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Prime applicazioni giurisprudenziali della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1/2010)

Una delle conseguenze più rilevanti dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona è sicuramente il riconoscimento della natura vincolante e del rango di fonte primaria del diritto UE della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: l’art. 6(1) del nuovo TUE prevede, infatti, che

1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati.

In realtà, questa non è l’unica novità in materia di tutela dei diritti fondamentali: la dimensione tradizionale – negativa – della protezione e quella più innovativa – positiva – della promozione acquistano un’inedita visibilità e spessore nei nuovi Trattati. Si moltiplicano, infatti, i riferimenti a valori etici o comunque non market-oriented. L’Unione europea, inoltre, secondo quanto previsto dall’art. 6(2) TUE e dal Protocollo 14 al Trattato di Lisbona aderirà alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo: dopo l’adesione, l’Unione europea si troverà verosimilmente in una posizione analoga a quella dei suoi Stati membri rispetto agli obblighi della CEDU.

La Corte di giustizia ha già fatto riferimento alla Carta in due sentenze successive all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, rese, rispettivamente, nei casi Jasna Detiček contro Maurizio Sgueglia (23 dicembre 2009, C‑403/09 PPU) e Seda Kücükdeveci c. Swedex GmbH & Co KG (19 gennaio 2010, C-555/07). Nel primo caso un giudice sloveno chiedeva alla Corte di giustizia se  l’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 (relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale) debba essere interpretato nel senso che esso consente ad un giudice di uno Stato membro di adottare un provvedimento provvisorio in materia di responsabilità genitoriale inteso a concedere l’affidamento di un minore, che si trova nel territorio dello Stato suddetto, ad uno dei suoi genitori, nel caso in cui un giudice di un altro Stato membro, competente in forza del detto regolamento a conoscere del merito della controversia relativa all’affidamento, abbia già emesso una decisione che affida provvisoriamente e in via esclusiva il minore all’altro genitore, e tale decisione sia stata dichiarata esecutiva nel territorio del primo Stato membro. In pendenza del giudizio di separazione tra il Sig. Sgueglia, cittadino italiano, e la Sig.ra Detiček, cittadina slovena, il giudice di Tivoli aveva affidato la figlia minorenne della coppia al primo, con collocamento presso un istituto. Tuttavia, il giorno stesso della decisione, la Sig.ra Detiček aveva fatto ritorno in Slovenia, portando con sé la figlia, dove chiedeva ed otteneva, mediante una misura cautelare e provvisoria, l’affidamento della figlia. Il giudice sloveno fondava la propria decisione sul combinato disposto dell’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 e dell’art. 13 della convenzione dell’Aja del 1980, adducendo a motivazione il mutamento delle circostanze e l’interesse della minore: la bambina, ad avviso di questo, si era ormai integrata nel suo nuovo ambiente sociale in Slovenia e, pertanto, un ritorno forzato in Italia le avrebbe provocato gravi traumi. Una prima opposizione presentata dal Sig. Sgueglia a tale decisione veniva respinta; interposto appello, il giudice sloveno competente (la Corte d’appello di Maribor) sospendeva il processo per sollevare rinvio pregiudiziale (il primo da parte di un giudice sloveno). La Corte di giustizia ha interpretato l’art. 20, n. 1, del regolamento n. 2201/2003, dichiarando che la concessione dei provvedimenti provvisori o cautelari dallo stesso previsti richiede che siano soddisfatte tre condizioni cumulative: ossia, i provvedimenti in questione devono essere urgenti, devono essere adottati nei confronti di persone o beni presenti nello Stato membro in cui siedono i detti giudici nazionali, e devono avere carattere provvisorio. Tali requisiti non sussistevano nel caso di specie e, pertanto, la questione doveva essere risolta nel senso della incompetenza del secondo giudice adito. A sostegno della propria interpretazione, la Corte, dopo aver ricordato che

34. [r]isulta (..) da una giurisprudenza consolidata che gli Stati membri sono tenuti non solo a interpretare il loro diritto nazionale in modo conforme al diritto comunitario, ma anche a fare in modo di non basarsi su un’interpretazione di norme di diritto derivato che entri in conflitto con i diritti fondamentali tutelati dall’ordinamento giuridico comunitario o con gli altri principi generali del diritto comunitario,

ha fatto riferimento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, richiama dal Preambolo del Regolamento,

53.(..) a termini del quale quest’ultimo riconosce i diritti fondamentali e osserva i principi sanciti dalla Carta, procurando, in particolare, che sia garantito il pieno rispetto dei diritti fondamentali del bambino, quali riconosciuti dall’art. 24 della Carta medesima. 54  Occorre rilevare che uno di tali diritti fondamentali del bambino è quello, sancito dall’art. 24, n. 3, della Carta, di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, il rispetto del quale si identifica innegabilmente con un interesse superiore di qualsiasi bambino.

La Corte ha dunque ritenuto che l’art. 20 del Regolamento non poteva essere interpretato in modo da portare violazione a tale diritto fondamentale; una tale violazione si verifica, il più delle volte, laddove il trasferimento illecito di un minore, a seguito della decisione unilaterale di uno dei genitori, priva il bambino della possibilità di intrattenere delle relazioni regolari con l’altro genitore. Pertanto,

57 (..)l’art. 20 del regolamento n. 2201/2003 non può essere interpretato in modo tale da costituire, per il genitore che ha trasferito illecitamente il minore, uno strumento per prolungare la situazione di fatto creata dal suo comportamento illecito o per legittimare gli effetti di quest’ultimo.

Tuttavia, la Corte, continuando nel riferimento alla Carta, ha osservato che

58 Vero è che, ai sensi dell’art. 24, n. 3, della Carta, è possibile derogare al diritto fondamentale del bambino di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori qualora tale interesse superiore si riveli contrario a un altro interesse del minore.

In sostanza, una misura che impedisca al minore di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i suoi due genitori potrebbe essere giustificata  in presenza di un altro interesse del minore di importanza prevalente. La Corte ha però concluso che

60. Tuttavia, una valutazione equilibrata e ragionevole di tutti gli interessi in gioco, da effettuarsi sulla base di considerazioni oggettive riguardanti la persona stessa del minore e il suo ambiente sociale, deve essere compiuta, in linea di principio, nell’ambito di un procedimento dinanzi al giudice competente a conoscere del merito in forza delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003.

È interessante osservare che la Carta è l’unica fonte di protezione dei diritti fondamentali richiamata. Si tratta, quindi, di una situazione radicalmente diversa dalle ipotesi di richiamo alla stessa antecedenti all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona: il riferimento alla Carta si accompagnava sempre a quello ad altre fonti vincolanti in materia di protezione dei diritti fondamentali - prima tra tutte la CEDU -, atteggiandosi, pertanto, come riferimento ad abundantiam. Ciò spinge a pensare che la Corte abbia in tal modo voluto riconoscere l’efficacia retroattiva del riconoscimento della natura vincolante della Carta: i fatti della causa, infatti, si sono svolti in data anteriore all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Anche la seconda delle pronunce ricordate Seda Kücükdeveci c. Swedex GmbH & Co KG * contiene un importante riferimento alla Carta. La Corte, su invito del giudice tedesco, precisa che il parametro in base al quale valutare se una misura nazionale che ricade nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione costituisce una discriminazione in base all’età è il principio generale di non discriminazione in base all’età e non, invece, la Direttiva 2000/78, che, istituendo un quadro per la lotta contro certe forme di discriminazione (tra cui quella basata sull’età) specifica il principio generale, ma non lo precisa. L’art. 21(1) della Carta, che inserisce l’età tra i motivi espressi di non discriminazione, viene richiamato a conferma della esistenza di tale principio nell’ordinamento dell’Unione europea:

22. Va del pari rilevato che l’art. 6, n. 1, TUE enuncia che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ha lo stesso valore giuridico dei trattati. Ai sensi dell’art. 21, n. 1, di tale Carta «[è] vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, (..) [sul]l’età»

Ci si può tuttavia chiedere perché, se l’intenzione era quella di attribuire efficacia retroattiva al riconoscimento della natura vincolante della Carta, la Corte non ha applicato direttamente l’art. 21(1) di quest’ultima, preferendo invece ricorrere alla mediazione dei principi generali. Sembra potersi ipotizzare che la Corte abbia inteso riconoscere effetti retroattivi alla Carta vincolante e il modo in cui ha proceduto (utilizzo della Carta per ricostruire un principio generale, anziché applicazione diretta) è quello che dovremo forse attenderci anche nel futuro: una spiegazione di tale modus operandi potrebbe individuarsi nella volontà di “sfuggire”, attraverso l’utilizzo solo indiretto della Carta, ai limiti che le cd. disposizioni orizzontali della stessa pongono alla interpretazione delle sue disposizioni.


 

* Si veda, per una esposizione dettagliata dei fatti all’origine del rinvio pregiudiziale e della decisione della Corte, la massima della sentenza in questa stessa rubrica.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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