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Interpretazione autentica e limiti alla retroattività (3/2011)

Sent. n. 257/2011 – Giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale

Deposito del 30 settembre 2011 – Pubblicazione in G.U. del 05/10/2011

Motivi della segnalazione

Nella sent. n. 257/2011 la Corte dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 5, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2010), sollevate, in riferimento agli articoli 38, secondo comma, e 53 della Costituzione, dal Tribunale di Rossano, in funzione di giudice del lavoro; e dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 5, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, sollevate, in riferimento agli articoli 3, 111, primo e secondo comma, 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 6 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale di Rossano, in funzione di giudice del lavoro.

L’elemento per cui si segnala tale sentenza è la presenza di richiami argomentativi in materia di qualificazione della legge di interpretazione autentica come fonte del diritto.

La Corte, riprendendo la sua precedente giurisprudenza, ricorda che, ai fini del giudizio di legittimità, non è decisivo verificare se la norma oggetto di censura per la sua natura retroattiva abbia carattere effettivamente interpretativo (e sia perciò retroattiva), ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva. Infatti, il divieto di retroattività della legge, pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica, non è stato elevato a dignità costituzionale, salva, per la materia penale, la previsione dell’art. 25 Cost. Per questa ragione afferma la Corte che il legislatore, nel rispetto di tale previsione, può emanare sia disposizioni di interpretazione autentica, che determinano la portata precettiva della norma interpretata, fissandola in un contenuto plausibilmente già espresso dalla stessa, sia norme innovative con efficacia retroattiva, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti.

La Corte si sofferma quindi sulle modalità dell’esplicarsi, in tali casi, del controllo di ragionevolezza. Sotto questo profilo rileverebbero infatti la funzione di “interpretazione autentica” che una disposizione sia in ipotesi chiamata a svolgere, ovvero l’idoneità di una disposizione innovativa a disciplinare con efficacia retroattiva anche situazioni pregresse in deroga al principio per cui la legge dispone soltanto per l’avvenire. In particolare, la norma che deriva dalla legge di interpretazione autentica non può dirsi irragionevole qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario.

La Corte, con tale pronuncia, ricorda inoltre che, per quanto riguarda i rapporti di durata, il legislatore, in materia di successione di leggi, dispone di ampia discrezionalità e può anche modificare in senso sfavorevole la disciplina di quei rapporti, ancorché l’oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti, tranne che nel caso di norme retroattive rispetto alle quali opera il limite imposto in materia penale dall’art. 25, secondo comma, Cost., e comunque a condizione che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti.

Riferimenti principali: sentenze nn. 74/2008, 162/2008, 236/2009.

 

Osservatorio sulle fonti

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