Tutela paesaggistica e deroghe regionali al posizionamento di strutture rimovibili strumentali alla stagione balneare. Una soluzione di compromesso (2/2021)

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Sentenza n. 101/2021 – La decisione concerne un ricorso in via principale proposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri nei confronti degli art. 1, comma 2, e 2, comma 1, della legge della Regione au-tonoma Sardegna 21 febbraio 2020, n. 3 (Modifiche alle leggi regionali n. 45 del 1989 e n. 8 del 2015 in materia di Piano di utilizzo dei litorali- PUL).
La questione riguarda l’indirizzo legislativo regionale tendente alla destagionalizzazione del turismo mediante deroghe all’obbligo di rimozione di strutture turistico ricreative a servizio della balneazione. Principalmente, sul piano delle fonti, lo Stato lamenta la lesione dell’art.146 del Codice dei beni cultu-rali (autorizzazione paesaggistica). Articolo che, costituendo (come ribadito dalla Corte) norma di grande riforma economico sociale costituisce limite anche alla competenza esclusiva delle regioni speciali in materia di edilizia e urbanistica che non includerebbe, come invece sostenuto dalla Regione Sardegna, la tutela paesaggistica.

La questione si inscrive, dunque, all’interno della problematica della grave crisi economica del settore, determinata principalmente dalla pandemia Sars-CoV-2, che aumenta la necessità di provvedere all’alleggerimento delle barriere e limitazioni amministrative sempre più percepite come limite alla crescita, rectius ripartenza, economica. Nel caso specifico, peraltro, data la particolare condizione di Re-gione a Statuto speciale, il contrasto tra fonti riguarda, principalmente, l’ambito di attribuzioni regionali garantiti dall’art. 3 dello Statuto speciale.
Concentrandosi su questo punto, la norma sospettata di incostituzionalità lederebbe, a giudizio della difesa statale, tanto la competenza statale riguardante la tutela del paesaggio (art.117, secondo comma, lett.s), quanto quella, più generale, riguardante l’assicurazione dei livelli essenziali delle prestazioni (art.117, secondo comma, lett.m); ed, inoltre, siffatto sistema impedirebbe, altresì, all’autorità giudizia-ria di reprimere quegli abusi paesaggistici di rilevanza penale determinati, appunto, dal mantenimento di strutture che per loro natura dovrebbero essere insediate sul territorio solamente per il periodo stret-tamente necessario all’esercizio dell’attività balneare, invadendo per questa via la specifica competenza statale in materia di ordinamento penale (art.117, secondo comma, lett.l).
Cosicché l’autorizzazione paesaggistica, in violazione della propria natura, finirebbe per essere equi-parata alla concessione demaniale marittima. Ne risulterebbe, altresì violato, il meccanismo introdotto dal d.P.R. 13 febbraio 2017, n. 31 (allegato A, punto A.28), che – appunto - descrive l’autorizzazione paesaggistica per le strutture stagionali come facoltà di montanare e rimontare manufatti rimovibili per l’intera durata dell’autorizzazione, e non come possibilità di impiantare strutture stabili.
Mettendo ordine nelle varie prospettazioni proposte dalle parti, la Corte costituzionale, certamente soppesando le opposte esigenze della tutela paesaggistica/ambientale e quelle anche connesse alla de-stagionalizzazione del turismo e al supporto all’economia, in cui la prima è, comunque, sorretta da una particolare protezione derivante dall’art.9 della Costituzione che si ricollega, a propria volta, all’assegnazione della materia alla competenza esclusiva dello Stato (art.117, secondo comma, lett.s) per come esercitata attraverso l’art.146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
La riflessione della Corte si incentra, dunque, sulla distinzione tra competenza regionale su edilizia, urbanistica e gestione delle concessioni con finalità turistico-ricreative (che comportino il posiziona-mento di strutture di facile rimozione su beni del demanio marittimo), e competenza statale volta ad as-sicurare la tutela del patrimonio paesaggistico-ambientale; osservando che la normativa di tale ultima specie non può considerarsi inoperante anche quando non specificamente richiamata dalla normativa regionale.
Sulla base di tali assunti la questione relativa all’impugnazione dell’art. 1, comma 2, della legge reg. Sardegna n. 3 del 2020 (lettere b, c e d), viene considerata infondata dalla Corte. Sia in presenza dei PUL che in presenza di concessioni demaniali marittime già esistenti e validi, le norme poste a garan-zia della tutela paesaggistica ed ambientale devono essere considerate come distinte e comunque appli-cabili. Da questo punto di vista, la norma impugnata, dunque, si mostra come compatibile con tale as-sunto poiché non ha, in alcun modo, previsto deroghe alla legge statale sull’autorizzazione paesaggi-stica; in astratto, dunque, non si può escludere che il posizionamento di strutture mobili dedicate al supporto alla balneazione possa risultare compatibile con la tutela del paesaggio, ossia quando siano rispettati i parametri da quest’ultima imposti.
Diverso il discorso per l’art.2, lett.a) della legge che, al contrario, poiché specificamente dispone che “il posizionamento delle strutture di facile rimozione a scopo turistico-ricreativo è ammesso per l’intero anno solare”, permettendo, dunque, a chiunque ex lege di mantenere tali manufatti in maniera indiscriminata. L’assoluta carenza di una positiva valutazione di compatibilità paesaggistica, comporte-rebbe, peraltro, anche la totale assenza di un controllo periodico delle autorità preposte a garantire il ri-spetto del vincolo con grave messa in pericolo del bene del litorale marino. Tale disposizione deve, co-sì, essere considerata incostituzionale in quanto incompatibile con l’art. 146 del Codice dei beni cultu-rali e del paesaggio nonché con lo stesso art.3 dello Statuto speciale.
Infine, nell’opera di risistemazione e bilanciamento dei valori in campo, la Corte ritiene non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art.2, lett.b) della legge impugnata, in quanto eliminando la norma che limita alla stagionalità il permesso di costruire per la realizzazione delle strutture rimovibili, non vengono lese in alcun modo le norme poste a tutela del paesaggio che rimangono perfettamente operanti, ma si incide esclusivamente sulla disciplina edilizia di competenza regionale.
In definitiva, dunque, con la decisione in epigrafe si perviene, all’affermazione della prevalenza della normativa posta a tutela del paesaggio nel suo significato per c.d. sostanziale, ossia come mezzo di tu-tela e non come ostacolo formale alle necessità strutturali delle attività economico-ricettive con essa non incompatibili.