Giurisprudenza costituzionale

Annullata una delibera della Camera dei deputati per aver qualificato come “indirette” intercettazioni da reputarsi invece “occasionali”, interferendo così nell’esercizio dei poteri del CSM in materia di giudizio disciplinare (3/2023)

Sent. n. 157/2023 – giudizio per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato

Deposito del 20/07/2023 – Pubblicazione in G. U. 26/07/2023, n. 30

Motivo della segnalazione

La sentenza qui segnalata ha ad oggetto un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato promosso dalla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura nei confronti della Camera dei deputati in riferimento ad una deliberazione con cui la Camera aveva negato l’autorizzazione – richiesta dalla ricorrente ai sensi dell’art. 6, comma 2, della legge n. 140 del 2003 – all’utilizzazione in un procedimento disciplinare di captazioni informatiche, effettuate nell’ambito di un procedimento penale, di conversazioni di un deputato (Cosimo Maria Ferri), nella sua qualità di magistrato fuori ruolo. La Camera, riqualificando indebitamente come “indirette” (in quanto preordinate a captare anche conversazioni dell’on. Ferri) intercettazioni reputate invece dalla Sezione disciplinare “casuali” (o, come la Corte preferisce definirle, “occasionali”), avrebbe esercitato in maniera illegittima le proprie attribuzioni, così interferendo sull’esercizio delle funzioni costituzionalmente riconosciute al CSM.

Dopo aver confermato la dichiarazione di ammissibilità dell’intervento in giudizio del deputato oggetto del giudizio disciplinare, in ragione degli effetti che sul medesimo può avere l’esito del giudizio sul conflitto, la Corte rigetta innanzitutto alcune eccezioni di inammissibilità della parte resistente e dell’interveniente. Ricostruisce poi brevemente la ratio dell’art. 68, comma 3, Cost. e della sua disciplina attuativa dettata dagli artt. 4 e 6 della legge n. 140 del 2003, relativi il primo all’autorizzazione preventiva all’effettuazione di intercettazioni su utenze di un parlamentare (intercettazioni che possiamo definire “dirette”) oppure comunque volte a conoscere il contenuto delle sue conservazioni anche se svolte su altre utenze (intercettazioni “indirette”) e il secondo all’autorizzazione successiva all’utilizzo di intercettazioni “occasionali” di conversazioni di un parlamentare.
Ciò premesso, la Corte accoglie il ricorso della Sezione disciplinare, alla quale era stato precluso dalla deliberazione della Camera l’utilizzo di quattro intercettazioni, in cui risultano captate conversazioni dell’incolpato nel giudizio disciplinare foriere di elementi utili ai fini dell’accertamento della commissione da parte del medesimo di illeciti disciplinari.
Alla luce di una ricostruzione delle circostanze fattuali poste alla base della decisione della Camera, operata attraverso un’attività di verifica correttamente condotta in modo complessivo e non atomistico, non emergono, secondo il giudice delle leggi elementi da cui possa evincersi la sussistenza di una strategia dei magistrati penali orientata alla captazione delle conversazioni del deputato senza rispettare la procedura di cui all’art. 4 della legge n. 140/2003 (cioè senza la richiesta di un’autorizzazione preventiva). Ciò sarebbe dimostrato innanzitutto dal fatto che il deputato non sia mai stato attinto da indizi di reità, nonché dalla mancanza di un coinvolgimento di un qualche tipo (sia preventivo che successivo) del parlamentare nel processo penale. E per altro verso – aggiunge la Corte – i contatti tra il deputato incolpato nel procedimento disciplinare e l’indagato sul piano penale appaiono, oltre che quantitativamente non particolarmente rilevanti, agevolmente spiegabili in ragione del ruolo svolto dai suddetti, senza connessioni con ipotesi di reato, nell’ambito di associazioni interne alla magistratura. Neanche altri elementi addotti dalla Camera dei deputati e dal deputato interveniente nel giudizio per conflitto sono reputati idonei a dimostrare univocamente che le attività di indagine, comprese le intercettazioni, svolte nel procedimento penale riguardante l’indagato L. P. fossero indirizzate anche ad acquisire al perimetro probatorio anche i contenuti delle captazioni di conversazioni dell’on. Ferri e che potesse perciò parlarsi di intercettazioni “indirette”, anziché “occasionali”. Si tratta di conclusioni analoghe peraltro – rileva il giudice delle leggi – analoghe a quelle cui è pervenuta la Corte di cassazione in decisioni del 2020 e del 2021 rese all’esito di ricorsi di L. P. nei confronti del Ministero della Giustizia (relative alla fase cautelare e di merito del procedimento disciplinare), nelle quali si ritiene fondata la valutazione di occasionalità delle contestate intercettazioni.
La Corte conclude che dunque la Sezione disciplinare ha correttamente richiesto alla Camera un’autorizzazione all’utilizzo di intercettazioni che avevano occasionalmente investito conversazioni di un parlamentare, con la conseguenza di doversi reputare sussistente la menomazione delle attribuzioni lamentata dalla stessa Sezione, derivante dall’interferenza sull’esercizio del potere disciplinare ad essa attribuito dall’art. 105 Cost. del non corretto esercizio del potere della Camera dei deputati previsto dall’art. 6, comma 2, della citata legge, in attuazione dell’art. 68, terzo comma, Cost.
Nell’annullare quindi la deliberazione della Camera, i giudici della Consulta notano altresì che la Camera sarà chiamata ad effettuare, nel rispetto del canone di leale collaborazione istituzionale, una nuova valutazione della sussistenza dei presupposti per l’utilizzazione delle intercettazioni correttamente qualificate come “occasionali”.

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