Interna corporis degli organi costituzionali

La proposta di modificazione al regolamento della Camera dei deputati doc. II n. 19: un adeguamento dei quorum “politicamente neutro” (?) (2/2021)

Il 6 maggio 2021 è stata presentata alla Presidenza della Camera dei deputati una proposta di modificazione al Regolamento (doc. II, n. 19), volta all’adeguamento di (alcuni dei) quorum ivi espressi in termini assoluti. L’iniziativa si giustifica in ragione della riduzione del numero dei deputati, il cui numero è stato portato a 400 dalla l. cost. n. 1 del 2020, previsione che spiegherà i suoi effetti a partire dalla prossima Legislatura. Primo firmatario è il parlamentare di Forza Italia Simone Baldelli, e al suo nome, oltre al compagno di partito Roberto Occhiuto, si aggiungono esponenti di altre formazioni: Igor Iezzi (Lega) e Marco Di Maio (Italia viva).

 

Tutti sono membri della Giunta per il regolamento, sede nella quale il presidente Fico ha avuto modo di esprimere la propria intenzione di avviare un processo di riflessione e confronto sulla manutenzione del Regolamento alla luce della revisione costituzionale[1]. È stato a tale scopo istituito un comitato ristretto, presieduto dallo stesso on. Fico, composto dai rappresentanti di tutti i gruppi[2], in seno al quale sono stati designati come relatori i deputati Baldelli, Davide Crippa (Movimento 5 stelle), Emanuele Fiano (Partito democratico), Tommaso Foti (Fratelli d’Italia), Iezzi[3]. Il comitato si è riunito una prima volta il 22 ottobre 2020, poi (brevissimamente) il successivo 4 novembre, infine il 7 luglio 2021[4]; i relatori dovrebbero riferire per la prima volta in Giunta nella prossima convocazione della stessa, come auspicato dal presidente nella seduta del 10 marzo[5].

La proposta in questione ha un carattere programmaticamente minimale, in quanto mira alla sola rideterminazione (a prima vista generalizzata e acritica) di quorum assoluti: si tratta, a detta della relazione introduttiva, di «disposizioni che necessitano […] di un adeguamento proporzionato alla riduzione del numero dei deputati al fine di mantenere inalterato […] l’esercizio di determinate prerogative», il quale, altrimenti, «risulterebbe evidentemente aggravato»[6]. A questi fini, peraltro, risulta superfluo ogni intervento sui quorum espressi in termini frazionari, che, dunque, non sono considerati[7]

Il documento sembra risentire delle conclusioni del dibattito svoltosi nella seduta della Giunta per il Regolamento del 10 marzo 2021, dove è emerso, tra tutte le forze politiche, un consenso sulla necessità di assicurare innanzitutto le modifiche necessarie a far sì che, «in caso di eventuale conclusione anticipata della Legislatura, sia comunque consentito alla Camera di funzionare nella prossima»[8]. Questo prioritariamente, e a prescindere dagli esiti di una riflessione su un riassetto maggiormente incisivo, che inevitabilmente si presenterebbe gravoso e richiederebbe tempi più lunghi, carico come sarebbe di punti critici e divisivi e nella necessità di operare una concertazione con eventuali iniziative nell’altro ramo del Parlamento.

Si vuole, invece, consentire alla prossima Camera di avviare la XIX Legislatura mantenendo i livelli attuali di funzionalità. In caso di mancato accordo prima delle elezioni, a quest’ultima sarebbe rimesso il compito di riflettere sulla ridefinizione complessiva dell’organizzazione e delle procedure, anche alla luce della concreta esperienza acquisita nell’operare a ranghi ridotti. Si può dunque riscontrare un carattere affine a quello di una proposta avanzata al Senato, a firma di Roberto Calderoli (doc. II, n. 6, 21 gennaio 2021)[9].

In concreto, a fronte di una diminuzione del numero dei parlamentari del 36,51%, i quorum si vorrebbero così rideterminati:

  • Da 30 a 19 deputati (-36,67%) per presentare una proposta relativa alla discussione o deliberazione su tematiche non iscritte all’ordine del giorno (art. 27), una richiesta di deliberazione a scrutinio segreto (art. 51, co. 2) ovvero, nel corso dell’esame in Assemblea di un progetto di legge, subemendamenti o articoli aggiuntivi in corso di seduta (art. 86), o ancora interpellanze urgenti (art. 138-bis).
  • Da 20 a 13 (-35%) nelle fattispecie relative al numero minimo di deputati necessari per costituire un Gruppo (art. 14, co. 1); per presentare una proposta di revisione del Regolamento interamente sostitutiva del testo elaborato dalla Giunta, sulla base dei principi e criteri direttivi approvati dall’Assemblea (art. 16, co. 3-ter); per sottoporre all’Assemblea un ordine del giorno motivato per chiedere che, anche laddove siano in gioco esclusivamente accertamenti numerici, la Giunta per le elezioni proceda a ulteriori indagini rispetto a una proposta in materia di verifica dei poteri (art. 17-bis, co. 1); per presentare un ordine del giorno in senso difforme dalle conclusioni della Giunta per le autorizzazioni nei procedimenti ex art. 68 Cost. (art. 18-ter, co. 6); per chiedere, in Assemblea, la chiusura di una discussione (art. 44, co. 1), la verifica del numero legale (art. 46, co. 4), la votazione nominale (art. 51, co. 2), ulteriori iscrizioni a parlare nell’esame di un progetto di legge (art. 83, co. 2); per fare proprio un emendamento ritirato dal proponente (art. 86, co. 8); per presentare una questione pregiudiziale sul contenuto di un decreto-legge o del disegno di legge di conversione (art. 96-bis, co. 3), nonché emendamenti a una mozione anche nel giorno stesso della discussione o in corso di seduta (art. 114, co. 1-2).
  • Da 10 a 6 (-40%) per quanto riguarda il quorum necessario a costituire una componente in seno al Gruppo misto (art. 14, co. 5); inoltre, per presentare una questione pregiudiziale o sospensiva durante la discussione in Assemblea (art. 40, co. 1), una richiesta di riunione in seduta segreta (art. 63, co. 3), una proposta di dichiarazione di urgenza su un progetto di legge (art. 69, co. 1), un’istanza di opposizione all’assegnazione di un provvedimento in sede legislativa da parte del presidente (art. 92, co. 3), una richiesta di discussione di un progetto di legge per ciascuna parte o titolo, se questo non è previsto dal calendario dei lavori (art. 83, co. 4), una mozione (art. 110, co. 1), una richiesta volta a discutere comunque una mozione ritirata (art. 111, co. 2).
  • Da 4 a 3 (-25%) per chiedere, in Commissione, la chiusura di una discussione (art. 44, co. 1), la verifica del numero legale (art. 46, co. 4), la votazione nominale (art. 51, co. 2), la produzione di dati, informazioni e relazioni tecniche al Governo nel procedimento di esame in sede referente (art. 79, co. 6).
  • Da 3 a 2 (-33,33%) per presentare, in Commissione in sede legislativa, una questione pregiudiziale o sospensiva a discussione aperta (art. 40, co. 1).

Nella relazione introduttiva, si sottolinea come il progetto, caratterizzato da ritocchi aritmetici quanto più possibile congruenti con quello operato all’art. 56 Cost., abbia un «carattere politicamente neutro e sostanzialmente “dovuto”», tale perciò da consentire che, su di esso, «possano agevolmente convergere tutte le forze politiche, garantendo così un iter veloce e agile della proposta, nell’obiettivo (certamente condiviso da tutti) di porre doverosamente “in sicurezza” la prossima Legislatura»[10].

Così, si rinuncia anche a intervenire sul numero delle Commissioni e dei loro componenti, nonché sull’organizzazione delle stesse: materie che pure erano state suggerite dal presidente Fico all’attenzione del comitato ristretto[11], e ascritte tra quelle di maggiore urgenza nella seduta della Giunta per il Regolamento del 10 marzo[12]. Il rinvio a una fase più matura del dibattito dell’esame di questi punti è giustificato dal fatto che «dalla riforma costituzionale […] non sembrano conseguire alla Camera effetti automatici o necessari sul numero delle Commissioni permanenti (anche considerando che al Senato vi è lo stesso numero di Commissioni, pur con una composizione numerica […] inferiore a quella della prossima Camera)», nonché dalla necessità di «verificare se e come» l’altro ramo del Parlamento «intenderà intervenire su tale aspetto», anche alla luce della preferenza per una «tendenziale specularità»[13].

Parimenti rimesse dal presidente all’esame del comitato, nella proposta in commento non sono oggetto di revisione le disposizioni sull’Ufficio di presidenza e sugli organi provvisori che si costituiscono all’inizio della Legislatura; né quelle sulle Giunte (in specie, si afferma che, quanto a quella per il Regolamento, «il numero di componenti alquanto limitato non pone problemi di ricalibratura, pena un eccessivo assottigliamento»[14]) o sul Comitato per la legislazione (anche se, nella relazione, si auspica un intervento di positivizzazione delle regole da molto tempo seguite ad experimentum in materia di durata dei turni di presidenza).

Del carattere scontato, quasi obbligato delle scelte compiute è però lecito dubitare in relazione ad alcuni punti toccati (o meno) dall’intervento. Si pensi, ad esempio, alla scelta di ridurre il numero minimo di componenti necessari alla costituzione di un Gruppo parlamentare: ora, il quorum (derogabile) di 20 deputati non è legato intrinsecamente al numero di 630 seggi, ma è vecchio quanto l’istituto dei Gruppi stessi, risalendo alle riforme regolamentari del 1920. All’epoca gli eletti erano 508, e sarebbero poi passati a 535 (1921), 556 (1946), 574 (1948), 590 (1953), 596 (1958); alla luce di tale persistenza, se si vuole attribuire una razionalità alla cifra di 20, essa va ricercata nel valore assoluto, e non in ragione del rapporto con la consistenza del plenum[15].

Inoltre, la proposta non rinuncia a formulare alcuni distinguo. Se, in un’occorrenza, il quorum di 3 deputati viene ridotto a 2, come si è visto, questo non accade in relazione al numero minimo di deputati necessario alla costituzione delle componenti del Gruppo misto relative alle minoranze linguistiche o autorizzate ai sensi dell’art. 14, co. 5, «non ritenendosi possibile ammettere organismi associativi composti da meno di tre associati»[16]. Questa affermazione può essere condivisibile (vi si ode quasi l’eco del brocardo romanistico tres faciunt collegium), ma non si deve dimenticare che il panorama del diritto delle assemblee elettive italiano offre esempi contrari.

Si possono richiamare tanto il fenomeno dei “monogruppi” in seno ai Consigli regionali[17], quanto quello delle componenti del Gruppo misto del Senato[18]: in entrambi i casi l’emergere dell’articolazione politica prescinde da qualsiasi requisito numerico. Lasciare inalterata la norma vigente alla Camera non rappresenta, pertanto, una scelta obbligata o priva di particolari implicazioni, anzi sembra porsi come un freno alla proliferazione delle formazioni di ridottissima entità (mentre si dimostra maggior favore per le altre).

Vi sono poi due casi in cui dei quorum assoluti non vengono adeguati, a causa della desuetudine delle disposizioni che li esprimono: particolarmente, si tratta del numero di 20 deputati che possono formulare proposte in dissenso dalle conclusioni della Giunta per le autorizzazioni (art. 18, co. 2-bis), nell’ambito della procedura relativa al vecchio regime delle immunità, antecedente alla revisione dell’art. 68 Cost.; e dei 10 che hanno la facoltà di proporre l’assegnazione di un progetto di legge in sede referente a una Commissione diversa da quella designata dal presidente (art. 72, co. 1), laddove, ormai, la prassi configura il potere in questione come di esclusiva spettanza del magistrato d’Assemblea.

Ora, è apprezzabile che non si intervenga su disposizioni ormai disapplicate, a sottolineare che non si intende rivitalizzarle[19], e, del resto, una manutenzione complessiva del Regolamento volta a consolidare le acquisizioni della prassi nemine contradicente appare senz’altro come un intervento di portata superiore alle ambizioni della proposta in questione. Ma non così dovrebbe dirsi dell’eliminazione delle norme rese obsolete e inapplicabili in ragione di modifiche della Costituzione: l’occasione potrebbe anzi essere propizia per espungerle dal testo del Regolamento. Se fosse stata fatta propria dai firmatari del documento in oggetto, una simile iniziativa, priva di conseguenze se non meramente formali, avrebbe potuto, questa sì, godere di un carattere “neutro”.

Una proposta come quella in commento, che, pur essendo innovativa, manifesta una vocazione alla continuità e alla ricerca di un consenso vasto, anzi unanime, offre certo spazio a poche critiche e obiezioni, se non quelle che rimproverino un’eccessiva timidezza. È, infatti, quasi ovvio rilevare come limitarsi alle modifiche suggerite nel testo in esame, nello sforzo di evitare contrasti tra le forze politiche, non consenta di superare alcuni dei nodi della riduzione del numero dei parlamentari, specie quelli che si porranno in relazione alla revisione del sistema delle Commissioni al Senato della Repubblica (che, in quel ramo del Parlamento, sembra ineludibile), con il rischio di doversi confrontare a posteriori con eventuali, disfunzionali asimmetrie.

Questo va detto a prescindere da un altro ordine di considerazioni, che attiene all’opportunità di cogliere l’occasione di una necessaria manutenzione per un intervento ad ampio spettro sui Regolamenti, al fine di valorizzare il significato della revisione costituzionale del 2020, restituendo autorevolezza e centralità alla posizione costituzionale delle Camere nella dinamica del circuito democratico-rappresentativo e nella definizione dell’indirizzo politico[20].

Si può aggiungere che una simile operazione, consequenziale a una riforma tanto consensuale come quella di riduzione del numero dei parlamentari, potrebbe maturare proficuamente nel contesto attuale, in cui la grandissima parte del Parlamento partecipa alla maggioranza di Governo: l’esigenza costante di una mediazione tra le principali forze politiche potrebbe favorire sviluppi fecondi in un ambito nel quale è difficile che iniziative unilaterali possano trovare esito positivo. Non sembra scontato, del resto, che analoghe condizioni si ritrovino anche nella Legislatura a venire, così che potrebbe rivelarsi controproducente rimettere ad essa tale compito. Le nuove necessità, che si manifesteranno solo nel concreto svolgersi delle attività parlamentari nelle Camere in composizione ridotta, potranno comunque essere da questa affrontate con ulteriori modifiche ai Regolamenti o in via di prassi.

C’è poi un significato politico che l’interprete non può mancare di cogliere. Questo risiede, essenzialmente, nella volontà di escludere quella che è stata definita l’«opzione zero»[21] di una «riforma “per inerzia”»[22], data dal mancato adeguamento delle norme, ciò che potrebbe andare a tutto vantaggio delle forze maggiori[23]. In questo senso, la proposta degli onn. Baldelli e altri sembra invece mirare alla conservazione dei rapporti di forza attuali tra formazioni grandi e piccole: non sembra dunque superfluo osservare che, dei deputati che l’hanno avanzata, uno appartenga a un Gruppo parlamentare non molto numeroso, due siano esponenti di un partito che pare destinato a un deciso ridimensionamento della prossima Legislatura, e un quarto provenga dalle fila del maggiore alleato di quest’ultimo.

 

[1] Cfr. Camera dei deputati. Giunta per il regolamento, XVIII Leg., seduta del 15 ottobre 2020, 7 ss. (resoconto disponibile all’indirizzo: urly.it/3dyy_).

[2] Segnatamente, gli onn. Baldelli, Di Maio, Fiano (Pd), Federico Fornaro (Leu), Foti (FdI), Iezzi, Anna Macina (M5s), Manfred Schullian (Misto), come si legge in Camera dei deputati. Giunta per il regolamento, seduta del 4 novembre 2020, 8 (resoconto disponibile all’indirizzo: urly.it/3dyyz). La deputata Macina, chiamata al Governo come sottosegretaria il 1 marzo 2021, è stata sostituita in Giunta e nel comitato da Davide Crippa (cfr. Camera dei deputati. Giunta per il regolamento, XVIII Leg., seduta del 10 marzo 2021, 3, resoconto disponibile all’indirizzo: urly.it/3dyys).

[3] Gli onn. Crippa e Foti sono stati integrati tra i relatori in un secondo momento (cfr., per l’annuncio, Camera dei deputati. Giunta per il regolamento, XVIII Leg., seduta del 10 marzo 2021, 3).

[4] Cfr. Camera dei deputati. Giunta per il regolamento, XVIII Leg., sedute del 22 ottobre 2020 (resoconto disponibile all’indirizzo: urly.it/3dyz4), 4 novembre 2020, 7 luglio 2021 (resoconto disponibile all’indirizzo: urly.it/3dyz6).

[5] Cfr. Camera dei deputati. Giunta per il regolamento, XVIII Leg., seduta del 10 marzo 2021, 3

[6] Camera dei deputati, XVIII Leg., doc. II, n. 19, 1 (consultabile all’indirizzo: urly.it/3dyxj).

[7] Una «rassegna ragionata delle quote percentuali e dei numeri assoluti» previsti dai vigenti testi regolamentari si legge in L. Gianniti, N. Lupo, Le conseguenze della riduzione dei parlamentari sui Regolamenti di Senato e Camera, in Quaderni costituzionali, 3, 2020, 559 ss.

[8] Così l’on. Fiano (Camera dei deputati. Giunta per il regolamento, XVIII Leg., seduta del 10 marzo 2021, 4).

[9] Consultabile all’indirizzo: urly.it/3dyxm. Per un primo commento, cfr. G. Piccirilli, La prima proposta di (minimale) adeguamento del regolamento del Senato alla riduzione del numero dei suoi componenti, in questa Rivista, rubrica Interna corporis degli organi costituzionali, 1, 2021. Ha invece carattere più organico e innovativo una proposta avanzata dal sen. Luigi Zanda (Senato della Repubblica, XVIII Leg., doc. II, n. 7, 17 marzo 2021, consultabile all’indirizzo: urly.it/3dyxn). In generale, cfr. anche F. Fabrizzi, G, Piccirilli, Osservatorio parlamentare sulle riforme istituzionali conseguenti alla riduzione del numero dei parlamentari, in Federalismi.it, disponibile all’indirizzo: www.federalismi.it, documento aggiornato, da ultimo, al 7 luglio 2021.

[10] Camera dei deputati, XVIII Leg., doc. II, n. 19, 3.

[11] Cfr. Camera dei deputati. Giunta per il regolamento, XVIII Leg., seduta del 15 ottobre 2020, 7 ss.

[12] Cfr. gli interventi degli onn. Baldelli e Fiano, ma, contra, quello dell’on. Fornaro (Camera dei deputati. Giunta per il regolamento, XVIII Leg., seduta del 10 marzo 2021, 4).

[13] Camera dei deputati, XVIII Leg., doc. II, n. 19, 2.

[14] Ibidem.

[15] Su tale continuità, cfr. N. Lupo, La persistente ispirazione proporzionalistica dei regolamenti parlamentari dal 1920 ad oggi, in Ventunesimo secolo, 18, 2009, 77 ss.

[16] Camera dei deputati, XVIII Leg., doc. II, n. 19, 2.

[17] Cfr. G. Mazzola, I gruppi consiliari regionali: realtà e prospettive, in Amministrazione in cammino, 11, 2010, 8 ss.

[18] Su cui, da ultimo, è intervenuto un parere della Giunta per il Regolamento, che ha ammesso «la costituzione di componenti politiche all’interno del Gruppo misto purché rappresentino partiti o movimenti politici che abbiano presentato con il proprio contrassegno, da soli o collegati, candidati alle ultime elezioni nazionali» (Senato della Repubblica. Giunta per il regolamento, XVIII Leg., parere approvato nella 14a seduta dell’11 maggio 2021, consultabile all’indirizzo: urly.it/3dyyk).

[19] In senso opposto si muove invece la già citata proposta del sen. Calderoli (Senato della Repubblica, XVIII Leg., doc. II, n. 6), ad esempio intervenendo sul desueto art. 100, co. 5 del Regolamento (sul punto cfr. le considerazioni di G. Piccirilli, La prima proposta, cit.).

[20] Sempre nella seduta della Giunta del 10 marzo 2021 si segnala un intervento dell’on. Crippa, nel senso della necessità di estendere la riflessione a interventi di portata più ampia, almeno analoga a quella condotta dal Senato sullo scorcio della XVII Legislatura, con particolare riferimento al tema della mobilità dei parlamentari tra i Gruppi e alla consolidazione delle prassi nella lettera del Regolamento. Tali considerazioni sono però state respinte dagli esponenti delle altre forze politiche, in ragione dell’aggravio che l’approvazione delle modifiche ritenute essenziali alla luce della riduzione dei parlamentari conoscerebbe se inserita in un quadro di maggior respiro, inevitabilmente oggetto di controversie e dall’esito più incerto (Camera dei deputati. Giunta per il regolamento, XVIII Leg., seduta del 10 marzo 2021, 4 ss.).

[21] G. Tarli Barbieri, La riduzione del numero dei parlamentari: una riforma parziale (fin troppo), in E. Rossi (a cura di), Meno parlamentari, più democrazia?, Pisa University Press, Pisa, 2020, 224.

[22] C. Tucciarelli, Il significato dei numeri: riduzione del numero di deputati e senatori e Regolamenti parlamentari, in questa Rivista, 1, 2020, 183.

[23] Riflette sul punto L. Ciaurro, Riduzione del numero dei parlamentari e procedure parlamentari, in Forum di Quaderni costituzionali, disponibile all’indirizzo: www.forumcostituzionale.it, 3, 2020, 359 ss.

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