Archivio editoriali

In questa sezione sono contenuti gli editoriali apparsi nei numeri precedenti dell'Osservatorio on-line.

 

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1. Si è tenuto a Firenze il 19 gennaio 2018, un incontro di studio su "I trattati nel sistema della fonti a 10 anni dalle sentenze n. 348 e 349 del 2007 della Corte costituzionale". Il Convegno, organizzato dall'Osservatorio in collaborazione con il Gruppo di Interesse della Società italiana di diritto internazionale e dell'Unione europea "Diritto internazionale e diritto interno", ha proposto una riflessione congiunta di studiosi costituzionalisti e internazionalisti sui problemi più delicati e attuali riguardanti il rapporto fra fonti pattizie e diritto internazionale a 10 anni dalle celebri "sentenze gemelle" della Corte costituzionale. Un internazionalista e un costituzionalista si sono confrontati su ognuno dei (quattro) temi individuati come rilevanti: "Le norme pattizie come parametro di costituzionalità delle leggi"; "L'interpretazione convenzionalmente conforme come tecnica di risoluzione delle antinomie tra diritto interno e diritto pattizio"; "L'approccio generalista del modello di rapporti fra fonti: i trattati sono tutti uguali?"; e "Il monopolio interpretativo della Corte europea dei diritti umani". Il dialogo ha potuto beneficiare delle riflessioni - a distanza di dieci anni appunto - di Gaetano Silvestri e Giuseppe Tesauro, redattori delle sentenze 348 e 349 della Corte costituzionale.

 

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1. La maggior parte dei saggi pubblicati nel presente numero della rivista consiste in una serie di contributi attinenti al Seminario su “Crisi della rappresentanza e nuove dinamiche della regolazione. Le prospettive della democrazia pluralista in Europa”, svoltosi a Catania il 3 ed il 4 aprile del 2017 su iniziativa del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Ateneo catanese.
Un indiscutibile merito di questo Seminario e dei relativi contributi, in effetti, è stato indiscutibilmente quello di sviluppare “a trecentosessanta gradi”, a partire dalla particolare esperienza del nostro ordinamento, il tema del rapporto intercorrente fra l’attuale effettivo atteggiarsi del sistema delle fonti e la recente evoluzione, sempre sul piano dell’effettività, dell’assetto della forma di Stato e della forma di governo statale.

 

Baroncelli

Le difficoltà incontrate per attuare la Brexit hanno avuto l’effetto – per molti inaspettato - di mostrare il radicamento degli ordinamenti nazionali nel sistema normativo dell’Unione europea. Soprattutto nel caso di una “hard-Brexit”, come chiesto da buona parte dell’elettorato britannico. Esiste già un imponente corpus di atti UE che fanno parte dell’ordinamento inglese e che prevalgono sulle leggi approvate dal parlamento, in base al principio di supremazia. La necessità di ritrarsi dall’ordinamento UE ha spinto il Governo inglese a proporre un disegno di legge (c.d. Great Repeal Bill) che riproduce tutte le norme europee. Questo sarà poi sottoposto al parlamento inglese, che le emenderà, le abrogherà, o ne modificherà il contenuto.
Dato il cangiante quadro politico, anche l’interesse per le modalità di applicazione del diritto UE nei paesi membri si è rinnovato. Il tema è stato oggetto di un convegno presso la Libera Università di Bolzano il 27-28 aprile 2017, con gli interventi di costituzionalisti di alcuni paesi europei, che hanno messo in luce i nodi critici che uniscono, o dividono, gli ordinamenti costituzionali interni. I sistemi giuridici analizzati sono quelli di Italia, Francia, Belgio, Austria e Germania. I risultati raggiunti hanno messo in luce le complessità nascenti dall’esistenza di sistemi di tipo federale, ove l’attuazione è di competenza esclusiva o concorrente; dello Stato e delle entità federate. Tale intreccio di competenze interessa da vicino anche l’Italia, se è vero che la fonte principale delle procedure di infrazione non ha più origine legislativa, ma amministrativa; essa dipende sempre più dalla normativa regionale.

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Respinta dal referendum la riforma costituzionale, la Corte costituzionale affronta alcuni snodi importanti del sistema delle fonti del diritto

1. Premessa

Come i contributi apparsi negli ultimi numeri dell’Osservatorio sulle fonti, oltre che in altre sedi, ben dimostravano, la revisione costituzionale, ove entrata in vigore, avrebbe determinato una serie di effetti assai significativi, quando non dirompenti, sui modi di formazione degli atti normativi primari e sullo stesso sistema delle fonti del diritto. Effetti secondo alcuni negativi o pessimi, secondo altri suscettibili invece di migliorare un quadro che presenta non pochi elementi di criticità (testimoniati, da ultimo, da un decreto-legge “milleproroghe” che, anche per compensare una legge di bilancio approvata, per la prima volta da decenni, in due sole letture parlamentari, ha finito per caricarsi dei contenuti più disparati, ulteriormente e assai significativamente accresciutisi nel corso dell’iter parlamentare della stessa legge di conversione: legge 27 febbraio 2017, n. 19 - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l'esercizio di deleghe legislative").
Non è certamente questa la sede per tornare sul dibattito in proposito, né per domandarsi se e come alcune delle istanze riformatrici possano transitare, sulla base di un consenso auspicabilmente più ampio – invero assai difficile da raccogliere in un momento in cui il sistema politico appare in profondo subbuglio –, su altri canali: regolamenti parlamentari; legislazione ordinaria; e fors’anche alcuni interventi mirati di revisione di singole previsioni costituzionali.
Semmai, va segnalato come la Corte costituzionale, nelle settimane successive alla reiezione della riforma costituzionale, in alcune importanti pronunce, depositate tutte nei primi due mesi del 2017, abbia fornito una serie di indicazioni assai utili per ricostruire i princìpi su cui si regge il sistema delle fonti quo utimur. Il riferimento è all’ordinanza n. 24 del 2017, sui nodi posti dal c.d. “caso Taricco”; alla sentenza n. 26 del 2017, sul referendum abrogativo dell’art. 18 dello statuto dei lavoratori; e infine, verrebbe da dire ovviamente, alla sentenza n. 35 del 2017, sulla legge elettorale n. 52 del 2015, il c.d. “Italicum”.

filippo donati1. La riforma costituzionale “Renzi – Boschi”, bloccata dal referendum del 4 dicembre, ha profondamente diviso non solo le forze politiche e l’opinione pubblica, ma anche il mondo accademico.
Si trattava di un ampio progetto di riforma approvato dal Parlamento dell’Italia repubblicana. Esclusi pochi settori (la magistratura, l’organizzazione del governo, la pubblica amministrazione, gli organi ausiliari), la sua conferma avrebbe inciso profondamente su tutto il modello istituzionale delineato dalla Parte II della Costituzione.
Il progetto è stato oggetto di valutazioni contrapposte. Da una parte molti hanno considerato la riforma, valutata nel suo complesso, un opportuno passo avanti verso un modello istituzionale più chiaro ed efficiente. Dall’altra parte si è invece ritenuto che essa, per come era scritta, avrebbe finito per introdurre nel sistema elementi di maggiore complicazione e di incoerenza, tali da impedirne il buon funzionamento. A rendere più acceso lo scontro ha senz’altro contribuito la sua forte politicizzazione, innescata proprio dal presidente del Consiglio, che ha collegato la permanenza del governo all’esito del referendum. Ne è risultato un dibattito infuocato, che ha spaccato in due il Paese.

Osservatorio sulle fonti

Rivista telematica registrata presso il Tribunale di Firenze (decreto n. 5626 del 24 dicembre 2007). ISSN 2038-5633.

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