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Il 1 marzo 2023 la XIV Commissione della Camera, Politiche dell’Unione europea, ha approvato un parere contrario sotto il profilo della sussidiarietà e della proporzionalità sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sull'omologazione di veicoli a motore e motori, nonché di sistemi, componenti ed entità tecniche indipendenti destinati a tali veicoli, per quanto riguarda le relative emissioni e la durabilità delle batterie (Euro 7) (COM(2022)586 final). Il parere (doc. XVIII-bis, n. 2), che interviene a quasi un anno dall’adozione della proposta da parte della Commissione europea – e, pertanto, ben aldilà del termine di otto settimane fissato dall’art. 6 del protocollo n. 2 al Trattato di Lisbona –, si segnala per l’intreccio dei rilievi opposti sulla violazione dei due principi e sul merito. In particolare, nel testo del parere sembra operarsi una qualche confusione tra il principio di sussidiarietà e quello di proporzionalità. Si riconosce che la proposta interviene su una materia già regolata dall’UE, ma si critica l’aggiunta di ulteriori parametri per l’innovazione tecnologica e produttiva del settore automobilistico. Per la XIV Commissione, non si ravvisa un reale valore aggiunto nelle modifiche legislative, poiché lo sforzo di adeguamento richiesto alle imprese automobilistiche, anche in termini di costi, sarebbe solo minimamente compensato da una riduzione delle emissioni di CO2, valutazione che sembrerebbe ricordare più da vicino l’operazione di balancing propria del test di proporzionalità piuttosto che un problema di esercizio delle competenze dell’Unione, tipico dei rilievi sulla sussidiarietà. Seguono poi altre osservazioni sul merito della proposta, in particolare sulla tempistica di attuazione del regolamento e sulle prospettive di una riforma di maggior respiro del settore, anch’essa in via di esame. 

Nel corso della seduta del 14 marzo 2023, la 4a Commissione permanente del Senato – all’esito di una vivace discussione fra le forze di maggioranza e di opposizione – ha concluso l’esame del progetto di regolamento n. COM(2022) 695, concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento delle decisioni e l’accettazione degli atti pubblici in materia di filiazione nonché la creazione di un certificato europeo di filiazione.

La 4a Commissione ha espresso un parere motivato ai sensi dell’art. 6 del Protocollo n. 2 allegato ai Trattati europei, ritenendo incompatibili con i principi di sussidiarietà e di proporzionalità la previsione di un obbligo di riconoscimento (e di conseguente trascrizione) di una decisione giudiziaria o di altro atto pubblico emessi da un diverso Stato membro attestanti l’esistenza di un rapporto di filiazione. Precisamente, il parere del Senato contesta l’estensione di tale obbligo anche alla specifica ipotesi della maternità surrogata, consentendo agli Stati membri di invocare il limite dell’ordine pubblico soltanto caso per caso e non anche in via generale. Il parere richiama una pronuncia della Corte di Cassazione (SS.UU. n. 38162 del 30 dicembre 2022), la quale – in virtù della clausola dell’ordine pubblico – ha negato la trascrivibilità automatica del provvedimento straniero di attestazione della genitorialità derivante dalla maternità surrogata. Ad avviso della 4a Commissione, in relazione all’ambito della maternità surrogata, una tutela alternativa ed equivalente del minore può essere assicurata anche mediante strumenti diversi da quelli individuati dal progetto di regolamento, ad esempio attraverso l’istituto dell’adozione in casi particolari già previsto nell’ordinamento italiano dall’art. 44 della legge n. 1984 del 1983.

Come si legge nel parere, la risoluzione della 4a Commissione è da intendersi anche quale atto di indirizzo al Governo, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 234 del 2012.

A seguito dell’approvazione dello schema di risoluzione proposto dal Presidente della 4a Commissione non si è proceduto alla votazione delle tre altre proposte di risoluzione presentate dai gruppi di opposizione, tutte contenenti valutazioni positive circa il rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. 

Nel corso della seduta del 15 marzo 2023, la 4a Commissione permanente del Senato ha concluso l’esame delle proposte di direttiva COM(2022) 688 e COM(2022) 689 in materia di parità di trattamento e pari opportunità in ambito lavorativo. In particolare, le proposte di direttiva mirano a rafforzare l’indipendenza ed i poteri dei c.d. Organismi per la parità, attraverso la previsione di una serie di requisiti minimi e vincolanti per tutti gli Stati membri.

In precedenza, le proposte di direttiva erano state oggetto di rilievi critici da parte del Parlamento lituano.

Ad avviso della 4a Commissione permanente del Senato, il progetto di atto legislativo – pur rispettando il principio di sussidiarietà – appare in contrasto con quello di proporzionalità. La proposta finisce infatti per incidere sul sistema costituzionale di tutela giurisdizionale degli Stati membri, configurando un procedimento alternativo a quello ordinario (art. 9, par. 5), ancorché non escludente il ricorso alla giurisdizione ordinaria (art. 6, par. 3 e art. 7) e ancorché non necessariamente vincolante (art. 8, paragrafo 4). In particolare, risulterebbe non proporzionata la previsione che gli Stati membri debbano assicurare agli Organismi nazionali poteri di indagine autonomi, per l’accertamento dei fatti, con «diritti effettivi di accesso alle informazioni» (art. 8, par. 1 e 2). Ciò rappresenterebbe una distonia rispetto ai principi dell’ordinamento italiano, nell’ambito del quale le indagini sono disposte dall’autorità giudiziaria e svolte dalla polizia giudiziaria, nel quadro di un procedimento disciplinato dalla legge e da un complessivo equilibrio tra organi giudicanti, requirenti e parti in causa.

La mancanza di proporzionalità risulta inoltre amplificata sia dal potere degli Organismi di poter agire di propria iniziativa (art. 8, par. 1), sia da quello di ricorrere alla giustizia ordinaria, amministrativa o civile, per far valere le proprie decisioni adottate a seguito dell’accertamento dei fatti raggiunto mediante le predette indagini (art. 9, par. 2, lett. a). 

 Il 15 marzo 2023 la XIV Commissione della Camera ha approvato un documento (doc. XVII-bis, n. 3) sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulle tariffe e sugli oneri spettanti all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) che modifica il regolamento (UE) 2017/745 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga il regolamento (CE) n. 297/95 del Consiglio e il regolamento (UE) n. 658/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio (COM(2022)721). La proposta mira a modificare il sistema di determinazione delle tariffe dell’EMA e delle remunerazione delle Agenzie nazionali, da forfettario ad un meccanismo basato sui costi effettivamente sostenuti dall’Agenzia; così facendo, intende rendere più sostenibile il funzionamento della rete delle Autorità del farmaco e, da un punto di vista degli strumenti giuridici, è volto a semplificare il quadro giuridico attraverso il ricorso ad un unico strumento normativo che integra e sostituisce i precedenti. Per la Commissione Politiche dell’Unione europea, tuttavia, sebbene le finalità della modifica siano apprezzabili, il testo della Commissione appare carente sotto il profilo della proporzionalità per due ordini principali di ragioni. In primo luogo, l’incremento delle tariffe dell’EMA, specie rispetto ad alcune categorie di farmaci, determinerebbe una crescita degli oneri per le aziende farmaceutiche anche del triplo del valore al momento corrisposto, in assenza, però, di variazioni significative delle attività dell’Autorità europea rispetto alle procedure di farmacovigilanza o in termini di controllo delle domande iniziali di autorizzazione alla immissione in commercio. In secondo luogo e in collegamento al primo rilievo, a fronte dell’innalzamento delle tariffe di EMA si riscontra una contrazione del valore delle tariffe da corrispondere da parte dell’Autorità agli esperti, con il rischio di perdere competenze preziose per il settore e di rendere insostenibili i costi delle Agenzie nazionali che sarebbero chiamate a supplire a tale riduzione. 

Rispettivamente, il 18 e il 19 aprile 2023, la XIV Commissione permanente della Camera e la 4a Commissione permanente del Senato hanno completato l’esame della proposta di regolamento COM(2022) 677, la quale mira ad aggiornare il quadro normativo europeo in materia di imballaggi e rifiuti di imballaggio. Nell’ambito della procedura di Early Warning System, le due Commissioni hanno espresso pareri negativi (doc. XVIII-bis, n. 4 alla Camera e un doc. XVIII-bis, n. 6 al Senato) circa il rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità.

Sia la Camera che il Senato hanno contestato la scelta dello strumento normativo: ai fini del raggiungimento dell’obiettivo dell’armonizzazione delle normative nazionali in materia di imballaggi risultava sufficiente un intervento mediante direttiva. Inoltre, da entrambe le Camere è stato ritenuto eccessivo il ricorso agli atti delegati su elementi ritenuti non essenziali della proposta legislativa, in violazione dunque dei requisiti previsti dall’art. 290 TFUE. Criticità sono state poi segnalate anche sul terreno della valutazione d’impatto svolta dalla Commissione europea, la quale non è stata ritenuta supportata da adeguati dati di carattere scientifico e carente sul fronte delle motivazioni.

Il parere del Senato ha espresso perplessità circa l’inserimento fra le basi giuridiche del Regolamento delle disposizioni dei Trattati in materia di politica ambientale, dovendosi ricorrere solamente alla base giuridica in materia di mercato interno. La Camera, invece, obietta sulla scelta della Commissione di ritenere il livello di governo statale non idoneo a risolvere le complesse questioni esistenti nel mercato degli imballaggi, a fronte degli ottimi risultati raggiunti da diversi Paesi, tra cui l’Italia nel rispetto degli obiettivi sul tasso di smaltimento e riciclo degli imballaggi, in linea, già oggi, con i target fissati per il 2030. In aggiunta a ciò, la XIV Commissione della Camera lamenta anche il mancato margine di flessibilità lasciato agli Stati dalla proposta, laddove fissa non solo obiettivi molto ambiziosi, ma anche le tecnologie per conseguirli, prevenendo la possibilità, per i Paesi già virtuosi, di adottare modelli alternativi di smaltimento degli imballaggi. Inoltre, secondo il parere della Camera, la proposta della Commissione europea ignora che le filiere di gestione dei rifiuti sono influenzate in modo molto significativo dalle diverse caratteristiche socio economiche nazionali, imponendo invece un modello uniforme.

Anche la gradualità prevista dalla proposta non è stata ritenuta sufficiente a garantire il rispetto del principio di proporzionalità, tenuto conto dei termini molto stringenti e vincolanti imposti per l’entrata in vigore della nuova disciplina, in assenza di un periodo transitorio, e del livello di ambizione degli obiettivi fissati dalla proposta di regolamento, sia in termini economici sia in termini ambientali. Da questo punto di vista, nel parere della XIV Commissione della Camera si ravvisa una violazione del principio di proporzionalità anche imputabile agli eccessivi oneri imposti ai sistemi produttivi nazionali a fronte dei benefici attesi. 

 

Il 9 maggio 2023 la XIV Commissione della Camera ha adottato un documento (doc. XVIII-bis, n. 6) in cui esprime rilievi critici sia sulla proporzionalità, sia sulla sussidiarietà a proposito della Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante misure volte a ridurre i costi dell'installazione di reti di comunicazione elettronica Gigabit e che abroga la direttiva 2014/61/UE (normativa sull'infrastruttura Gigabit) (COM(2023) 94 final). In particolare, la proposta violerebbe il principio di proporzionalità in quanto dalla analisi di impatto della Commissione europea non risulta dimostrato che le misure introdotte, alla luce degli elevati oneri amministrativi nazionali che determinano, siano effettivamente commisurate all’obiettivo di ottimizzare i costi e di promuovere reti ad altissima capacità. Allo stesso modo, nella valutazione prodotta dalla Commissione europea, mancano evidenze univoche circa l’impatto e i costi delle misure proposte rispetto ad altre, meno invasive delle competenze nazionali, come la mera armonizzazione delle funzionalità delle piattaforme digitali e della modulistica relative ai procedimenti autorizzatori; ugualmente, anziché procedere con regolamento si sarebbe potuto preferire l’attualmente strumento giuridico, una direttiva, per lasciare maggiori spazi di flessibilità agli Stati. Rispetto ai rilievi sulla sussidiarietà, invece, intervenuti con leggero ritardo sui termini per l’early warning mechanism, la XIV Commissione obietta che non sono dimostrati né la necessità né il valore aggiunto della proposta di regolamento. Da un lato, la proposta incide in modo eccessivo sull’organizzazione e il funzionamento delle amministrazioni pubbliche, in particolare sul governo del territorio e sui servizi pubblici. In particolare, le nuove misure avrebbero un forte impatto sugli enti locali, specie laddove si introducono meccanismi si semplificazione e di liberalizzazione, come nell’ambito delle opere edilizie “con ripercussioni profonde su interessi pubblici quali la sicurezza, la salute pubblica e la tutela dell’ambiente”. Per la Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera si potrebbero invocare sia la clausola di salvaguardia di cui all’art. 36 TFUE, attivabile per motivi “di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale”; sia la clausola sulle identità nazionali (Art. 4.2 TUE) per il suo presunto impatto sul sistema delle autonomie regionali e locali, essendo dubbio per la XIV Commissione della Camera che la proposta rispetti “le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell’integrità territoriale, di mantenimento dell’ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale”. 

Nell’ambito della procedura di early warning e seppur in ritardo rispetto al termine delle otto settimane (art. 6, protocollo n. 2 annesso al Trattato di Lisbona), la XIV Commissione della Camera (doc. XVIII-bis, n. 5) e la 4a Commissione del Senato (doc. XVIII-bis, n. 7), rispettivamente, il 9 e il 19 maggio 2023, hanno eccepito la violazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità da parte della Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2019/1242 per rafforzare i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi e integrare gli obblighi di comunicazione, e abroga il regolamento (UE) 2018/956 (COM(2023) 88 final). I rilievi delle due Commissioni sono in larga parte convergenti, se non sovrapponibili, e i rilievi sulla sussidiarietà si intrecciano con quelli sulla proporzionalità della proposta. Entrambe eccepiscono che gli obiettivi fissati dalla Commissione europea in termini di abbattimento delle emissioni sono estremamente ambiziosi e irraggiungibili nell’orizzonte temporale ipotizzato (in particolare entro il 2030). Si richiede ai produttori di veicoli pesanti nell’Unione, che già adottano tecnologie all’avanguardia anche in termini di sostenibilità ambientale delle emissioni prodotte, un investimento economico ingente, non commisurato ai benefici sull’ambiente, considerando che i veicoli pesanti nelle altre regioni del mondo contribuirebbero all’emissione di CO2 secondo i ritmi e le quantità odierne. Inoltre, il parere della Camera evidenzia anche il rischio di un “gap infrastrutturale” giacché “il numero dei nuovi veicoli richiesti dalla normativa proposta e il numero dei punti di ricarica di carburanti alternativi non sarebbero sufficienti, nei tempi indicati dalla proposta, a garantire il trasporto di merci e passeggeri su strada, soprattutto sulle lunghe distanze”. Entrambi i pareri, poi, criticano la scelta della Commissione di considerare quale criterio principale per il calcolo quello delle emissioni allo scarico sottostimando largamente il danno ambientale prodotto dai veicoli elettrici sia nel caso il cui la produzione di energia elettrica per l’alimentazione non  abbia un’origine rinnovabile, sia, in generale, per l’impatto ambientale degli accumulatori. Infine, sia il parere espresso alla Camera che quello del Senato considerando la motivazione della Commissione carente e a tratti “tautologica”. 

L’avvio della XIX legislatura si segnala per un deciso cambio di passo sui raccordi tra Parlamento italiano (in particolar modo per la Camera) e UE, soprattutto sul fronte dei pareri adottati dalle Commissioni parlamentari. Se per tutto il 2022 solo un parere motivato è stato approvato, peraltro, a dicembre con le nuove commissioni appena costituite, in meno di sei mesi, nel 2023, sono stati approvati quattro pareri motivati, di cui due sugli stessi atti tra la Camera e il Senato, sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio e sulla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2019/1242 per rafforzare i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 dei veicoli pesanti nuovi. Sulla prima proposta, le osservazioni della Camera sono sostanzialmente simili a quelle del Senato, ad esempio sulla debolezza della VIR e sulla fonte prescelta, un regolamento anziché una direttiva, e ci sono anche osservazioni simili sulla violazione del principio di proporzionalità. Sulla seconda proposta, per entrambe le Camere, il cuore delle obiezioni sulla sussidiarietà riguarda la violazione dell'obbligo di motivazione, ritenendo la motivazione fornita dalla Commissione priva di fondamento e fuorviante, oltre che disarticolata dalla realtà rispetto alla effettiva possibilità di conseguire i target di riduzione della CO2 ipotizzati.

Dopo tanti anni, anche il Senato ha previsto nel suo regolamento un organo paritetico per la valutazione della buona qualità della normazione (27 luglio 2023). Secondo l’art. 20 bis il Comitato è composto da otto senatori (contro i dieci della Camera) e presieduto a turno da uno dei suoi componenti per la durata di un anno ciascuno.
L’attuale composizione prevede, per la maggioranza, due componenti di Fratelli d’Italia, uno della Lega e uno di Forza Italia, e, per le opposizioni, due del Partito democratico, uno dei Cinque stelle e uno di Azione-Italia Viva: presidente il senatore Matera, di Fratelli d’Italia. Le 16 sedute prese in esame vanno dal 24 gennaio al 27 giugno.

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Fascicolo n. 3/2023

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Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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