Fonti delle Regioni ordinarie

Il Piemonte abroga la “micro-legge” sulle sperimentazioni gestionali in sanità e “neutralizza” il referendum (2/2025)

1. Introduzione*

Il 10 giugno 2025 il Consiglio regionale del Piemonte ha approvato all’unanimità il disegno di legge n. 92/2025 volto all’abrogazione dell’articolo 23 della legge regionale 23 maggio 2008, n.12 Legge finanziaria per l’anno 2008 e della legge regionale 31 gennaio 2012, n. 1 Sostituzione dell’articolo 23 della legge regionale 23 maggio 2008, n. 12 (Legge finanziaria per l’anno 2008), ossia delle disposizioni legislative regionali in tema di sperimentazioni gestionali in ambito sanitario.

Il disegno di legge in questione, presentato dalla Giunta regionale il 5 giugno 2025, era stato annunciato dal medesimo organo nell’ambito della discussione consiliare sull’ordine del giorno relativo alle “Determinazioni in merito alla valutazione di ricevibilità e ammissibilità di un’istanza per la promozione di un referendum abrogativo”. Questa iniziativa scaturiva da una richiesta di referendum abrogativo, pervenuta al Presidente del Consiglio regionale il 22 aprile 2025, da parte del Comitato per il diritto alla tutela della salute e alle cure avente a oggetto le medesime disposizioni legislative, poi abrogate. La Commissione di Garanzia, ai sensi dell’art. 81 dello Statuto, aveva espresso parere favorevole sulla ricevibilità e ammissibilità della richiesta referendaria (parere 5/2025 del 19 maggio 2025). Successivamente, il Consiglio, chiamato a votare sulla ricevibilità e ammissibilità ai sensi dell’art. 12-bis, comma 9, della l. reg. 16 gennaio 1973, n. 4, decideva a maggioranza di sospendere la votazione sull’ordine del giorno relativo. In data 6 giugno, in ossequio al disegno di legge nel frattempo presentato dalla Giunta, la Conferenza dei capigruppo stabiliva la convocazione della I e IV Commissione, le quali, nella seduta congiunta del 9 giugno 2025, hanno licenziato il disegno di legge con voto favorevole a maggioranza dei presenti.

 

Una volta promulgato dal Presidente della Regione, il disegno di legge è diventato la l.reg. 11 giugno 2025, n. 8 (B.U. 12 giugno 2025, 3° suppl. al n. 24). Nuovamente investita della questione, la Commissione di Garanzia con parere n. 6 del 26 giugno 2025 dichiarava l’inammissibilità dell’istanza referendaria per sopravvenuta cessazione dell’oggetto della richiesta stessa.

2. Profili critici della legge regionale 8/2025 in materia di sperimentazioni gestionali

La l. reg. n. 8/2025 presenta diversi elementi di interesse, concernenti da un lato il riparto di competenza tra Stato e Regione rispetto alla disciplina delle sperimentazioni gestionali in ambito sanitario, dall’altro la tecnica normativa adottata. Innanzitutto (§ 2.1) l’esame rileva il carattere largamente residuale della disciplina oggetto di iniziativa referendaria rispetto a quanto previsto dall’art. 9-bis del d.lgs. 502/1992, tuttora vigente e idoneo a fungere da quadro normativo unitario in tema di sperimentazioni gestionali. Inoltre (§ 2.2) a destare interesse è la concreta attività di drafting del legislatore regionale che, agli artt. 1 e 2 l.reg. 8/2025, ha scelto di abrogare sia la disposizione legislativa originaria del 2008, sia quella del 2012 che l’aveva sostituita, sollevando profili di coerenza sistematica e razionalità normativa.

2.1. Le cd. sperimentazioni gestionali in sanità nella disciplina piemontese: una “cedevolezza” molto parziale

Le c.d. sperimentazioni gestionali sono eccezionali forme di collaborazione tra strutture del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e soggetti privati. Prevedono l’impiego di modelli gestionali alternativi a quello tipico dell’azienda pubblica e sono disciplinate al Titolo II (rubricato Prestazioni) del d.lgs. 502/1992 (art. 9-bis), così come introdotto dall’art. 11 d.lgs. 517/1993 e successivamente sostituito dall’art. 11 d.lgs. 229/1999.

Tali collaborazioni, che hanno per oggetto lo svolgimento di compiti diretti di tutela della salute e sono finalizzate a migliorare l’efficienza e l’innovazione nei servizi sanitari, posseggono una natura temporanea e possono realizzarsi attraverso un’ampia gamma non tipizzata di strumenti, inclusa la costituzione di società di capitali miste pubblico-privato[1]. A tal riguardo, l’art. 9-bis stabilisce che la programmazione delle sperimentazioni avviene con provvedimento autorizzatorio, la cui adozione, a partire da una novella introdotta con d.l. 18 settembre 2001, n. 347 convertito, con modificazioni, nella legge 16 novembre 2001, n. 405, spetta alla Regione o alla Provincia autonoma.

In particolare, il legislatore statale ha posto in capo all’amministrazione regionale o provinciale l’onere di motivare la convenienza economica o il miglioramento della qualità dell’assistenza, oltre a richiedere di evidenziare specifici elementi di garanzia, quali: aver privilegiato nell’area del settore privato il coinvolgimento delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale; aver fissato limiti percentuali alla partecipazione di organismi privati in misura non superiore al quarantanove per cento; aver previsto forme idonee di limitazione alla facoltà di cessione della quota sociale pubblica nei confronti dei soggetti privati che partecipano alle sperimentazioni; aver disciplinato le forme di risoluzione del rapporto contrattuale con privati che partecipano alla sperimentazione in caso di gravi inadempienze agli obblighi contrattuali o di accertate esposizioni debitorie nei confronti di terzi; aver definito i compiti, le funzioni e i rispettivi obblighi di tutti i soggetti pubblici e privati che partecipano alla sperimentazione gestionale, avendo cura di escludere in particolare il ricorso a forme contrattuali, di appalto o subappalto, nei confronti di terzi estranei alla convenzione di sperimentazione, per la fornitura di opere e servizi direttamente connessi all’assistenza alla persona; aver individuato forme e modalità di pronta attuazione per la risoluzione della convenzione di sperimentazione e scioglimento degli organi societari in caso di mancato raggiungimento del risultato della avviata sperimentazione.

Si tratta, con tutta evidenza, di una serie di vincoli preordinati alla garanzia precipua dell’interesse pubblico[2], data la delicatezza della materia in cui insistono le sperimentazioni. A questo riguardo, il co. 3 dell’art. 9-bis introduce anche una clausola valutativa delle sperimentazioni, in base alla quale la Conferenza Stato-Regioni, tramite AGENAS, verifica annualmente i risultati conseguiti. Al termine del primo triennio di sperimentazione, il Governo e le Regioni sono tenuti ad adottare i provvedimenti conseguenti. Il co. 4, invece, stabilisce che, al di fuori delle forme di collaborazione previste al co. 1, è fatto divieto di costituire società a capitale misto pubblico-privato per lo svolgimento di compiti diretti di tutela della salute.

Con la revisione del Titolo V, II parte Cost. di cui alla legge cost. n. 3/2001, le Regioni e le Province autonome non hanno ottenuto soltanto il potere di autorizzare le sperimentazioni, ma anche di sostituire e/o integrare la disciplina statale con una propria e diversa normativa, fermi restando quei criteri che paiono ascrivibili ai principi fondamentali in materia di tutela della salute ex art. 117, co. 3 Cost., così come ricavabili dall’anzidetto art. 9-bis, co. 2. In particolare, la fonte statale non ha previsto un procedimento dettagliato in ordine alle modalità di scelta del socio privato. Ed è proprio a tal riguardo che molte Regioni e Province autonome negli anni hanno legiferato, talora semplicemente riproponendo le medesime disposizioni legislative statali, talora lasciando inalterate queste ultime e integrandole con disposizioni supplementari[3].

Tra queste ultime, figura la Regione Piemonte nella quale il criterio della cedevolezza della norma statale in favore di quella regionale, pur potendo astrattamente operare[4], non è mai stato seguito. La Regione, infatti, ha continuato ad autorizzare sperimentazioni in base al d.lgs. 502/1992. Ciononostante, il Piemonte, dopo le autorizzazioni delle prime sperimentazioni, avvenute con DGR n. 52-3036 del 21.05.2001 e n. 13-8175 del 7.01.2003, ha introdotto una disciplina ulteriore che completa quella di rango statale. Si tratta, appunto, dell’art. 23 l.r. 12/2008 (Legge finanziaria per l’anno 2008) che, a integrazione di quanto stabilito dall’art. 9-bis, co. 3, prevedeva la possibilità per la Giunta di prorogare per un periodo non superiore a tre anni, previa loro ridefinizione, i programmi per i quali fosse scaduto il primo triennio di sperimentazione. L’art. 23 l.reg. 12/2008 era stato poi medio tempore emendato dall’art. 12 l.reg. 14/2010 e, ancora, dall’art. 18 l.reg. 25/2010. Detti emendamenti prorogavano il periodo complessivo delle sperimentazioni già in precedenza autorizzate prima a cinque e poi a sei anni, fermo restando il vincolo per la Giunta di ridefinire il programma in conformità alle previsioni di cui agli atti di programmazione socio-sanitaria regionale e ai vincoli di finanza pubblica derivanti dagli impegni assunti dalla Regione. Da ultimo, invece, la l.reg. 1/2012, con articolo unico rubricato Partecipazioni societarie di aziende sanitarie regionali. Programmi di sperimentazione gestionale sostituiva integralmente l’art. 23, introducendovi una dettagliata disciplina di tenore procedimentale.

Questa disciplina, pur salvaguardando l’interesse pubblico così come presidiato dall’art. 9-bis del d.lgs. 502/1992, stabiliva, peraltro in maniera alquanto asistematica, che le ASL “possono partecipare ad organismi di natura societaria” (co. 1), che le sperimentazioni gestionali “sono autorizzate dalla Giunta regionale” (co. 2); che detta autorizzazione è concessa per un periodo non superiore a cinque anni e viene rilasciata su istanza delle ASL interessate che devono motivare in ordine alla convenienza economica e al miglioramento della qualità dell’assistenza (co. 3); che l’attivazione avviene in seguito a una procedura di evidenza pubblica per la scelta del socio privato e che gli atti della procedura di evidenza pubblica devono prevedere nel dettaglio gli elementi che regolano la gestione sperimentale e la eventuale successiva trasformazione in gestione ordinaria (co. 4); che il raggiungimento degli obiettivi fissati nel progetto ed il perseguimento dell’equilibrio economico rappresentano condizioni essenziali per il mantenimento in vita delle sperimentazioni autorizzate (co. 5); che la Giunta può, previa valutazione degli esiti della sperimentazione, disporne la chiusura ovvero disporne la trasformazione in gestione ordinaria ovvero ancora disporne la proroga per il periodo necessario al compimento del piano di attività e del piano finanziario, comunque, per un periodo non superiore a cinque anni (co. 6); per i programmi per i quali il socio privato non sia stato scelto con procedura a evidenza pubblica la trasformazione a gestione ordinaria può essere disposta soltanto a seguito dello svolgimento di detta procedura (co. 7); il provvedimento per la trasformazione in gestione ordinaria individua gli elementi di garanzia posti a salvaguardia dell’esercizio delle funzioni di interesse pubblico e stabilisce le condizioni attraverso cui l’ASL definisce il rapporto con il soggetto privato; in particolare, il provvedimento deve stabilire a) il pieno controllo nei processi decisionali da parte del soggetto pubblico; b) l’obbligo di ottenere l’accreditamento regionale; c) l’obbligo di applicare tariffe non superiori a quelle previste dal tariffario regionale; d) la definizione del rapporto contrattuale in coerenza con il fabbisogno e i vincoli definiti a livello regionale; e) la disciplina dei rapporti finanziari fra la società e l’azienda sanitaria (co. 8).

A questo punto, occorre sottolineare come la scelta della Giunta regionale di abrogare siffatta disciplina si presti a una lettura controintuitiva anche rispetto alla finalità espressa dal Comitato referendario di limitare il coinvolgimento del privato nel SSR. Infatti, all’esito dell’abrogazione, le sperimentazioni gestionali in sanità non solo rimangono possibili, come del resto conferma implicitamente anche l’ordine del giorno con il quale l’opposizione ha tentato di impegnare la Giunta a non autorizzarne più (cfr. odg 10 giugno 2025, n. 265), ma la loro autorizzazione non è più soggetta ai vincoli e all’iter ulteriori previsti dalla legislazione regionale, bensì soltanto ai criteri di cui alla legge statale. Per le sperimentazioni eventualmente già autorizzate e ancora in corso - come chiarito nella relazione di accompagnamento al ddl, in realtà, non ve ne sono - l’abrogazione della disciplina regionale non poteva sortire alcun effetto pratico, atteso che la base giuridica restava quella di cui al d.lgs. 502/1992[5].

2.2 Abrogazioni sovrapposte e tecnica legislativa: alcune questioni di metodo

Nella l.reg. 8/2025 il legislatore piemontese ha adottato una clausola abrogativa “contestuale”, disponendo simultaneamente la soppressione dell’art. 23 della l.reg. 12/2008 e dell’intera l.reg. 1/2012, sebbene la norma introdotta da quest’ultima rappresentasse, come si è detto, l’unica disposizione ancora vigente tra quelle oggetto di abrogazione. Le motivazioni sottese a tale scelta non sono esplicitate nella relazione illustrativa del ddl 92, né in altri atti ufficiali, tuttavia, si può ragionevolmente ritenere che essa trovi fondamento nel Manuale regionale che contiene Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi[6] che, al par. 83.2, prescrive che “in caso di abrogazione di un atto, debbano essere contestualmente abrogati anche gli atti che lo hanno nel tempo modificato”, escludendo l’uso generico della formula “e successive modificazioni”.

Tale impostazione, pur suggerita dalle linee guida elaborate per le Regioni e le Province autonome, non trova un’analoga raccomandazione nel modello statale di tecnica legislativa, recato dalle circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri[7] che, invece, per quanto riguarda i riferimenti agli atti che nel corso del tempo hanno subito aggiunte o variazioni, privilegia l’utilizzo della formula “e successive modificazioni”, nel tentativo di gestire la complessità stratificata del sistema delle fonti e di ridurre l’onere del coordinamento normativo.

Parimenti, l’orientamento 18.5 della Guida pratica comune per la redazione della normativa dell’Unione europea[8] prevede che modifiche e abrogazioni dovrebbero sempre riferirsi all’atto originario e non alle disposizioni modificative, “in quanto queste non hanno un loro contenuto proprio e autonomo[9].

Ad ogni modo, l’art. 1 della legge in commento dispone l’abrogazione “dell’articolo 23 della legge regionale 23 maggio 2008, n. 12 (Legge finanziaria per l’anno 2008), come sostituito dall’articolo 1 della legge regionale 31 gennaio 2012, n. 1”, esplicitando in modo analitico solo l’ultima delle novelle intervenute.  Come anticipato, infatti, merita, rilevare che l’art. 23 della l.reg. 12/2008 era stato, nel frattempo, oggetto di ulteriori modificazioni da parte dell’art. 12 della l.reg. 14/2010 e dell’art. 18 della l.reg. 25/2010. Eppure, a tali disposizioni non si fa alcun riferimento, pur trattandosi di “atti che lo hanno nel tempo modificato” la disposizione originaria. L’omissione, a fronte della precisione redazionale rivendicata dalla tecnica normativa adottata, lascia emergere una certa discontinuità nell’applicazione del criterio di completezza evocato dal medesimo Manuale. Ciononostante, l’art. 2 si premura di reiterare l’abrogazione dell’intera l.reg. 1/2012. Tale previsione risulta quantomeno eccedente rispetto allo scopo perseguito: la l.reg. 1/2012, infatti, era composta da un unico articolo, avente quale unica finalità proprio la sostituzione dell’art. 23 della l.reg. 12/2008. Una volta che quest’ultimo è espressamente abrogato, con puntuale richiamo alla norma modificativa, la previsione di un ulteriore articolo volto a disporre l’abrogazione dell’intera legge del 2012 si presenta come ridondante, priva di reale necessità giuridica e non sorretta da esigenze sistematiche cogenti.

Sebbene la descritta scelta redazionale sembri ispirata dal proposito di garantire un rigoroso ordine cronologico nella ricostruzione della successione normativa, essa non solo omette il riferimento alle ulteriori modificazioni medio tempore intervenute, ma finisce con il sovraccaricare il testo legislativo, senza apportare benefici tangibili sotto il profilo della chiarezza o della semplificazione. Anziché snellire il quadro delle fonti, tale opzione contribuisce a stratificarne ulteriormente la struttura, costringendo l’interprete a un esercizio di ricostruzione storica privo di effettiva utilità pratica.

A ciò si aggiunga un ulteriore profilo di criticità. La norma in commento ha infatti omesso di abrogare l’art. 24 della l.reg. 12/2008, il quale contiene un esplicito rinvio all’abrogato art. 23 e disciplina la possibilità per le ASL interessate di costituire una società mista con Azienda Sviluppo Multiservizi, Cooperativa Sociale P.G. Frassati Onlus o loro aventi causa, al fine di gestire l’immobile oggetto della sperimentazione gestionale, con destinazione sanitaria e sociosanitaria. Tale assetto è previsto per una durata iniziale di cinque anni, prorogabile con deliberazione della Giunta regionale per successivi quinquenni, fino al completamento del piano finanziario approvato. L’omessa abrogazione di questa disposizione, a fronte della soppressione della norma cui essa espressamente si collega, genera una frizione sistematica non trascurabile, che potrebbe comportare incertezze interpretative, specie in sede applicativa.

3. Conclusioni: il vicolo cieco del referendum e i profili critici della “normativa di risulta”

L’abrogazione delle disposizioni regionali in materia di sperimentazioni gestionali, come attestato anche dalla Commissione di Garanzia nel suo secondo parere n. 6/2025, ha determinato l’improcedibilità dell’istanza referendaria per sopravvenuta carenza dell’oggetto, conformemente a quanto previsto dallo Statuto.

Sotto il profilo formale, l’intervento normativo si è collocato entro le prerogative riconosciute al Consiglio regionale che ha esercitato la propria potestà legislativa secondo modalità insindacabili in punto di legittimità. Tuttavia, la concomitanza temporale tra la presentazione dell’iniziativa da parte del Comitato referendario e l’approvazione della legge di abrogazione sollecita una qualche riflessione sull’equilibrio tra i canali della rappresentanza politica e gli strumenti di democrazia diretta.

La disciplina regionale soppressa e già oggetto di proposta referendaria non risultava né incompatibile con quella statale, né priva di utilità; al contrario, essa si poneva in funzione integrativa dell’art. 9-bis del d.lgs. 502/1992, specificando, nel rispetto del riparto di competenze, condizioni procedurali e limiti sostanziali volti a garantire un più rigoroso controllo pubblico sull’attivazione delle sperimentazioni da parte delle aziende sanitarie locali. Il legislatore piemontese aveva, pertanto, esercitato la competenza concorrente in modo coerente con i principi fondamentali stabiliti dallo Stato, rafforzando, a livello decentrato, il presidio dell’interesse pubblico nei modelli di gestione sanitaria e sociosanitaria a compartecipazione privata.

Alla luce di quanto precede, l’intervento abrogativo del legislatore ha evitato lo svolgimento di una campagna referendaria che, come accade ormai con crescente frequenza, avrebbe finito per esorbitare dall’oggetto del quesito, determinando una torsione plebiscitaria sul ruolo del privato nel SSR. In altre parole, più che interrogare il corpo elettorale sul mantenimento di una disposizione normativa assai specifica e di tenore puramente procedimentale, il referendum avrebbe rischiato di polarizzare l’elettorato tra favorevoli o contrari alle (invero ben poche e da tempo declinanti) sperimentazioni gestionali piemontesi, ovvero, in termini ancora più generici, rispetto al principio stesso della collaborazione pubblico-privato in ambito sanitario.

In tale contesto, un eventuale esito positivo del referendum non avrebbe comunque prodotto effetti interdittivi rispetto alla possibilità per la Giunta di autorizzare sperimentazioni gestionali, come del resto implicitamente ammesso dalle stesse opposizioni consiliari. La disciplina statale di riferimento, recata dall’art. 9-bis del d.lgs. 502/1992, sarebbe rimasta pienamente vigente, continuando a riconoscere alla Regione tale potere. L’abrogazione della normativa piemontese attraverso la via referendaria, come poi avvenuto a seguito dell’intervento legislativo, avrebbe sortito l’unico effetto, per molti versi controintuitivo, di eliminare i vincoli e le condizioni integrative stabiliti a livello regionale, lasciando però inalterata la cornice normativa generale.

In definitiva, la reale posta in gioco del referendum si collocava su un piano essenzialmente simbolico e di carattere politico. In questo contesto, l’intervento abrogativo del legislatore ha reso evidente come, in assenza di disciplina regionale, la Giunta regionale possa ora procedere all’autorizzazione delle sperimentazioni gestionali senza essere più tenuta al rispetto di vincoli ulteriori rispetto a quelli previsti dal d.lgs. 502/1992. L’assenza di un quadro legislativo regionale rischia, in tal modo, di rendere meno trasparente il processo decisionale della Regione Piemonte. Si tratta, con ogni evidenza, di un esito opposto rispetto a quello perseguito da un Comitato interessato alla tutela del diritto alla salute.

 

* Benché la nota sia il frutto di un lavoro congiunto, la stesura è stata suddivisa come segue: paragrafi 1 e 3 Giovanni Boggero e Maria Cristina Carbone; paragrafo 2.1 Giovanni Boggero; paragrafo 2.2 Maria Cristina Carbone. Ogni paragrafo è stato sottoposto a una revisione incrociata da parte dei coautori.

 

[1] Sul punto: E. Menichetti, Le sperimentazioni gestionali, in: R: Balduzzi, R. Carpani (a cura di), Manuale di diritto sanitario, 2012, 284-285.

[2] Su cui vedasi R. Balduzzi, Le sperimentazioni gestionali tra devoluzione di competenze e fuoriuscita dal sistema, in: Quaderni regionali, 2004, 3, 529-545; E. Menichetti, cit., 2012, 286.

[3] I. Pannocchia, A. Romolini (a cura di), La gestione pubblico-privato in sanità. Modelli di sperimentazioni ed innovazioni gestionali a confronto, Promo PA Fondazione, 2018, 12; G. Cappellaro, F. Longo, A. Ricci, Le Sperimentazioni Gestionali nel SSN: rilevazione nazionale e analisi dei modelli emergenti in Rapporto OASI, 2012, 399 e sgg.

[4] E. Menichetti, cit, 2012, 288 e sgg.; R. Cavallo Perin - B. Gagliardi, Le prestazioni riservate alle organizzazioni pubbliche e gli oggetti possibili dei contratti a terzi in sanità, in: A. Pioggia, M. Dugato, G. Racca, S. Civitarese Matteucci (a cura di), Oltre l’aziendalizzazione del servizio sanitario. Un primo bilancio, 2008, 259.

[5] Cfr. Commissione di Garanzia, parere n. 5/2025, in cui si sostiene che, nell’eventualità di esito positivo, il voto referendario non comporta il venir meno della validità delle sperimentazioni, ma si raccomanda comunque l’adozione di una disciplina transitoria, quasi che le sperimentazioni trovassero la loro base giuridica esclusiva nella fonte regionale.

[6] Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Piemonte, Regole e suggerimenti per la redazione dei testi normativi, 4ª ed., aggiornamento 2025, disponibile online in: https://www.cr.piemonte.it/dwd/labgiuridico/2025/manuale_drafting_IV_edizione.pdf

[7] In particolare, la circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri, n. 1.1.26/10888/9.92, pubblicata nella G.U. n. 97 del 27 aprile 2001 e la Guida alla redazione dei testi normativi, pubblicata con circolare del Presidente del Consiglio 2 maggio 2001 nella G.U. n. 101 del 3 maggio 2001.

[8] Commissione europea, Servizio giuridico, Guida pratica comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione per la redazione dei testi legislativi dell'Unione europea, Ufficio delle pubblicazioni dell’Unione europea, 2015, https://data.europa.eu/doi/10.2880/255355

[9] L. Tafani, F. Ponte, Le tecniche legislative statali, regionali e dell’unione europea a confronto. Per un auspicabile ravvicinamento, in Osservatorio sulle fonti, n. 1/2022, disponibile online in: https://www.osservatoriosullefonti.it

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

L’Osservatorio sulle fonti è stato riconosciuto dall’ANVUR come rivista scientifica e collocato in Classe A.

Contatti

Per qualunque domanda o informazione, puoi utilizzare il nostro form di contatto, oppure scrivici a uno di questi indirizzi email:

Direzione scientifica: direzione@osservatoriosullefonti.it
Redazione: redazione@osservatoriosullefonti.it

Il nostro staff ti risponderà quanto prima.

© 2017 Osservatoriosullefonti.it. Registrazione presso il Tribunale di Firenze n. 5626 del 24 dicembre 2007 - ISSN 2038-5633