minore di 500 metri; nelle regioni alpine il limite minimo di altitudine e il dislivello della quota altimetrica, sono di 600 metri; c) sono soppresse le comunità montane che, anche in conseguenza di quanto segnalato nella lettera a), risultano costituite da meno di cinque comuni, fatti salvi i casi in cui per la conformazione e le caratteristiche del territorio non sia possibile procedere alla costituzione delle stesse con almeno cinque comuni, fermi restando gli obiettivi di risparmio; d) nelle rimanenti comunità montane, gli organi consiliari sono composti in modo da garantire la presenza delle minoranze, fermo restando che ciascun comune non può indicare più di un membro. A tal fine la base elettiva è costituita dall'assemblea di tutti i consiglieri dei comuni, che elegge i componenti dell'organo consiliare con voto limitato. Gli organi esecutivi sono composti al massimo da un terzo dei componenti l’organo consiliare. In ragione del successivo comma 21 dello stesso art. 2, l'effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa di cui al comma 17 è accertato, entro il 31 luglio 2008, sulla base delle leggi regionali promulgate e delle relative relazioni tecnico-finanziarie, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, sentite le singole regioni interessate. Infine, ai sensi del comma 22, le regioni provvedono a disciplinare gli effetti conseguenti all'applicazione delle disposizioni di cui ai commi 17, 18 e 20 ed in particolare alla soppressione delle comunità montane, anche con riguardo alla ripartizione delle risorse umane, finanziarie e strumentali, facendo salvi i rapporti di lavoro a tempo indeterminato esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Sino all'adozione o comunque in mancanza delle predette discipline regionali, i comuni succedono alla comunità montana soppressa in tutti i rapporti giuridici e ad ogni altro effetto, anche processuale, ed in relazione alle obbligazioni si applicano i princìpi della solidarietà attiva e passiva.
Mentre molte Regioni hanno provveduto con appositi provvedimenti legislativi ad adeguarsi alle previsioni della legge finanziaria, (Abruzzo: L. R. , 27 giugno 2008, n. 10; Basilicata: L. R. 27 giungo 2008, n. 11; Calabria: L. R. 10 luglio 2008, n. 20; Campania: L. R. 30 settembre 2008, n. 12; Emilia-Romagna: L. R. 30 giungo 2008, n. 10; Liguria: L. R. 4 luglio 2008, n.24; Lombardia: L. R. 27 giugno 2008, n. 19; Marche: L. R. 1 luglio 2008, n. 18; Molise: L. R. 27 giugno 2008, n. 19; Piemonte: L. R. 1 luglio 2008, n. 19; Toscana: L. R. 26 giugno 2008, n. 37; Umbria: L. R. 23 luglio 2007, n. 24) interpretando la ratio fondamentale della legge finanziaria in riferimento al tema specifico, secondo la quale tocca al legislatore regionale il compito di essere «l’architetto principale del riordino legislativo delle Comunità montane» (RACCA, Eduardo, Guida agli Enti locali, n. 35, 10/09/2005, p. 5), altre Regioni, come il Veneto, sono rimaste inerti.
4. Le più recenti vicende della Regione del Veneto
Non sono mancate, per vero, iniziative legislative in materia scaturite anche sulla spinta della Legge finanziaria 2008; si possono segnalare, ad es., il PDL n. 314 - Bottacin Gianpaolo primo firmatario- , il PDL n. 310 -Trento Guido primo firmatario – il PDL n. 353 - Bond Dario primo firmatario - ed il PDL 355 di iniziativa giuntale, tutti riguardanti modifiche alla legge regionale 3 luglio 1992, n. 19.
Ma le difficoltà riguardanti il varo di una legge regionale in linea con quelle delle altre Regioni si correlano, non solo alla scelta della Regione del Veneto di ricorrere avanti la Corte costituzionale, per conflitto di attribuzione, avverso il DPCM 19 novembre 2008 (in G. U. n. 278 del 27 novembre 2008), concernente "Riordino della disciplina delle Comunità montane, ai sensi dell'articolo 2, comma 21, della legge 24 dicembre 2007, n. 244." (vedasi deliberazione della Giunta regionale n. 4000 del 16 dicembre 2008, in BUR n. 4 del 13/01/2009), ma anche alla decisione della Giunta regionale, con deliberazione del 12 febbraio 2008, n. 214, di autorizzare il Presidente della Giunta regionale ad impugnare avanti la Corte Cost. numerosi commi degli artt. 2 e 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria), in quanto ritenuti invasivi delle competenze costituzionalmente riconosciute alle Regioni (registro ric. n. 19 del 2008 pubbl. in G.U. del 09/04/2008 n. 16).
Sono state in particolare impugnate le disposizioni dei commi dal 17 al 22 dell’art. 2 della legge finanziaria 2008 che riguardano il riordino delle CC.MM.
Ai sensi dell’art. 2, comma 21 della legge finanziaria, era previsto che gli effetti soppressivi e modificativi riguardanti le CC. MM. indicati nel sopra illustrato comma 20 del medesimo art. 2, si producessero solo a far data dalla pubblicazione del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con il quale doveva essere accertato l'effettivo conseguimento delle riduzioni di spesa imposte alle Regioni.
Con provvedimento reso in data 19 novembre 2008, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il successivo 27 novembre, il Presidente del Consiglio dei Ministri, in attuazione di quanto espressamente previsto dal comma 21 dell'articolo 2 della citata legge finanziaria statale aveva provveduto ad accertare, per le Regioni che avevano legiferato, gli effettivi conseguimenti delle riduzioni di spesa richieste dalla normativa statale, rilevando che tre Regioni, segnatamente, il Lazio la Puglia ed il Veneto non avevano adottato alcuna disciplina di riordino e che, pertanto, si producevano nei confronti delle Comunità montane esistenti in queste tre Regioni, gli effetti del comma 20 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2008, a decorrere dalla data di pubblicazione del medesimo D.P.C.M..
Con DGR n. 3687 del 25 novembre 2008, la Giunta regionale del Veneto ha disciplinato gli effetti derivanti alle CC. MM. del Veneto dalle disposizioni contenute nella legge 24/11/2007, n. 244. La Giunta regionale ha preso atto che dalla data di pubblicazione del DPCM previsto dal comma 21 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2008 risultavano soppresse otto Comunità Montane ed ha provveduto a nominare un Commissario straordinario della Giunta regionale per la ricognizione del patrimonio e l’adozione degli atti amministrativi necessari. Poiché tra le otto Comunità Montane soppresse della Lessinia alla quale la legge regionale 30 gennaio 1990, n. 12 aveva affidato anche la gestione del Parco naturale della Lessinia (istituito con la medesima legge), con DGR n. 4226 del 30 dicembre 2008 (BUR n. 11 del 3/2/2009) la Giunta regionale del Veneto, ad integrazione di quanto stabilito con DGR n. 3687 del 25/11/2008 delibera di affidare al Commissario straordinario anche la gestione dei procedimenti già avviati e non ancora conclusi alla data del 27 novembre 2008, nonché l’adozione degli atti amministrativi necessari a garantire il funzionamento ordinario del Parco naturale regionale della Lessinia.
La Giunta regionale del Veneto, considerato che dalla data di pubblicazione del D.P.C.M. 19 novembre 2008 si erano prodotti gli effetti lesivi delle prerogative regionali con riferimento alle Comunità montane del Veneto, e che il medesimo provvedimento trovava la sua ragion d'essere nelle norme della legge finanziaria statale, già impugnate dalla Regione avanti la Corte costituzionale in quanto lesive delle competenze regionali, autorizza il Presidente della Giunta regionale ad impugnare il provvedimento attuativo delle più volte citate disposizioni statali concernenti le Comunità montane del Veneto, in quanto anch'esso lesivo delle competenze riconosciute alla Regione, in violazione degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione e, comunque, perché reso in violazione degli articoli 3 e 97 della Carta Costituzionale. Ad opinione della ricorrente Regione, appartenendo la disciplina delle Comunità montane all'ambito della potestà legislativa regionale residuale-esclusiva, di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, lo Stato non avrebbe potuto intervenire in materia.