Le ultime novità del fascicolo sanitario elettronico dopo il passaggio in Conferenza Stato-Regioni (2/2022)

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Negli ultimi mesi, complici anche la necessità di raggiungere gli obiettivi fissati dal PNRR e colmare i numerosi gap evidenziati durante il periodo di emergenza pandemica, si sono registrate significative novità in tema di telemedicina e di Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE).

La Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome ha infatti espresso parere favorevole allo schema di decreto interministeriale contenente le linee guida per l’attuazione del FSE. In particolare, l’accelerazione sul tema è dovuta anche allo stanziamento previsto dal PNRR all’investimento 1.3.1 della Missione 6 Componente 2 di 1,38 miliardi di euro per il potenziamento del FSE.

 

Le criticità della sanità digitale ed in particolare del FSE sono molteplici e interessano numerosi aspetti che gli investimenti e le linee guida mirano a superare. Ad oggi non tutte le Regioni hanno adeguatamente implementato il sistema di raccolta e indicizzazione dei dati sanitari, i documenti clinici sono formati da dati non strutturati, il livello di sviluppo dello stesso fascicolo è disomogeneo tra le varie Regioni. Tutto ciò è dovuto anche a una non uniforme diffusione dei servizi digitali e alla difficoltà per alcune strutture di collegamento di quest’ultimi al FSE, all’improprio utilizzo dei documenti e alla loro non indicizzazione che ne rende quindi difficoltoso un utilizzo e una interoperabilità, alla non ordinarietà della comunicazione dei flussi dati, alla mancanza di regole di codifica, alla pluralità dei sistemi architetturali. Queste difficoltà hanno ricadute non solamente sulla qualità del sistema sanitario ma altresì sull’accesso ai servizi e sulla individuazione della eventuale responsabilità professionale medica.

Si stima infatti che solamente il 60% delle Regioni abbiano adottato il modello “Registry centrale e repository distribuito” e che, a seguito dell’assessment sull’interoperabilità tra FSE e sul processo di portabilità tra regioni eseguito dal Ministero per la Trasformazione Digitale e il Ministero dell’Economia e della Finanza, si è evidenziato come sia necessario apportare drastiche modifiche sia alle componenti tecnologiche che a quelle normative e di applicazione degli standard.

In precedenza era già stato effettuato un utile passaggio in relazione alla governance dell’intero ecosistema “sanità digitale” con l’approvazione della legge numero 25 del 28 marzo 2022. L’art. 21 della suddetta legge, infatti, prevede numerose novità quali, tra le più fondamentali, l’inserimento dei “sistemi di sorveglianza” nella rubrica del testo, la centralizzazione del coordinamento e del controllo e il trasferimento del ruolo di estensore delle linee guida dall’AgID all’AGENAS. L’art. 21 prevede che l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), previa approvazione del Ministro della salute, del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, adotti periodicamente apposite linee che dettano le regole tecniche di attuazione dei decreti. Di particolare importanza le linee guida che mirano a costruire quella interoperabilità tra sistemi regionali che ha rappresentato la più grande lacuna degli ultimi anni. Un passaggio, quello delle linee guida e della “concertazione” tra livelli, da molti auspicato al fine di superare quel gap territoriale che ad oggi aveva reso difficile garantire un eguale accesso ai servizi in tutte le regioni. Regioni che, tuttavia, non vengono private del tutto della propria competenza in quanto dovranno predisporre “piani di adeguamento” oggetto di monitoraggio e valutazione da parte del Ministero della salute e della struttura della Presidenza del Consiglio dei ministri competente per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, con il supporto dell’AGENAS.

La disciplina prevede altresì l’obbligo per le Regioni che non vogliano avvalersi della infrastruttura nazionale di adottare un piano di adeguamento conforme alle linee guida nei termini previsti. In caso di mancata adozione del piano di adeguamento, di adozione non conforme o di non avvalimento dell’infrastruttura nazionale si procede con l’esercizio del potere sostitutivo di cui agli articoli 117, quinto comma, e 120, secondo comma, Cost.

La normativa introduce anche l’obbligo per le Regioni di inserimento dei dati delle prestazioni entro cinque giorni dall’erogazione al fine di sviluppare l’ecosistema dei dati.

Tale innovazione legislativa è stata seguita poi dall’adozione delle linee guida che sono state inserite nello schema di decreto sottoposto alla valutazione, tra gli altri, della Conferenza delle Regioni.

Le linee guida per l’attuazione del fascicolo sanitario elettronico hanno l’obiettivo di creare un unico ecosistema dei dati sanitari che possano essere utilizzati da tutti i professionisti per la fase di cura e diagnosi e per le strutture di ricerca per la fase di analisi, di far diventare il FSE il punto unico ed esclusivo di accesso per i cittadini ai servizi del SSN e profilare sempre di più l’assistenza del paziente.

Così vengono fissati numerosi requisiti da raggiungere nel breve, medio e lungo periodo che interessano quattro componenti: i servizi, i contenuti, l’architettura e la governance.

Per quanto riguarda i primi si richiede uno sviluppo delle procedure di accesso (sia di consultazione da parte del cittadino e di erogazione di servizi, nel breve periodo, che di consultazione dei dati clinici, gestione delle deleghe agli informal caregivers e potenziamento sia delle cure che dell’accesso alle prestazioni)  delle modalità di integrazione (che riguardano in particolar modo i professionisti, sia medici che infermieri e farmacisti, e che hanno lo scopo di migliorare le modalità con le quali i dati possono essere condivisi da varie strutture su tutto il territorio nazionale) dei percorsi di “personalizzazione delle cure” e di modifica delle policies (utilizzo da parte delle istituzioni sanitarie e degli Enti di ricerca dei dati e applicazione di modelli predittivi e algoritmi).

Sui contenuti, inoltre, si mette mano al mare magnum che ha contraddistinto in questi anni i dati che a vario titolo e con differenti modalità venivano conservati e utilizzati dalle strutture sanitarie. In questo caso viene richiesto di prevedere dei contenuti minimi che, in modo progressivo, coinvolgono sempre di più tutti gli aspetti del FSE e hanno come fine quello di obbligare tutte le strutture a mettere  a disposizione gli stessi documenti, con gli stessi formati e uguali sistemi di codifica.

Mediante l’architettura si definiscono inoltre regole e modalità condivise per la costruzione ed evoluzione di un sistema di conservazione, indicizzazione e condivisione di tutti i dati, a partire dalla previsione di una Anagrafe Nazionale Assistiti e l’utilizzo di strumenti di Intelligenza artificiale e Data Analysis per migliorare le modalità di elaborazione dei dati.

Un’attenzione particolare deve però essere posta a quella che è la disciplina della governance; non a caso negli ultimi anni si è aperto un dibattito in dottrina circa la competenza in ambito sanitario, in particolar modo con lo sviluppo della “sanità digitale”, e le difficoltà sempre più evidenti delle regioni. Il tema infatti del riparto di compiti e competenze tra Stato e Regioni non risulta essere sopito in virtù della ricerca di ottimizzazione delle prestazioni da erogare, in particolar modo in situazioni di emergenza in cui il sistema sanitario viene messo sotto stress. Il Servizio Sanitario Nazionale è sempre stato interpretato nel tempo più come la somma dei vari Servizi Sanitari Regionali e, anche alla luce delle previsioni costituzionali, negli ultimi anni l’interesse del legislatore è coinciso maggiormente con quello di disciplinarne la spesa, lasciando in secondo piano l’organizzazione. Le linee guida pongono invece numerose questioni organizzative (alcune di queste elaborate dallo stesso tavolo tecnico istituito dall’art 26 del DPCM n. 178 del 2015) tra le quali la definizione di regole comuni, di algoritmi e norme in materia di sanità digitale, un sistema di monitoraggio e l’identificazione di infrastrutture abilitanti.

Come noto, seppur l’art 117. Cost. elenchi la tutela della salute quale competenza concorrente, la costruzione di un sistema sanitario nazionale che si fondi sul digitale, e che interessi quindi anche la ricerca, lo scambio dei dati, l’utilizzo delle nuove tecnologie, non può prescindere da una riconversione ad unità (statale, per l’appunto) dei vari sistemi, delle infrastrutture e della governance che in qualche modo sono posti alla base della tutela dei diritti e della garanzia dell'accesso ai livelli essenziali.

Le linee guida su questo punto rappresentano senza dubbio un nuovo modello di riflessione in quanto, in combinato disposto con le recenti innovazioni legislative, se da una parte richiedono alle Regioni di adeguare i propri sistemi e uniformarli, dall’altra le incentivano a utilizzare i fondi PNRR, con una forte spinta statale, al fine di porre in essere riforme che garantirebbero, almeno sulla carta, sia una piena interoperabilità dei dati che una loro effettiva fruibilità grazie all’indicizzazione e all’utilizzo di sistemi di tecnologie emergenti; tutto ciò, come già ricordato in precedenza, alla luce degli obblighi delle Regioni sia di porre in essere le riforme che di adeguarsi alle linee guida, pena l’attivazione del potere sostitutivo statale.

La Conferenza delle Regioni e delle province autonome ha così dato recentemente il proprio parere positivo suggerendo altresì alcune modifiche alla suddivisione dei fondi: un passo avanti per il FSE e per la sanità in generale che dovrà essere attentamente monitorato e che non lascerà certo senza effetti anche il rapporto tra Stato e Regioni sul tema.