La legge di stabilità della Regione Puglia (l.r. n. 32/2022) modifica la normativa elettorale regionale e il Governo impugna la norma (1/2023)

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Con legge regionale 29 dicembre 2022, n. 32, Disposizioni per la formazione del Bilancio di previsione 2023 e Bilancio pluriennale 2023-2025 della Regione Puglia (legge di stabilità regionale 2023), la Regione Puglia ha modificato i termini – ampliandoli – di convocazione dei comizi per la rinnovazione del Consiglio e per l’elezione del Presidente della Giunta nei casi di scioglimento anticipato del Consiglio regionale previsti dallo Statuto e, in particolare, nell’ipotesi di dimissioni del Presidente.

 

L’art. 96 della sopra citata legge di stabilità ha riformulato, infatti, il secondo periodo del comma 2 dell’art. 5 della legge regionale 28 gennaio 2005, n. 2, Norme per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale, come segue: “Nei casi di scioglimento anticipato del Consiglio regionale previsti dallo Statuto, a esclusione delle ipotesi previste dal primo comma dall’articolo 126 della Costituzione, si procede all’indizione delle nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Regione Puglia entro sei mesi [anziché tre mesi, n.d.r.]. Il predetto termine decorre dalla presa d’atto da parte del Consiglio regionale; quando lo scioglimento è conseguenza delle dimissioni del Presidente della Regione, la presa d’atto deve avvenire entro trenta giorni dalla presentazione delle stesse”.

Pertanto, al verificarsi delle ipotesi statutarie di scioglimento anticipato del Consiglio regionale pugliese, il termine per l’indizione delle elezioni viene posticipato da tre a sei mesi e, qualora lo scioglimento consegua alle dimissioni del Presidente, si prevede che il termine in parola cominci a decorrere soltanto dalla presa d’atto da parte del Consiglio regionale, che dovrà avvenire entro trenta giorni.

In tale ultima ipotesi, dunque, le elezioni potranno essere indette circa sette mesi dopo la formalizzazione delle dimissioni.

Al termine così calcolato dovrebbe aggiungersi, inoltre, quello previsto dall’art. 2, co. 5, della legge elettorale pugliese[1], ai sensi del quale il decreto di convocazione dei comizi deve essere comunicato ai Sindaci dei Comuni della Regione, “i quali ne danno notizia agli elettori con apposito manifesto che deve essere affisso quarantacinque giorni prima della data stabilita per le elezioni”.

Sicché, laddove venissero utilizzati per intero i sette mesi de quibus, è ragionevole ritenere che le elezioni potrebbero svolgersi soltanto in una data successiva di almeno quarantacinque giorni rispetto al decreto di convocazione dei comizi, definendo in tal modo una distanza temporale complessiva dalle dimissioni del Presidente pari a circa otto mesi e quindici giorni, alla quale andranno sommate le ulteriori – fisiologiche – tempistiche tecniche necessarie per il corretto espletamento delle operazioni elettorali.

È appena il caso di precisare che la norma in parola è stata introdotta tramite un emendamento alla legge di stabilità pugliese presentato dall’opposizione consiliare e approvato a scrutinio segreto.

Senza voler entrare nel merito delle questioni politiche contingenti, ci si limiti in questa sede a considerare che, ai sensi di quanto stabilito dall’art. 121 della stessa legge di stabilità regionale, la norma è entrata in vigore il 1° gennaio 2023 e, pertanto, essa potrebbe trovare applicazione già a partire dalla legislatura in corso.

Orbene, secondo quanto esplicitato nella relazione illustrativa all’emendamento, lo scopo precipuo dell’intervento normativo de quo sarebbe quello di garantire alla legislatura regionale la fisiologica “durata quinquennale, durata che gli [e]lettori si aspettano venga rispettata e che giustifica il restare in carica del Consiglio regionale anche al fine di realizzare gli obbiettivi di mandato programmatici che […] costituiscono elemento sostanziale del mandato conferito dalle elezioni”.

A ben vedere, però, la realizzazione degli obiettivi di mandato presupporrebbe la disponibilità della pienezza dei poteri da parte degli organi regionali, difficilmente rinvenibile nell’ambito del regime di prorogatio al quale essi sarebbero sottoposti nelle ipotesi di scioglimento anticipato del Consiglio come nel caso di scadenza naturale del mandato.

Sull’ampiezza dei poteri riconducibili all’istituto della prorogatio e sulla relativa applicabilità alle Regioni a statuto ordinario[2] si sono a lungo interrogate dottrina e giurisprudenza (MORRONE, 2003), sia prima sia dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l’autonomia statutaria delle Regioni) e della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione).

Lungi dal poter ripercorrere in questa occasione il dibattito relativo al citato istituto, valga la pena qui richiamare la pronuncia con cui la Corte Costituzionale ha statuito che “la disciplina della eventuale prorogatio degli organi elettivi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o dimissioni, e degli eventuali limiti dell’attività degli organi prorogati, sia oggi fondamentalmente di competenza dello statuto della Regione, ai sensi del nuovo articolo 123, come parte della disciplina della forma di governo regionale” (Corte Cost., sent. n. 196 del 2003).

Appurata tale competenza nel nuovo quadro costituzionale, si tende a escludere che una Regione a statuto ordinario possa prevedere una prorogatio senza alcuna limitazione statutaria ai poteri esercitabili dal Consiglio e dalla Giunta regionale (Corte Cost., sent. n. 68 del 2010; PAOLANTONIO, 2011).

A tal fine, lo Statuto regionale della Puglia limita all’ordinaria amministrazione i poteri esercitabili dagli organi regionali in regime di prorogatio.

L’intenzione esplicitata dal legislatore regionale pugliese si appalesa, dunque, come di non semplice armonizzazione con le caratteristiche dell’istituto de quo, atteso che esso opera come risultato di un complesso contemperamento fra il principio di rappresentatività dell’organo e quello di continuità delle istituzioni.

Procedendo verso l’inquadramento giuridico della normativa pugliese, è opportuno precisare come la modifica legislativa in parola si ispiri expressis verbis alla l.r. del 16 gennaio 2012, n. 5 della Regione Veneto, Norme per l’elezione del Presidente della Giunta e del Consiglio regionale e, in particolare, all’art. 11 della citata legge, ai sensi del quale: “Nei casi di cessazione anticipata del Consiglio, ad esclusione di quello di cui all’articolo 126, primo comma, della Costituzione, le elezioni hanno luogo entro sei mesi dalla cessazione stessa”.

Da un confronto letterale tra le norme, la previsione veneta appare prima facie non coincidente con quella pugliese, in quanto l’art. 96 della legge regionale della Puglia 29 dicembre 2022, n. 32 fa riferimento all’indizione e non già – come la prima – alla data di svolgimento delle elezioni.

La legge pugliese sembrerebbe introdurre, dunque, un differimento temporale ancor più significativo tra il verificarsi delle cause di scioglimento anticipato del Consiglio regionale e la celebrazione del momento elettorale che ad esso dovrebbe conseguire, in tempi ragionevoli, in ossequio al principio del simul stabunt simul cadent connaturato all’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente della Giunta.

Una siffatta dilatazione delle tempistiche elettorali, con l’annesso protrarsi del regime di prorogatio degli organi regionali, pone ragionevoli interrogativi sotto il profilo della compatibilità con l’art. 126, co. 3, Cost., nella misura in cui la norma costituzionale fa conseguire al venir meno del Presidente (eletto come supra) – nei casi di mozione di sfiducia, rimozione, impedimento permanente, morte, dimissioni volontarie[3] – le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio.

Con riferimento alla eventuale congruità delle tempistiche elettorali testé stabilite, pare utile ricordare quanto previsto dalle disposizioni transitorie di cui all’art. 5, co. 2, lett. b), della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1, in virtù del quale – fino alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti regionali – nei casi di mozione di sfiducia, dimissioni volontarie, impedimento permanente o morte del Presidente, “entro tre mesi si procede all’indizione di nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Giunta”.

Sempre con riguardo al quantum dei termini elettorali, merita di essere qui richiamata la valutazione –riferita, invero, all’ipotesi di scadenza naturale del mandato – espressa dalla Corte Costituzionale in occasione della sentenza n. 196 del 2003, nella parte in cui giudicò non fondata la questione relativa all’introduzione, da parte della legge regionale dell’Abruzzo allora vigente, di un termine di tre mesi per l’indizione delle nuove elezioni.

In tale circostanza, prendendo atto che all’epoca né la normativa statale né quella regionale prevedevano un termine finale ma solo uno a quo per le elezioni del nuovo Consiglio e interpretando il termine di tre mesi fissato dalla normativa abruzzese “nel senso che le elezioni abbiano luogo, e non siano semplicemente indette, entro tale lasso di tempo”, la Corte concluse che “non può dirsi che tale termine sia eccessivamente lungo, tenuto conto anche che esso […] supera di soli venti giorni il periodo massimo di settanta giorni dalla fine del mandato delle Camere, entro il quale devono essere elette le nuove, ai sensi dell’art. 61, primo comma, della Costituzione”.

Sicché, anche a voler assommare ai settanta giorni previsti per le nuove elezioni i venti giorni previsti come termine per la prima riunione delle Camere (ex art. 61, co. 1, Cost.), ci si renderà conto di come questo intervallo di tempo, pari a complessivi tre mesi, in cui gli organi parlamentari scaduti vengono chiamati dalla Costituzione a garantire il principio di continuità, attraverso la prorogatio, risulti più esiguo rispetto a quello previsto dalla legge elettorale pugliese, come recentemente modificata, per le ipotesi di scioglimento anticipato del Consiglio regionale.

Con riguardo a tali ultime ipotesi, invero, proprio la nuova legge elettorale della Regione Abruzzo (legge regionale 2 aprile 2013, n. 9), al pari di altre Regioni quali, ad esempio, Lombardia, Lazio e Toscana, individua espressamente un termine di tre mesi entro i quali devono avere luogo le elezioni. Analogo termine finale – sebbene di sei mesi, come visto supra – è previsto anche dalla normativa veneta.

Una diversa previsione è contenuta, invece, nella legge elettorale dell’Emilia-Romagna, l.r. 23 luglio 2014, n. 21, la quale prevede che, “in caso di scioglimento anticipato dell’Assemblea legislativa, il decreto di indizione deve essere pubblicato entro tre mesi dallo scioglimento stesso e le elezioni devono tenersi entro due mesi dalla pubblicazione del decreto di indizione delle elezioni”.

Per contestualizzare più compiutamente l’intervento del legislatore regionale pugliese, la norma in commento merita di essere letta, pertanto, in combinato disposto con le previsioni statutarie che disciplinano il regime della prorogatio che – come evidenziato a più riprese – farebbe seguito al verificarsi delle ipotesi di scioglimento del Consiglio regionale.

In tema di prorogatio, lo Statuto della Regione Puglia riconduce a due distinte ipotesi le differenti circostanze che possono dare origine alla cessazione della legislatura regionale.

La prima riguarda il caso in cui la legislatura sia scaduta oppure lo scioglimento del Consiglio regionale consegua alla sfiducia del Presidente della Giunta o alle dimissioni contestuali della maggioranza dei Consiglieri: in tali evenienze, l’art. 41, co. 7, dello Statuto pugliese prevede che il Presidente e la Giunta regionale rimangano in carica per l’ordinaria amministrazione fino alle successive elezioni.

La seconda ipotesi disciplina la prorogatio allorquando la causa dello scioglimento anticipato del Consiglio regionale risieda nelle dimissioni volontarie, nella rimozione, nell’impedimento permanente o nella morte del Presidente della Giunta: al verificarsi di dette ricorrenze, l’art. 41, co. 8, dello Statuto prevede che le funzioni del Presidente vengano “esercitate dal Vice Presidente o, in mancanza, dall’assessore più anziano per età e la Giunta rimane in carica per l’ordinaria amministrazione, fino all’elezione, così come prevista dalla legge elettorale, del nuovo Consiglio regionale e del Presidente della Giunta regionale”.

Pertanto, salvo voler interpretare il riferimento all’indizione delle elezioni (“entro sei mesi”) come termine per lo svolgimento delle stesse, nell’ipotesi di maggior dilazione temporale prevista dalla novellata normativa elettorale, ossia nel caso di dimissioni volontarie del Presidente della Giunta, ci si potrebbe trovare innanzi a una prorogatio degli organi regionali superiore a otto mesi, in cui le funzioni del Presidente sarebbero peraltro esercitate dal Vice Presidente, il quale – appare opportuno domandarsi – potrebbe ragionevolmente ritenersi legittimato, insieme alla Giunta e al Consiglio regionale, a “realizzare gli obbiettivi di mandato programmatici” come auspicato dal legislatore regionale?

Sulla modifica della legge elettorale pugliese introdotta attraverso l’art. 96 della legge regionale n. 32/2022 sarà chiamata a pronunciarsi la Corte Costituzionale, interessata della questione dal Governo nazionale che, in occasione del Consiglio dei ministri del 23 febbraio u.s., ha deliberato di impugnare la citata legge “in quanto talune disposizioni in materia di legge elettorale, violano l’articolo 126, terzo comma, della Costituzione[4]. Si ritiene però infine opportuno segnalare che, il 27 febbraio u.s., è stato depositato nel Consiglio regionale della Puglia un progetto di legge (n. 719) volto ad abrogare la norma esaminata in questa sede.

 

[1] Secondo quanto già previsto dall’art. 3, co. 5, della legge 17 febbraio 1968, n. 108.

[2] L’applicabilità dell’istituto della prorogatio per i Consigli delle Regioni a statuto speciale è prevista dall’art. 4 della legge costituzionale 23 febbraio 1972, n. 1.

[3] A norma dell’art. 126, co. 3, Cost. i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.

[4] V. comunicato stampa del Consiglio dei ministri n. 22 del 23 febbraio 2023.